gamibu

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sabato 31 dicembre 2011

caos caldo

non mi piacciono i buoni propositi, non amo le feste comandate, i miei amici sono distanti, la famiglia l'ho già sorbita a natale, non so fare bilanci perchè non so dare voti alle cose.

ogni anno prende e da quanto vuole e quanto vuoi.
ho una vita piena di progetti e cose da fare e tutto corre a 220 in corsia di sorpasso. la to do è sempre piena zeppa, sono stanca ma anche felice.
che mi succede? sono senza parole, perchè ho gli occhi e le mani piene e finchè non riporrò tutto in ordine sarà solo magma primordiale e caos. posso solo dire che è caos caldo e arancione, non sembra poter far male. caldo e arancione. e un po' verde.
poi verranno i piani, le parole, le cose da fare. ora mi riparo dal vento, mi metto qui, a riposare, quel tanto che basta per essere pronta di nuovo per la nuova vita che mi attende.
il tempo per speranze e malinconie, saluti e scoperte, verrà dopo.
ora gli occhi mi pungono di lacrime non versate, le labbra morse per le parole non dette, gli abbracci non dati.
mi mancherà tutto e tutto avrò. perchè la vita è così: senza definizioni, senza aggettivi. solo, piena.
che la terra mi sia lieve, come spero di esserle io.
questo è l'augurio che mi faccio.
e che faccio anche a voi.
poi torneranno anche le parole. ma per ora solo emozioni da decomprimere. come quando fissi il sole troppo a lungo e poi chidi gli occhi e non esiste più il buio, ma neppure puoi dire di vedere.

martedì 20 dicembre 2011

di relazioni familiari e altri casini

che saremo tutti un po' freudiani ma i rapporti coi genitori a volte sono una fatica immensa.
che coi miei lo sono un po' di più. che è tutto un taciuto, sguardi tesi, voci preoccupate ma mai il coraggio dei propri pensieri. che ci lavoro da un sacco per uscire da questi schemi relazionali ma che a volte mi sento sola in questa lotta perchè dall'altra parte sembra che neppure si accorgano di questo mio sforzo.. e va beh ovvio, se no che sforzo sarebbe? solo che il mio ego narcisistico e onnipotente si rifiuta di accettare che io non li possa cambiare e che io debba accettarli -appunto- per quelli che sono.. e allora mi infurio, litigo mentalmente con loro, fumo troppe sigarette e quando li sento faccio finta di niente.

ecco ora sono tormentata da un dubbio. parto e vado in un posto un po' pericoloso. lo so io, lo sanno loro. da 3 giorni li sento e non dicono nulla. i primi due giorni pensavo fosse per mancanza di tempo, ma quando ieri sera non hanno detto nulla devo dire che mi è scappato un sospiro di sollievo e una parolaccia mentale.. il sospiro per codardia -almeno non devo discuterci visto che ci andrò lo stesso e comunque anch'io sono preoccupata e ho ben poco per rasserenarli- la parolaccia perchè..beh perchè vado in un posto pericoloso ma loro, pur di fare quelli che non si immischiano nella mia vita, fanno finta di niente. come se far finta di niente non fosse un immischiarsi più velato..
poi mi chiama mia sorella e mi dice che dovrei dire qualcosa a nostra madre perchè anche se tace, si vede che è preoccupata.
ora io mi dico: devo stanarla? devo darle rassicurazioni -vaghe e poco credibili- non richieste mettendomi nella posizione della "excusatio non petita" e costringendola a esporsi oppure devo lasciarle la libertà di fingere che sia tutto ok?
ancora una volta il dilemma è: cosa è più maturo? dov'è il limite di intervento possibile sugli altri? quando alzare le spalle e quando combattere?

ho molti dubbi su come comportarmi. quello che più mi dispiace è che sempre più mi rendo conto della mia incapacità di essere sincera con loro. non me la sento di dire che sono preoccupata, perchè questo vorrebbe dire armarli. e siccome non so deluderli e contraddirli apertamente gioco al "gioco del silenzio" e mi nascondo e faccio finta di niente.

e chissà poi perchè mentre lo scrivo, mi sembra proprio la descrizione del loro atteggiamento...quello che mi irrita tanto e vorrei combattere.. certi atteggiamenti si mutuano, non c'è niente da fare, certi incastri sono difficile da spezzare, certe ambiguità permangono.. relazioni familiari incastrate, quando ci si libera degli spettri che ci hanno nutriti per anni?

lunedì 19 dicembre 2011

paura (?)

sto diventando prudente o solo spaventata? parlo di questa nuova meta agli amici e mi trovo a dubitare di me e della possibilità di viverci serena. mi dico che esagero
poi accendo la tv, e la notizia gira in fondo ai tg: nuovi morti, nuovi scontri.
allora mi dico: sono pazza anche solo a pensarci? oppure la tv enfatizza tutto? ci vendono una versione pessimistica per farci cullare nel nostro brodo di cultura occidentale e crisi economica senza lamentarci troppo -per la serie: guardate come stanno messi gli altri- oppure depotenziano la notizia tanto chi se ne frega mai da noi di chi non è nostro vicino di casa?
e poi la mia amica che ha viaggiato mi dice con un sorriso: se tu non dovessi andare in tutti i posti che la farnesina segnala non verdi, non andresti da nessuna parte. sarà vero?
cerco scuse perchè non voglio andare? cerco risposte perchè voglio andare?
e poi non poterne parlare per non armare il braccio che vuole fermarmi rende tutto un po' più difficile..ma magari è solo una mattina così perchè stanotte sognavo serpenti.

domenica 18 dicembre 2011

io non saprei

troppe mattine che mi sveglio e sento un buco nello stomaco, e non è fame. troppi giorni a pensare, ipotizzare, pesare, ma senza reali informazioni che -chissà perchè- non cerco. troppi se e ma, troppe cose cui rinunciare, troppi dubbi sull'avvenire. ma tra una settimana parto e vado a vedere l'altra parte del mare, a ipotizzare una vita lontana eppure con radici vicine, che il mare lo stesso e se il colore e la religione, non proprio, però si assomigliano.
e io credo fermamente che se non hai pregiudizi è difficile venire smentito. che molto del male viene da preconcetti e reciproche chiusure.
e certe peplessità altrui sono anche mie, e non posso ammetterlo, per spuntare le armi a chi non vorrebbe vedermi partire, non per veri timori ma per egoismo di non dover soffrire la mia lontananza..che in alcuni mi fa sorridere e mi scalda il cuore, con altri mi fa arrabbiare il cieco egoismo di non vedere mai il mio bene diverso dal suo, il bisogno di pensarci allineate al 100% e che non sia possibile che io voglia qualcosa che lei non vorrebbe.
e che poi stavolta parto senza aiuti, che la psico dice che è il momento di finire e a me vengono i brividi al pensiero di affrontare il mondo là fuori senza di lei, che nel bene e nel male ormai lei è la mia ancora da tempo - troppo?- e senza mi sento persa, senza guida..ho paura di ricadere negli schemi, di non ricordare nulla di quello che ho imparato..ma lei sorride delle mie paure e mi rassicura.
eppure sarò io, da sola. col mondo davanti, intorno e dentro.

lunedì 12 dicembre 2011

la mia vita

di abbracci che tolgono il fiato, di montagne di biscotti ai gusti più diversi che si ammonticchiano sul tavolo, di farina e cocco in polvere, di cioccolato fuso e marmellata di limoni, di paure e sollievi, di troppa gente in giro, di caffè e aperitivi in cui mi sento totalmente in sintonia con la persona che ho davanti, di parole non dette o urlate o sussurrate, di libri da leggere, di sole e pioggia, di biglietti aerei, di incastri da funamboli, di gatti e gabbie, di parenti e non, di una neve che non arriva e un tiepido persistente, di stupore -in occhi altrui e nei miei-, di bisogno di comunicare con qualcuno equilibrato, di avanti-indietro troppo spesso, di sonno accumulato, di caffè e sigarette, di regali fatti e da fare, di pacchetti e serial americani, di sogni e passioni, di natale che si avvicina, di famiglie ridotte e allargate, di persone egoiste e generose, di slanci appassionati e timidezze, di mostre e film che non vedrò, di libri che spero di leggere, di comprensione e incomprensione.

di tutto questo è piena la mia vita.

mercoledì 7 dicembre 2011

essere un libro

stavolta l'est mi è entrato nel cuore, e ho pensato "ma quando hai troppe case, non sarà che non ne hai neppure una?" che certi abbracci sono così intensi che non puoi scioglierti e che quando ti sciogli a fatica, brandelli di epidermide sono ormai fusi.
e adesso sono qui e cerco di programmare l'indefinito, disegnare confini al fumo e dare forma ai pensieri.
e non fa freddo e non sembra dicembre e ho un peso sul cuore che non sembra vita. e sto cercando di inventarmi una vita che non conosco e sto pensando a un sud che mi affascina, e cerco di immaginare progetti che abbiano senso per me, e non ci riesco. che ho sogni troppo grandi perchè entrino in una vita sola, e mi sconforto facilmente.
che a volte mi sento abbastanza speciale da farcela e altre no.
che vorrei fosse più semplice. che vorrei che mia madre fosse più arrabbiata che triste per sentirmi il diritto di vivere. che mi sembra che 5 anni di analisi siano una sciocchezza, che non mi abbiano insegnato abbastanza e pensare che finisca mi atterrisce. che preferisco mettere la testa tra i libri per far riposare i pensieri e allontanare le paure che almeno lì lo so come funziona. è il mio personale rosario di atti conosciuti, il mio mantra, l'ancora nella tempesta: prendo un libro, una matita ben temperata e mi concentro sulle regine gote. e tutt'a un tratto il mondo è sparito: traslochi, viaggi, regali di natale, appuntamenti, amici, relazioni complicate, cose da fare..tutto si dissolve e io trovo pace. e vorrei fosse sempre così..semplicemente..
a volte vorrei solo questo..che la mia vita fosse un libro e io un carattere ordinato nella giusta font. nulla di più..

venerdì 2 dicembre 2011

frammenti

ho le lacrime agli occhi, ascolto someone like you, leggo post e sento tutto questo dolore, tutte queste vite sospese, tutte queste lotte, questi tentativi di salvarsi, di migliorare, di superare dolori e ostacoli. e mi si riempiono gli occhi di lacrime, lacrime che non fanno male, rendono solo lo schermo un po' meno chiaro e i tasti sembrano tutti uguali.

vorrei solo lasciarmi scivolare, ofelia, in un fiume di ricordi e sogni che sia dolce, e caldo e mi culli.. mi chiedo a che serve lottare contro i miei istinti? perchè dominarsi, darsi regole, a che serve tutta questa fatica? vorrei per una volta sola, lasciarmi scivolare, lasciarmi vivere..
ho solo bisogno di dormire, di assorbire i cambiamenti, di entusiasmarmi senza timori, di lasciarmi trascinare da questa vita.

quante cose mi mancheranno. quante no.
quanto è difficile crescere e capire che quello di cui ho bisogno è diverso da quello che ho cercato, per cui ho combattuto, che pensavo indispensabile.

a roma esiste un posto splendido. il priorato dai cavalieri di malta: la prima volta che mi hanno detto "guarda", ero perplessa.. cosa avrei visto dalla serratura? un giardino? una statua?..io amo i paesaggi aperti, gli spazi infiniti, cosa poteva esserci racchiuso così, stretto e costretto che valesse la pena di gardare? invece spiando dalla serratura del portone, magicamente appare la cupola di san pietro..un gioco di prospettive che lascia senza fiato, alberi scuri e in fondo nello scorcio di cielo san pietro, splendida nel sole romano..quel piccolo scrigno mostra un tesoro magnifico.

si chiudono porte, non posso vedere paesaggi maestosi e ampi per ora, ma, se spio dalla serratura, vedo minareti a perdita d'occhio.. speriamo non sia un fata morgana..

martedì 29 novembre 2011

r u ready for?

sono pronta. pronta per la settimana che mi aspetta, piena di impegni, prove, scoperte, momenti tosti e altri che mi auguro leggeri. pronta per mia madre e un intenso weekend di famiglia, pronta per volare a est e poi ritornare giusto in tempo per un welcome back a due persone specialissime della mia vita che ora vivono lontane - ma lontano è un concetto davvero troppo relativo ormai -, pronta per i regali di natale, i pranzi in famiglia e con amici, pronta per riprendere i libri per i prossimi esami.

sono pronta? tecnicamente e organizzativamente si. emotivamente non saprei, mi sa che lo scoprirò strada facendo. quando riceverò la telefonata che tanto aspetto e saprò qual'è la prossima meta. quando attererrò a est con un'info in più e molte certezze in meno. quando cercherò di relazionarmi a mia madre in un ambiente estraneo, quando finalmente riabbraccerò le persone specialissime di cui sopra.

per gli abbracci, sono più che pronta, per il resto chissà.. come si può essere pronti per qualcosa che non si conosce?
sono a metà. metà di me stessa. metà dei miei pensieri. metà delle mie certezze e delle mie paure.
ma non ci starò ancora per molto e allora eccomi.
sono pronta. perchè certe cose, nel bene e nel male, non cambieranno e me le porterò dietro ovunque andrò. con un pc, skipe, un blog, molte parole, pensieri e sensazioni.
sono pronta anche perchè non c'è alternativa all'esserlo.
e va bene così.

sabato 26 novembre 2011

tempesta da sud est

ci sono giorni difficili, giorni in cui devi affrontare quello che non vorresti, giorni per stare vicino a una famiglia acquisita, giorni intensi, dove dormi pochissimo e vivi troppo. arrivano dopo mesi di silenzio, di calma, quando lo sentivo che la tempesta era in agguato, ma ne attendevo un altro tipo.
una settimana dura e brutta e sporca e triste, di quelle dove combatti per restare a galla.
poi ieri sera suona un telefono, e mio marito prenota un volo per a.
ecco, la telefonata è il primo soffio della tempesta che aspettavo.
devo solo attendere qualche giorno per sapere quando e dove.
e mi sento come madonna quando in evita canta "another suitcase in another all".. ricomincia la girandola, ricominciamo a vivere a mille allora.
di nuovo posti da vedere, case da chiudere, case da trovare, lingue da imparare, panettieri da scoprire.
sono un po' triste, sono un po' stupita, sono un po' speranzosa.
le destinazioni possibili sono 7- a meno che non ci sia qualche sorpresa last minute. 3 di queste le conosco bene, una l'ho vista e 3 mi sono totalmente sconosciute.
non ho alcuna idea di cosa aspettarmi, cosa sperare, cosa volere. io qui stavo bene, o almeno mi sembra ora..
io forse sono precipitosa, forse non succederà nulla, ma ora sento nelle ossa che quella palla di neve che rotolava dolcemente sul pendio, sta diventando valanga, e se non sarò pronta mi travolgerà..
era quello che volevo? a mia madre ho detto: non è che possiamo sempre scegliere quando succedono le cose: possiamo dire si o no, quando avvengono.

ma è davvero così?

lunedì 21 novembre 2011

delle famiglie e di altre stranezze

io e mio marito: due universi paralleli che neppure a sforzarsi si potrebbe immaginarli insieme.
veniamo da due famiglie opposte.
la mia. la definizione più gentile mai datale -da mio marito- è morbosa.
da noi non esiste privacy, non ci sono chiavi alle porte, si parla di tutto, o meglio, si deve parlare di tutto. si chiama la mamma almeno una volta al giorno, la si vede una alla settimana (tutte le generazioni, di generazione in generazione stesso discorso). e lei ovviamente si lamenta che non ci sei mai.
loro, la mia famiglia intendo, vivono tutti nel paese dove sono nati, al max quello accanto..
una famiglia in cui devi ricordare i compleanni di nonni, zii, cugini (di 1°,2° e a volte 3° grado) e prozii; dove qualsiasi festività -natale-pasqua-compleanni-battesimi-lauree-matrimoni-funerali-parti (eh si anche i parti)- è comunitaria. dove le scelte sono comunitarie: non puoi pensare di andare a vivere all'estero, sposarti, non fare o fare figli, scegliere l'università, accettare un lavoro, senza che tutti abbiano un consiglio, un ammonimento, un'informazione, un parere da darti. e guai a te se non li prendi in considerazione.
non puoi vivere la tua vita fuori da questo suq di voci e opinioni che si alternano, sovrastano e pretendono ascolto, spazio, da questa lotta infinita a chi assomigli di più, chi ti ha dato più gene, chi ti ha condizionato di più: dalla nonna che ti da i soldi per cambiare i dr martin con delle belle polacchine perchè "con tutto quello che abbiamo (?!) speso in scarpe ortopediche per raddrizzarti i piedi, ora te li stai rovinando", al "ora che ti abbiamo (again un pluralia maiestatis dei miei genitori, immagino) fatto studiare, non buttarti via per quel lavoro, minimo ti devo dare ...mila euro (cifra con tanti di quegli zeri che solo un'avola che conta ancora in lire può dirti)....
la cosa buona? non sei mai solo. la cosa negativa? non sei mai solo.

la famiglia di mio marito. nessuno sa i compleanni di nessuno- nemmeno di padri/figli; ci si vede quando ci si vede; ci si telefona quando capita. a volte, ma non tutti gli anni, ci si vede a natale. per il resto non esistono festività che richiedano la presenza dei familiari. ho dovuto insistere tantissimo per convincere mio marito che una lista di invitati al matrimonio con 34 miei parenti e 3 suoi era un tantinello sbilanciata.
ognuno fa la sua vita, nessuno sa cosa è meglio per te, nessuno ti prevarica che tu abbia 3 o 80 anni, nessuno giudica, tutti rispettano opinioni, libero arbitrio, scelte degli altri. se fai una scelta la comunichi, non apri un G20 qualche mese prima per inizare le trattative di resa purchè accettino la tua scelta. nella mia famiglia se sgarri, sei fuori (tranne poi riammetterti per somma bontà degli avi tra lacrime e scuse degne di maria de filippi), nella famiglai di mio marito non esiste un dentro e fuori, qualsiasi cosa fai ne sei responsabile e nessuno ti biasima.
parlando con mio suocero gli raccontavo una proposta di lavoro in un posto molto lontano. lui mi chiede che ne penso. gli dico, appunto, che è molto lontano. e lui mi risponde "lontano da cosa? dipende da dove guardi"..a casa mia una frase così neppure se piovessero fragole..
la cosa buona? sei solo nelle tue scelte. la cosa negativa? sei solo nelle tue scelte.

eppure, io quando li guardo ho la sensazione di amore, di rispetto, di cure e attenzioni discrete, non rumorose. non alzano mai il tono di voce, al massimo lo abbassano. tacciono e ascoltano, lasciano parlare anche i bambini. ogni settimana da 52 anni mio suocero porta a casa a mia suocera un mazzo di rose. ecco, io una cosa così, fatta con una leggerezza che non so descrivere, a casa mia non l'ho mai vista.

quando è morto mio nonno, mia nonna si agitava, litigava con le infermiere, lo voleva a casa, poi non lo voleva più, poi lo rivoleva, e poi stava male a vederlo in ospedale e allora andava poco a trovarlo, però voleva che i figli e le nuore si prendessero permessi dal lavoro per andarci ogni giorno. mio nonno- che non era una persona buona e sinceramente non era molto amato, era molto temuto- è morto solo, in ospedale. mia nonna ha pianto disperata per qualche giorno poi ha detto che era meglio così, che non vederlo soffrire ancora (in effetti il nonno stava piuttosto male).

ieri è morta mia suocera, dopo un mese di ospedale. mio suocero ha passato tutti i giorni di questo mese, tutto il giorno in ospedale. le portava ogni giorno un dolcetto, un regalino. è uscito solo ieri sera per mangiare dalla cognata. ma io e mio marito eravamo lì, perchè sapevamo che si era aggravata, ed è morta con la mano nella mano di suo figlio. non è morta sola. mio suocero ci ha raggiunti, e ha pianto, solo accanto a sua moglie, composto e silenzioso.

ecco io non so, non me lo spiego, e forse non voglio neppure giudicare quale famiglia sia meglio. ma alla fine, il suq a cosa serve se moriamo soli? cioè, voglio dire..non era meglio insegnarci a camminare con le nostre gambe, lasciarci fare i nostri errori, le nostre scelte ed esserci accanto sempre silenziosi fino all'ultimo respiro invece che strepitare tutta la vita, imporre, sentenziare, decidere per gli altri e poi lasciarci soli proprio lì dove soli non vorremmo e non sapremmo mai essere?

detto questo, alla fine io il suq lo amo, e un natale senza la mia numerosa famiglia che ride, urla, litiga e fa pace, beh non sarebbe natale.

domenica 20 novembre 2011

sogni neutri, per favore.

"i sogni son desideri di felicità" cantava cenerentola quando ero bambina.
alle elementari una mia amica aveva inventato il verbo "incubare" per quando di notte faceva incubi.
i miei sogni assomigliano più a incubi, ma non fanno paura, non propriamente. uso la notte-da sempre- per far fluire angoscie e fantasticherie che mi lasciano una sensazione di peso sui polmoni. un sentimento strano, fluido, che non riesco a catalogare.
è raro che mi voglia appigliare a un sogno che sta svanendo. più facile che -in mezzo alla notte- io apra gli occhi un attimo per aver la certezza che, con la veglia, l'ansia sparisca, e per scacciare risolutamente quell'ultima immagine dalla testa prima di riaddormentarmi.

non che sogni cose particolari, spaventose o assurde. al contrario, il mio bisogno di ancorarmi alla realtà, figlio della mia ansia di controllo, mi porta a sognare situazioni banali, persone che conosco, momenti realistici, dialoghi normali. eppure in quei sogni sento sempre, che qualcosa non va, che sono preoccupata per qualcosa o in ansia per qualcuno. sogno fin troppo spesso di non riuscire a muovermi o di muovermi troppo lentamente, a fatica, un interminabile slow motion in cui le mie gambe sono di piombo, cammino sopra le cose, lentissima, invischiata e trattenuta da una forza inspiegabile.

un senso di impotenza, di assurdo e grottesco che mi attanaglia e che mi fa scattare in piedi al primo suono della sveglia, per quanto stanca sia, felice che finalmente le gambe si muovano al giusto ritmo senza neppure un attimo tra pensiero e azione: neuroni, ricettori, muscoli tutti coordinati. e il peso si dissolve, non appena inizio a vivere.

non temo l'interregno notturno, non ho problemi ad addormentarmi, spero sempre sogni neutri, se non belli, ma preferisco poter controllare le immagini che la mia mente crea piuttosto che subirle.

mercoledì 16 novembre 2011

statistiche

mi viene da ridere.. io che mi sento così disequilibrata, così oppressa e così aggrovigliata, guardo un po' per caso i vecchi post e cosa scopro? esattamente lo stesso numero di post ha le etichette opposte: quella che uso per i giorni buoni e quella che uso per quelli cattivi. al secondo posto dopo la parità viene l'etichetta del mood mediano.. ecco allora forse non sono poi così sbilanciata, anzi sto proprio nel mezzo, che se non è equilibrio un po' gli somiglia.. ok effettivamente l'equilibrio non è dato dagli opposti up and down, ma statisticamente regge.. e io oggi mi sentivo un po' in vena di statistiche.. sarà perchè c'è il sole, perchè mi va di fare una torta buonissima, sarà perchè ogni tanto serve sentirsi in equilibrio anche se precario, sarà perchè ho costruito una normalità fuori dalla normalità, sarà perchè se la smetto di cercare i difetti, alla fine sono felice di quello che vivo, magari non proprio di quello che sono, ma oggi mi sento indulgente.
e allora metto l'etichetta positiva al post, per spostare la bilancia e tirare su la statistica, che tanto i cattivi umori torneranno a rimetterla in perfetto equilibrio..

domenica 13 novembre 2011

oppression

sveglia con un senso di oppressione. fuori il sole brilla e sembra pure possa scaldare. voglia di vedere un amico per un caffè, ma non posso, ci sono scadenze che aspettano che io mi metta al tavolo. e allora una volta di più il senso del dovere vince. niente uscita, niente domenica di sole nè caffè. io, il gatto e i libri passiamo insieme la domenica.
mi stupisco di come mi opprimano scadenze alla fine così insignificanti quando avrei ben altro di cui preoccuparmi e lo vedo sulle facce stupite, preoccupate dei miei..ma è una colpa non preoccuparsi per cosa sarà di me dopodomani concentrandomi su problemi futili e scadenze immediate?
che ci posso fare se sposando un inguaribile ottimista mi sono lasciata contaminare dalla sua idea che alla fine bisogna prendere il buono delle situazioni e credere che un problema è sempre risolvibile, che il mutamento sia positivo e che alla fin fine l'ennesimo trasloco che rischiamo possa essere l'inizio di una magnifica nuova avventura anche se lontana da casa?

che poi sono stati giorni pesanti, da una parte nuvole all'orizzonte -anche se la svolta italiana a me da fiducia nel domani, che posso farci?- e dall'altra nuvole dentro me.. di nuovo a combattere con fantasmi e ansie e rigidità che pensavo aver risolto, riponendole ben in fondo all'armadio, nascoste dietro scheletri meno difficili da gestire.
e di nuovo persa nel tentativo di accettarmi di non odiarmi di rassegnarmi al fatto che sono cervello ma non solo, che ho un corpo che è mio -basta pensare a lui come un'entità diversa da me, anche se non lo sento mio-
sangue, ossa, muscoli, cellule e organi posso anche accettarli.. è l'insieme che non mi rappresenta.. sono un trasgender di me stessa.. non mi sento uomo, questo no. mi sento una donna completamente diversa e quando mi incanto a guardare donne che io definisco belle, è perchè riconosco in loro il mio corpo perso in qualche meandro, mentre quello che ho dev'essere di qualcun'altro che chissà con che fatica lo cerca per il mondo.
fantasticherie autolesioniste e negazioniste che non mi aiutano a trovare un equilibrio. eppure, eppure, nonostante gli sforzi, continuo a rifuggire gli specchi. come se la mia anima non potesse riconoscersi.
eppure rifiutare il corpo è rifiutare me. e rifiutandomi, come posso avere anche un briciolo di equilibrio?
esiste un modo per vedermi per quella che sono e basta?
vorrei che la mia testa smettesse di distorcere la mia immagine come nella camera degli specchi al lunapark.
esiste un modo per essere serenamente piena di difetti e per questo bella? se leggessi queste righe scritte da un'altra mi farebbero tenerezza e cercherei di consolarla, con razionalità e amore, insegnandole a accettarsi.. e sarei sincera dicendole che è bella dei e con i suoi difetti..
ma con me non può funzionare.. perchè non posso che distruggere la mia autostima a ogni passo? dove nasce l'incastaro? dove il senso di estraneità?  e dove è la via d'uscita?

martedì 8 novembre 2011

dubbi e insofferenze

brutti sogni e sveglia col cuore in gola. la mente fa strani scherzi e riesce a fregarmi, non dandomi pace neppure la notte. molte domande, troppe. molte variabili imponderabili, troppo immobilismo. subisco le inerzie di chi amo, la sua sequenzialità, il suo non saper andare oltre.
aspetto, ma sono stufa di farlo, anche un po' spaventata.
e poi una seduta in cui tutt'a un tratto torno indietro di anni di analisi, a atteggiamenti che non avevo  più, risposte immediate, definitive che nascondono un nodo che non so e non voglio affrontare. un argomento in apparenza banale, perchè non mi curo se sono malata. ma io mi chiudo a riccio, nessuno può entrare, giudicare. io non mi curo perchè sto bene. inossidabili certezze che nascono da chissà quale timore, quale matassa che non so sciogliere.
non me lo spiego neppure io il perchè di un tale atteggiamento, ma adesso mi sento come se mi avessero punto mille zanzare..la pelle è satura di veleno che chiede un modo per venir fuori.
sono così, in bilico tra dubbi e insofferenze. oggi sono io che avrei bisogno di pantaloni stracciati, maglietta slavata e una birra. capita.

venerdì 4 novembre 2011

giornata off

penso che se solo riuscissi a dare un senso a questo giorno, il mondo da grigio diventerebbe a colori.

ma a volte non è che non voglio, è che proprio non ce lo trovo un senso in giorni così.
sospesi, inutili, dispersi e frammentati, quelli che lasciano la sensazione di non aver fatto nulla, quelli che lasciano addosso un senso di frustrazione distante e fastidio attutito, quelli che mi rendo conto che non ricorderò per nulla. giorni grigi tutti uguali senza una sola scintilla di luce.

lo so che dovrei essere io a dargliela, quella scintilla di luce, solo che a volte sono troppo stanca, svogliata o solo troppo off, per trovare la forza e la voglia di farlo.

sono solo spenta, nulla più, come questa giornata.

domenica 30 ottobre 2011

pensieri lberatori

a volte, ma solo a volte, può succedere che io mi senta libera di dire ad alta voce frasi che pensavo di non saper neppure pensare. in quei momenti mi sento leggera, tutt'a un tratto senza peso.

che poi di solito sono frasi dubbiose, quasi mai certezze ferme. ma la libertà di avere dubbi, di farsi domande, di uscire dagli schemi e dai ruoli è così liberatorio che, non so, viene da sorridere. un sorriso piccolo e quasi pudico, perchè ho detto ad alta voce qualcosa così fuori dai miei schemi da sembrarmi enorme.
così senza dargli troppo peso, nella cucina vuota e piena di luce con un gatto che si strusciava tra le gambe e un caffè in mano ho detto a mezza voce "ma forse io non voglio dei figli"
non so neppure da dove è nato questo pensiero, pensavo a tutt'altro.
eppure ho sentito subito una quiete, un'assenza enorme di senso di colpa, un possibilismo in bilico.
ho detto questo pensiero e non mi ha spaventato.

che io oggi mi sia scoperta una briciola più libera di farmi quelle domande che pensavo impensabili?
ho sentito la leggerezza di farsi domande vere, davvero, senza timore del mio io giudicante, delle aspettative altrui o sociali, delle proiezioni di me stessa nelle aspettative altrui.
che poi la risposta non ci sia è un'altra storia che ora non mi interessa.
il fatto è che, ecco, io sono stata fiera di me, di quella domanda e di quella quiete.

venerdì 28 ottobre 2011

inquieta

ok non si può essere sempre carine e ottimiste.. ogni tanto ci si può anche concedere un po' di sconforto, vero?
ecco oggi c'è un po' di sconforto.. per delle brutte notizie, per il mio amore ferito che fa finta di non esserlo e io non so abbracciarlo abbastanza per lenire dolori che sono difficili da raggiungere.

il mio amore parte domani per lavoro, sta via cinque giorni e per una serie di coincidenze sono sola -ma sola sola- fino al suo ritorno. in questa città non resta nessuno, per via del ponte. avrei potuto organizzarmi e andare via anch'io, avrei potuto in qualche modo andare con lui.
ma non ho voluto. in qualche modo sebbene la solitudine mi spaventi ho deciso di sottopormi a questa prova. esco da un periodo un po' difficile e ho deciso che questo weekend lungo ne sarà l'apice e la fine in un certo modo. che quando lui rientrerà io sarò più forte, che avrò pianto tutte le mie lacrime e sfogato le mie paure e sarò una persona migliore...ok obiettivo alquanto ambizioso per giorni che conto di passare tra piumone, libri, tv e pranzi take away.. forse ho solo bisogno di misurare una volta di più la misura dell'amore con la mancanza..

giovedì 27 ottobre 2011

that's life

torno da est: mani gelate e cuore caldo, ma non è più come prima e lo sento. torno nei posti che erano miei e sono uguali e diversi. rivedo le persone che vedevo e sono uguali e io diversa.
non è il luogo, non sono le persone. sono io. sono andata avanti, oltre.
sono a casa, ora. mi sento un animaletto pronto per il letargo. manca troppo alla vita, sono alla periferia di tutto. posso chiudere gli occhi e dormire fino a primavera. natale è lontanissimo, gli impegni anche, i viaggi da fare pure.
mi riposo, mi ricarico. so che tra poco un terremoto sconvolgerà di nuovo i miei punti cardinali. lo sento muoversi sotteraneo, si prepara lento ma quando esploderà sarà tornado e ciclone. e io sarò nel mezzo. e allora mi ancoro e riempio di scorte il rifugio e di cose che voglio salvare e di ricordi da non perdere. guardo questo cielo azzurro velato, il lago e le colline. non so quanto resterò ancora qui, non so dove punterà la bussola.
aspetto paziente, cerco di continuare la mia vita normale, inutile agitarsi con tanto anticipo, ma non sapere, non avere idea rende tutto un po' strano, un po' falso.
that's life. nel bene e nel male.

mercoledì 19 ottobre 2011

desideri in (ir)realizzazione

che a volte bisogna pensarci davvero bene prima di desiderare qualcosa, perchè poi si rischia di ottenerlo.


e si, io sto rischiando
ma adesso mi sento scaramantica come non sono mai stata.
perciò tappo la bocca per non far evaporare almeno il sogno.
però posso dire che ieri ne ho parlato un sacco e a un certo punto guardando mio marito gli ho detto: anche se non succedesse, ci ha già resi abbastanza felici pensarci.

comunque è una di quelle cose che per succedere ci mettono un sacco di tempo, quasi come i bambini e le estati (9 mesi di attesa per entrambi). qui un po' meno, ma comunque qualche mese.
per ora acqua in bocca anche perchè non ho ancora capito se lo spero o lo temo.
ma lo scoprirò.. che per ora non penso ancora ai pro e cons e ai nodi da sciogliere. penso solo che potrebbe essere anche bello. assurdo e bello.

lascio aperte altre porte ai miei progetti, che se non funzionasse questo non voglio essere totalmente persa.

ma mi sento elettrica al solo pensiero. che la prossima volta che giro il mappamondo devo stare attenta a dove punto il dito..

lunedì 17 ottobre 2011

sometimes you got lost

and sometimes you find your way.

io credo di essere a metà strada, un po' persa e un po' ritrovata.

parole nella mia testa, voci e lingue straniere. spiragli che si aprono su futuri e su passati. gli uni e gli altri distanti. i primi stuzzicanti e spaventosi i secondi definitivamente chiusi.
mi capita oggi in metro, tra una fermata di cui non ricordavo l'esistenza e una che si chiamava casa di rivedere frame degli ultimi 5 anni e di pensare che se non sapessi che è la mia vita non potrei credere di essere cambiata così tanto in così poco tempo, di aver vissuto così tante vite in una, di aver cambiato punto di vista -metaforicamente e fisicamente- così spesso.
e penso a quanta gente persa per strada e penso che quando è necessario so ridurre i bagagli -di tutti i tipi- all'osso. e chi ho ancora accanto è chi ho/mi ha scelto mille volte, ogni mattina.

la cosa che mi piace di più? non sapere che sarà di me domani. faccio progetti che si smontano da soli..ma si smontano con una risata. e non per questo smetterò di farne.10, 100, 1000.
solo, per questo motivo ho capito che vale la pena solo di puntare su ciò che mi piace e non su ciò che devo.
a volte mi sembra di esserne capace, altre no.
d'altronde per ora sono ancora in mezzo..

venerdì 14 ottobre 2011

contagio

ieri camminavo per strada e ho incrociato una ragazza. stava sorridendo tra sè, un sorriso vero, non di circostanza, un sorriso pieno di gioia e aspettativa.
l'ho guardata e ho sorriso. non a lei, ma alla sua gioia.
perchè la gioia può essere contagiosa.

martedì 11 ottobre 2011

quando

quando dentro sono solo matassa e disordine, quando non riesco a scegliere nulla, a concentrarmi per più di 5 minuti su un unico pensiero, quando ho fame e non mi va di mangiare nulla, quando accendo sigarette a raffica e le spengo disgustata dopo un tiro, quando tutto mi innervosisce, quando mi metto a imprecare contro gli automobilisti troppo lenti/veloci, quando mi basta un nulla per sentirmi pronta alle lacrime, quando mi sento persa e sola e abbandonata, quando non voglio fare niente, vedere nessuno.

quando mi succede -e speravo non mi succedesse più- spengo le comunicazioni. accendo la musica, bevo un the o una coca, prendo un libro o guardo un film. mi isolo, mi difendo.
so che ritroverò le forze, ce le avevo qui fino a poco fa, le avrò perse nella borsetta, sempre troppo piena, sempre tutto alla rinfusa.
lo so che le ritroverò, ma ora non le ho. devo solo riposarmi, darmi tempo, rigenerarmi.
non devo pretendere troppo da me. qualcosa -qualcuno- mi ha tolto tutte le difese, mi sento scuoiata, non c'è pelle che protegga i miei nervi e muscoli e vene dal mondo. e senza pelle è tutto un po' più difficile.
ma forse sto solo cambiandola come un serpente e il carnefice è in realtà un liberatore.
lo capirò solo quando mi si sarà riformata la pelle. per ora aspetto.

com'è che questa partenza è molto più di quello che avrebbe dovuto essere?

giovedì 6 ottobre 2011

leaving party

che ieri c'era il leaving party della mia amica lunga che parte martedì destinazione altro capo del mondo. che ho passato metà del pomeriggio ad aiutarla tra casa dei suoi e di suo fratello dove c'era la festa, che casa sua è già impacchettata e pronta alla riconsegna delle chiavi.

che a tutte e due senza volere è uscita la parola "sostituire" e che con serenità- tristezza abbiamo detto che non ci saremmo sostituite. che avremo nuove amiche ma che nessuna delle due cerca un'altra te.
che forse detta così suona un po' bff e quindi bambine di 5 anni o peggio paris hilton, ma che in realtà a noi suonava molto meno melodrammatico e molto più vero.

perchè io non cerco una nuova amica lunga, che lei c'è e ci sarà, al di là dei km e degli oceani. dietro lo schermo di un pc, nelle chat e in skipe. perchè non si può sostituire chi amiamo solo perchè va via, per un giorno o per una vita. che ognuno deve vivere la propria vita, e questo non significa abbandonare, tradire o.
significa solo vivere. e questo io le auguro. pura vida.

che ieri sera in mezzo a tanti amici, conoscenti e sconosciuti, la guardavo muoversi e il suo spessore era per me gioia. non avevo bisogno di avere tutta la sua attenzione, non ero affamata di conferme. quello che dovevamo dirci ce lo siamo dette friggendo cotolette e tagliando focaccia, stando accanto, senza dire niente più che stupidi pettegolezzi e commenti senza senso.

che quando ho salutato il suo ragazzo, l'ho baciato sulle guance come ho fatto con tutti gli altri amici. niente tragedie, niente strascichi. se ci sei stato, ci sarai, se lo vuoi.

che so che con lei non sarò altrettanto brava, ma non fa niente. 10 anni di vita, una persona scelta, davvero. non è che si possa poi trattenere l'emozione enorme che invade.

ma non fa niente, non sarò abbastanza british o cool, ma sarò vera.
che non voglio pensare a quando sarà l'ultimo abbraccio, voglio solo pensare che ce ne sarà un altro.


ieri sera ho visto una mia vita parallela scorrermi accanto. per un attimo ho allungato una mano per afferrarla, 
ma subito prima di toccarla, ho aperto la mano e l'ho lasciata scivolare via. perchè così ho voluto.

lunedì 3 ottobre 2011

foto

ho visto la foto di un mio compagno di liceo in un caffè di san francisco.
ora, io non so nulla di lui. dove vive, che fa, come sta. ho perso i contatti con tutto il liceo.
non eravamo amici allora, e così ci siamo persi. una classe che conviveva forzatamente più che altro.
ho sempre invidiato chi invece aveva una classe unita, di quelle dove trovi gli amici di una vita, ma tant'è.
comunque, quella foto mi fa urlare dentro. mi fa gridare vite che non ho, esperienze non provate, paesi non vissuti.
mi mette addosso un'insoddisfazione, una voglia di correre, fare, scappare.
e non c'entra nulla con l'america, che non sono certo cresciuta col mito americano, anzi.
e che oggi più che mai, l'america non è più la patria di alcun mito.
è il bisogno di vivere, più che altro, che quella foto comunica prorompente.
è che tutti vanno e io resto bloccata qui.
che ho voglia di rimettermi alla prova, di rivivere emozioni.
mi sembra assurdo essere congelata in questo paesino di qualche centinaio di persone, a un'ora dalla città che mi ha vista crescere.
tutt'a un tratto questo mondo soffoca fino all'asfissia.
ho bisogno di spazi, di reinventarmi, di mondi nuovi, di esplorare e esplorarmi.
ma non è a est che voglio andare e forse neppure a ovest e a nord.
è il sud che mi attira. quell'angolo di mondo bistrattato e vituperato. che sia sud ovest o sud est poco importa.
è la terra vergine che voglio, il mondo nuovo, quello non ancora asfittico e disperatamente alla ricerca di un mondo per autoriprodursi.
voglio il mondo che cerca riscatto, che vuole vivere, nonostante noi, che vuole crescere, che crede di potercela fare.
voglio un mondo che abbia ancora speranze.
poi mi fermo, respiro, smetto di gridare e mi dico di stare molto attenta a ciò che desidero, perchè potrei anche ottenerlo.

domenica 2 ottobre 2011

voglia di..

.. un brunch all'aperto, mangiare dolce-salato-dolce, bere the e caffè americano, chiacchierare e godersi quest'estate che non vuole finire
.. un caffè al solito bar, col solito amico, magari accompagnato dai suoi schizzi e da una mini charlotte di mele, domenica mattina, il locale vicino alla chiesa ortodossa, una vietta riparata nel centro città, la luce che arriva di taglio, il vocio della gente che arriva da lontano
.. shopping per negozi, con la mia amica lunga, provando cose che non compreremo e chiacchierando di partenze e ritorni
.. camminare per milano, prendendo strade che sembrano familiari ma non sempre lo sono davvero e cercando di ricordarmi in che direzione andavo e perchè

a volte basta immaginarmi là dove vorrei essere, e tutto diventa impercettibilmente più leggero, più luminoso.
i luoghi hanno un valore solo per le persone che li hanno vissuti?

sabato 1 ottobre 2011

difficile

ci sono giorni in cui tutto è un po' più difficile.
per esempio credere nei domani di sole, condividere gioie con persone che ami, sorridere.
ci sono giorni in cui vorrei solo dormire. chiudere gli occhi, sognare.
sarà la mancanza che pesa, la solitudine che incombe.
sarà che mi sento incompleta come un puzzle di cui ho perso un pezzo.
sarà, ma oggi è tutto un po' più difficile.

venerdì 30 settembre 2011

sospesa

quando un abbraccio vale più di mille parole che magari non ho saputo dire.
quando alcune parole, dette così in qualche modo fanno breccia cambiando la mia percezione.
quando una dipendenza che fino a ieri era irragionata e indubbia, perde improvvisamente senso e mi trovo a metà strada tra speranza e timore di poterne uscire.
quando mancano pochi giorni e di solito sono in ansia e stavolta per nulla e non so se è segno che sono pronta oppure del contrario.
ci sono giorni in cui l'unico aggettivo per descrivermi è sospesa.

martedì 27 settembre 2011

when it's gone, it's gone

che ormai è più di un anno che ho ricominciato a parlare la mia lingua, e l'inglese si sta arrugginendo in un cassetto della mia mente insieme alle chiavi -mai rese- della mia precedente casa.
che parte che amo, e a volte chi amo resta, ma questo non è un motivo per restare.
che le scarpette da dorothy stanno partendo senza me.
che se cerchi un'opportunità nuova, questa terra non ne da.
che neppure la sto cercando qui, perchè non mi piace quel che questo posto è diventato.
che il mondo è enorme e io sono già in ritardo se voglio viverlo tutto.
che sono pronta a impacchettare di nuovo la casa, studiare orari di low cost, organizzare weekend, esplorare quartieri e ricominciare.
che però avrei un paio di cose importanti da finire qui prima di.
che non so bene se farò in tempo.

ma qualcosa è finito, senza aggettivi.
che qualcosa è cambiato. lo sento.
non so quanto ci vorrà, ma il mappamondo è stato spolverato e ora troneggia sul tavolo.
basta solo girarlo forte, puntare un dito e dire un nome. poi batto le mie scarpette e vado via.

lunedì 26 settembre 2011

time is running out

lunedì mattina, il tempo scivola via, mi sento persa, mi sento in stasi, mi sento sola e abbandonata, perchè le emozioni non sono razionali e dopo aver messo bene in fila tutte le ragioni, tutti i perchè, tutta la maturità e serenità e che sono riuscita a trovare, sotto tutti gli strati di cui mi sono ammantata, ecco il nocciolo duro che non so sciogliere.
andate via e io resto qui, ho una scadenza, che scade con voi, e tutt'a un tratto, mi sento persa, abbandonata. e allora cerco di inventare un futuro dopo voi, ci provo, un futuro dopo me e per me.
che se ho un obiettivo sarà più semplice anche vivere, solo vivere, ma con una qualche direzione. e allora non mi sembrerà che mi lasciate indietro, ma semplicemente che vi troviate su strade parallele che scivolano accanto alla mia.. e che magari faticano a toccarsi ma ci sono.
se vuoi essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?

vorrei scivolare sopra queste sensazioni, ma è come sciare su neve sciolta, mi incastro, fatico, sbuffo, sudo e vado avanti solo di pochi metri.
scivola via il nostro tempo, e io resto qui, ai margini dei vorrei bloccata dal dovere. non è senza futuro questa nostra strada, è solo che le strade sono diverse da come le immaginavamo, ma il fatto che ci siano state mi lascia il colore del grano e la certezza che il futuro non sarà solo passato.

giovedì 22 settembre 2011

nervosa

innervosita dalla burocrazia, dallo studio che non va, dai pensieri che mi distraggono, dal gatto che ha deciso che è assurdo che io di notte voglia dormire, dall'incapacità di sfondare il muro.
innervosita. troppo bisogno di caffè, sigarette, un amico con cui parlare di qualcosa di diverso dai problemi che attanagliano il mondo e gli adulti.
stufa, sono stufa, ho solo voglia di andare via. via da questo posto che non mi dice niente, via dalle conversazioni in loop da cui non esce mai nulla di interessante o diverso, via da questa rabbia che non so scaricare, via da questo nervosismo per cui non trovo sbocchi.
oggi sono litigiosa. ho voglia di discutere con qualcuno, di dare qualche colpo al sacco, per sentire questo nodo di negatività fluire fuori di me.
è che mi sento incompresa. non che io lo sia.ma dannazione, vorrei più appoggio, più aiuto, più comprensione per i miei stati d'animo altanelanti e invece sempre a mettere la maschera di perbenismo, buona educazione e urbanità.
niente oggi va così, vorrei di nuovo avere l'età per dire quello che penso senza angustiarmi per le conseguenze.
oggi è meglio che non veda nessuno, per non sfogare questa rabbia inspiegabile su chi non c'entra nulla.

lunedì 19 settembre 2011

malinconie anticipate

io odio i count down, mi danno quella terribile sensazione di impotenza e di scadenza irreparabile. tutto ciò che puoi fare è compresso in pochi giorni, che inesorabilmente diventano ore e poi svaniscono, si sfilacciano, si bruciano. e vorrei urlare, correre, fermare il tempo, chiederne solo un altro po', qualche giorno ancora, per favore, un altro caffè, un altro abbraccio, un altro giro di shopping, un'altra confidenza.. per favore.

ma questo è atteggiamento da panico, è la mia volontà di controllo mentre devo cercare di pensare a chi questo count down lo vive con emozione, e aspettativa e paura mista a adrenalina.
non devo essere egoista, chi parte ha molte persone da salutare, non solo me. chi parte ha cose da fare, progetti da incastrare, valige da finire, amori da vivere finchè sono qui.

e allora penso a kirsebaer che arriva a cambridge e la prima mezz'ora è occupata a capire come si arriva dalla sua stanza alla mensa e dalla mensa alle aule e da lì al supermercato e poi di nuovo il giro inverso. e che cambia la sua lingua e il suo modo di pensare per adattarsi alla sua nuova casa. e se la immagino così, magari con un maglioncino rosso e il suo inseparabile eastpack, mi fa meno male vederla andare via, perchè nella mia immaginazione sta sorridendo.

e allora penso alla mia amica lunga, e la immagino per mano al suo amore, che scende dall'aereo in un aereoporto di un paese che non ho mai visto, dove ora è estate invece che un freddo autunno, e la vedo entrare nella sua nuova casa che non conosco e riordinare i suoi vestiti sempre incasinati e installare skype perchè il suo mondo è dall'altra parte del mondo e per lei natale sarà in spiaggia e ferragosto sotto la neve. e allora riesco pure a sorridere di quella mancanza perchè so che nel giro di poche settimane la sua nuova città sarà nelle sue parole il centro del mondo, di una vita sociale intensa e divertente, perchè lei è così, si fa amici pure nel deserto.

e allora è più facile, ma in parte sono palliativi perchè -accidenti- è vero che la misura dell'amore è la mancanza. e io sto già sentendola ora, e ho già gli occhi umidi. e quando sono partita io, e doveva essere un tempo lungo, mi sembrava più difficile e più facile. aveva ragione la mia amica che diceva che era più facile per me che partivo che per loro che rimanevano. perchè se rimani la tua vita scorre uguale solo che manca un pezzo. se parti nulla è più uguale e i pezzi che mancano li senti meno quando rimescoli tutte le carte, o almeno non hai troppo tempo per sentirli.

stupida giornata fredda che porti malinconie anticipate.

sabato 17 settembre 2011

riflessiva e leggera

sole fuori dalla finestra, gatto acciambellato sul divano, tazza di caffè e una sigaretta. un libro che mi aspetta, un marito che rientrerà tra poco. uno splendido pomeriggio -ieri- diviso tra due amiche speciali, due persone che mi basta vederle e già sorrido. e allora faccio scorta di sguardi e parole e momenti e chiacchiere e progetti insieme per riscaldare questo lungo lungo anno che le porta a vivere lontane. e io sento scorrere nelle vene l'adrenalina che leggo loro negli occhi.. e sono contenta per loro e un po' le invidio e un po' no, che ognuna ha la sua strada e mi scopro a sorridere non sapendo per nulla quale sia la mia.
ho voglia di condividere, ho voglia di abbracciare, di bere una birra con qualche amico, di fare shopping e spendere soldi che non ho in cose che non mi servono, ho voglia di concerti già passati, ho voglia di leggerezza, ho voglia di allegria, ho voglia di essere positiva.

kirsebaer mi sgrida dcendo che scrivo solo quando sono triste, come se le nascondessi un substrato ansioso di me. forse un po' è vero, amica mia, ma purtroppo è così che mi hanno cresciuta, con l'aspettativa del peggio, del negativo. e ci vuole molto lavoro per venirne fuori, per imparare a guardare al domani senza ansie di controllo, senso di inferiorità mischiato a delirio di onnipotenza, senza usare quotidianamente schemi rigidi e preoccupazione come scala di misurazione di qualsiasi sentimento.
ci provo, davvero, è faticoso, e quando ho bisogno di riflettere, di sviscerare scrivo.. ma non per questo sono triste, io direi più riflessiva..

però eccomi qui, con un post che sa di cannella, vaniglia, muffin alle mele, prati appena tagliati e città sotto temporali estivi.. basterà quest'allegria?

giovedì 15 settembre 2011

fatiche

c'è una parte di me che non riesce a immaginarsi molto più grande di una cinquenne, zainetto dell'asilo e grembiulino a camminare all'ombra di una mamma altissima e bionda a cui cerca di prendere la mano mentre lei fa mille cose insieme.
una parte di me, lotta per imparare a far crescere quell'immagine, a smettere di cercare conferme dove non possono esserci, a farsi una ragione dei limiti di mia madre senza per questo doverla distruggere. è una parte di me che piange, si incazza, litiga con se stessa, a volte mette il muso e spesso trova compromessi.
è difficile, un lavoraccio, crescere, emanciparsi, andare avanti cercando un punto d'equilibrio. un amore che non soffochi ma avvolga, un'indipendenza serena e non urlata, una diversità positiva e non qualitativa. tutti obiettivi che messi a fuoco sembrano sempre troppo lontani. esiste uno zoom per vederli ma poi sfuggono i dettagli e il percorso per raggiungerli. so solo che è in salita.

poi vado a cena dai miei e mio padre mi spiazza con una notizia che lo preoccupa e che non sa come dire a mia madre. e io lo guardo e per la prima, primissima volta realizzo che presto sarò io a occuparmi di loro e non viceversa come succede da sempre.

e mi vengono le vertigini.. quante cinquenni sanno badare ai loro genitori?

tempo di crescere..e non è mai semplice come mi aspettavo. ma a volte una porta in faccia all'egocentrismo ci sta.

ma chi l'ha detto che le crisalidi non provino dolore nel trasformarsi in farfalle?

martedì 13 settembre 2011

equilibrio precario

non avere un pensiero compiuto dall'inizio alla fine, solo una sensazione. che i pensieri che ci sono non siano quelli giusti da pensare. che siano pieni di negatività, pessimismo, ansie e irritazione.
e allora mi fermo. cosa c'è che non va?
perchè sei pensieri girano così un motivo deve esserci.
è che mi manchi. mi manchi anche se ci sei. mi manchi nelle cene che non si possono evitare, mi manchi nella tv e nel puzzle, mi manchi nelle parole che girano a vuoto.
mi manchi nell'esserci.
e mi piace, che tu mi manchi.
questo campanello d'allarme mi riporta qui, mi ricorda perchè, mi ammonisce sul come.
se lo ascolto, andrà tutto a posto. e i pensieri molesti mi lasceranno.
e poi mi fermo di nuovo.
sto ipotizzando strade così diverse che mi sembrano impossibili da conciliare.
sto vivendo distacchi che pesano sul cuore. ne sto rimandando altri che spaccando il cuore lo sanerebbero finalmente, alla fine.
sto scappando per restare.
sto guardando le vite degli altri in posizione defilata, sto imparando che penso cose più belle di quelle che pensavo di pensare e cose diverse da quelle che temevo di non poter non pensare.
sono in equilibrio precario. qui, proprio dove voglio stare. e in altri mille posti dovrei forse, un giorno.
a volte -come adesso- sento di essere molto più simile a me di quanto non pensassi.
a volte basta scrivere un post dall'inizio alla fine per lasciare nelle prime righe i malumori e ritrovarsi serene.

lunedì 5 settembre 2011

dubbi

io non lo so se sono previdente o se il bisogno di preoccuparsi è più forte di me, un eccitante egoistico di cui non so fare a meno. perchè se mi preoccupo, sono "impegnata", se mi preoccupo, voglio bene, se mi preoccupo, ho una coscienza e una accesa sensibiità.
dove ho imparato queste definizioni? devono avermele date a bere col biberon, e ora non liberarmene. il problema è che se mi preoccupo, io mi sento "brava". è più forte di me..maledetto latte in polvere..
e allora mi preoccupo..
ma odio preoccuparmi, è una parte di me che detesto, come la cellulite e la ciccia..parti che vorrei estirpare, tagliare via, per l'insofferenza che mi causano con la loro inappropriatezza all'immagine che ho di me. così la preoccupazione fine a se stessa.. che mi suona in testa quella frase "non si è mai preoccupati per gli altri. si è preoccupati per se stessi": è vera? avrà detto così o io avrò voluto ricordarmela così? e poi ho in testa mia madre..ma sì, ovvio lei è la personificazione della preoccupazione..e per me essere preoccupata è essere come lei..e allora mi agito e mi aggroviglio in questo rapporto di simbiosi e contro dipendenza..e annaspo, e non so uscirne.

e allora mi dico: ma come faccio a chiudere con la psico? mi sembra che saperlo, saper leggere tutti i segnali, le molliche di pollicino, non sposti minimamente questa insofferenza, e incapacità di gestire la cosa, e questa maledetta preoccupazione - per gli altri? per me?- questo bisogno sempre e comunque di esserci-non esserci, di simbiosi-controdipendenza.

e poi mi arriva un sms.. la tentazione di ricaderci, di riprendere una dose, per vedere se fa ancora bene e se fa ancora male. la tentazione.. dovrei resistere? ha senso resistere o ricado nella controdipendenza?
ma se so che lei mi fa stare male, se avevo deciso di tagliarla fuori, perchè riprenderla in consderazione? in previsione di un triste inverno solitario, quando le coperte delle chiacchiere e il the diviso con loro non ci sarà più?
ma se vuoi essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?
non voglio palliativi alla mancanza. nn voglio fare altri passi indietro, voglio andare avanti.. ma allora perchè quella tentazione? sono certa che sia arretrare?

non sono certa di niente..
ma non pensare che sia triste, anima, sono solo riflessiva..capita anche a me..

venerdì 2 settembre 2011

manca un pezzo

lo sento, manca un pezzo. è come se ogni conversazione fosse superficie per non scavare, ogni contatto ridotto al minimo per non dover fare o farsi domande che vadano oltre, ogni istante il dubbio, tenace, di star sbagliando qualcosa, di non dare il massimo, di non essere convinta.
poi però mi chiedo se manca davvero un pezzo, o se semplicemente non reisco ad astrarmi dalla folle corsa verso il di più, verso un meglio non identificato ma comunque vagheggiato, se è solo la presunzione e l'insoddisfazione permanente, l'idea onnipotente di meritare di più.
oppure no, oppure manca davvero quel pezzo che non so identificare e quindi la mancanza che provo è reale.
il problema è che, se davvero manca qualcosa, non so cosa sia, non ha contorni e odori e spessore. è solo una sensazione indistinta a cui non so dare forma.
e allora nasce il dubbio. manca davvero qualcosa? perchè una parte di me sostiene che se mancasse dovrei riuscire a identificare cos'è. un'altra sostiene che non voglio andare a guardare per paura della frustrazione di non poterlo ottenere.
e allora sto qui, immobile, un po' speranzosa che stando ferma si calmino le acque un po' che stando ferma, emerga da solo.
resto qui. aspetto. finchè non avrò più forza e tempo di aspettare. finchè qualcosa accadrà o la farò accadere.

mercoledì 31 agosto 2011

leggera

ci sono cose che mi fanno stare bene, cose semplici, cose che bastano a loro stesse, senza tante parole. cose non nocive, non complesse.
a volte basta poco. un pranzo con un'amica. ecco. poco, pochissimo. un'ora di chiacchiere e insalata, braccialetti dal mare e caffè.
a volte basta un libro. la copertina non ispirava, il titolo meno. poi lo apro e scopro che mi piace. di più, che mi interessa. di più ancora, che lo capisco.
a volte basta ricordarsi il perchè di certe scelte, di una vita piuttosto che un'altra.
certo le cose finiscono, questo è un dato di fatto..ma posso sempre decidere se viverle con intensità finchè ci sono o iniziare a crucciarmi oggi perchè finiranno.
a volte, ma solo a volte, tutti i pezzi del puzzle sono al posto giusto e io sento come una nostalgia preventiva di quel momento.
e invece vorrei viverlo e basta, poi verrà il tempo per la nostalgia.
non tutti gli addii sono per sempre.
non tutte le intolleranze sono segni del destino.
non tutte le fini sono negative. ammetto che quasi tutte sono dolorose (tranne e talvolta anche quelle liberatorie), ma questo non è un aspetto contrattabile. la loro positività, lo è.

ho vissuto momenti che vorrei rivivere e sono contenta di sapere che non rivivrò.
ci sono giorni che sono così, leggera.

lunedì 29 agosto 2011

alla deriva


quando mi sento così, una barca alla deriva, quando perdo la rotta, quando i ricordi sembrano più vivi della vita vera, quando i sogni si sfilacciano nelle memorie e nella quotidianità.
quando mi sveglio già stanca, quando mi serve una voce amica, quando mi chiedo il perchè, mille volte, ripetutamente. quando non trovo risposte, quando tutto perde il senso, quando in testa suona una lingua oscura che non capisco e che è la mia.
quando tutto a un tratto passato e futuro sono solo due parole senza significato, quando quello che ho scelto mi sembra insensato e quello che ho lasciato non mi attrae.
quando vorrei solo dormire, quando vorrei non sognare. quando mi sento in gabbia, pur sapendo di essere libera, quando mi assale il senso di colpa generico, quando scavo cercando motivi per punirmi, quando mi manca un pezzo e non ho la forza per cercarlo. quando non c’è dialogo ma non saprei neppure da dove cominciare, quando sono sola in questa sensazione di straniamento.
quando mi chiedo dove inizia l’infelicità, dove la felicità, come dividerle e come raggiungerle.
quando avrei bisogno di rumore in tutto questo silenzio, quando mi sento sempre al posto sbagliato, quando non so gestire e capire e spiegare questo momento, questa sensazione di soffocare, di andare a fondo.
quando mi succede, allora prendo caffè e sigarette e dal terrazzo guardo gli infiniti mondi diversi che passano fuori e mi lascio morire di malinconia per le vite non vissute.

venerdì 26 agosto 2011

specchi

sarà il silenzio di giorni con troppa luce. sarà che le reti finiscono sempre per avvolgermi e farmi sentire bloccata nelle situazioni. sarà che sono figlia di un tempo che non si accontenta di ciò che ha e che non ammette fatiche per ottenere. sarà il caldo che opprime i pensieri. sarà la noia di parole sempre uguali. sarà l'angoscia di epiloghi scontati.
oggi ho bisogno di evadere da me stessa. che gli specchi sono una pessima invenzione, quando riproducono più di un'immagine superficiale e meno di uno strato epidermico.
ho bisogno dei miei amici. quelli in partenza, quelli di ritorno. ho bisogno di persone a cui non devo spiegare stati d'animo, solo scambiare emozioni con sguardi. ho bisogno di relazioni semplici. di colazioni al solito posto, pause pranzo di corsa, aperitivi prima di un treno.
a volte rimpiango la mia vita ordinata e ripetitiva di prima. aperitivo il martedì, cinema il mercoledì, venerdì valigia, aereo e weekend da lui. perchè nei ricordi anche la malinconia è struggente e la routine elegiaca?
il mio tempo è sempre stato il passato.
rivisto, rimodellato nei ricordi. vorrei che il mio tempo fosse il futuro.
il mio stato d'animo la nostalgia.
vorrei fosse l'aspettativa e la speranza.
poteri anche solo per oggi vedere allo specchio la persona che vorrei essere e non so come diventare?
ci vorrebbe uno specchio molto più indulgente. io dovrei essere molto più indulgente.

martedì 23 agosto 2011

libri, ricordi fastidiosi e bucati

se almeno facesse meno caldo, forse troverei la forza e le energie per uscire da questa empasse. e invece sono liquefatta sul letto, coi pensieri ovattati, un vago disagio, noia, preoccupazione per la bestiolina che si è rifatta male, un libro che non mi piace e non riesco a smettere di leggere.. perchè mi frullano in testa parole non mie ma che conosco a memoria, mille libri già letti con le stesse identiche sequenze di parole, le stesse pause, gli stessi irritanti incroci di storie, la stessa insopportabile incapacità di crescere, frustrazione e distacco.
che a 16 anni mi sembrava un genio, parole che esprimevano il mio malessere a vivere soggiogata ai dettami sociali..ora lo trovo ridicolo, onanistico, così poco credibile, così legato alla sua immagine di se stesso da essere una macchietta, così industriale nel suo riprodurre libro dopo libro lo stesso plot, le stesse acellerate e le stesse frenate.
ma d'altra parte è così mio, questo autore, ed è per questo che mi infastidisce. più o meno come quelle canzoni che ti riportno in altri posti ad altri momenti, ma che ormai non sanno più dare le stesse emozioni e mi sorprendo di quanto ora suonino banali o anche solo di quanto manchino l'aspettativa di ridarmi un certo stato d'animo.
eppure leggo, per noia, per distrarmi. settimana prossima riinizia la vita normale, fine delle vacanze. sono solo stufa di essere bloccata in casa dalla bestiola ferita. e poi il bucato da stirare è più ostile di quanto io possa tollerare.
se solo facesse un po' meno caldo.

sabato 20 agosto 2011

paure e incomprensioni

forse sono io che non capisco. ma credo che non basti guardare insieme nella stessa direzione. certo la progettualità è importante, porsi obiettivi, combattere anche per ottenerli. se lo si fa insieme si da un senso più bello.. però..però.. la vita non è solo lotta, è anche riposo e divertimento, è anche non perdersi le cose belle che incontri sulla strada perchè si è troppo concentrati sulla meta..
io credo sia necessaro guardarsi reciprocamente, perdersi occhi negli occhi, fare qualcosa insieme per il gusto di farlo, anche se non ha progettualità.. se no il rischio è arrivare alla meta e rendersi conto che camminavamo solo accanto ma che ognuno ha fatto la sua battaglia solitaria, e avere accanto lui o un altro non cambierebbe nulla, la vittoria è mia, non nostra..

io ho molta paura che questo succeda, lui crede che la progettualità sia il solo modo per fare qualcosa insieme. perde le piccole cose.. pensa e vive da manager. tutto.. dalla cena con gli amici alle vacanze.
l'ha già fatto una volta. lo sa cosa rischia. eppure, eppure.. è un muro che non si può scalfire.
io so che là dietro c'è un mondo, quello di cui mi sono innamorata, una persona vera, ma lui non lascia entrare nessuno, nemmeno se stesso.
sono qui, davanti al muro, mi chiedo come aggirarlo, e mi sento frustrata e anche arrabbiata.
a volte basta un corso di francese per scoprire che si parlano lingue diverse.
a volte manca l'energia per trovare un esperanto qualsiasi che ci permetta di trovare una quadra.
a volte, ma solo a volte, e così a bassa voce, che mi chiedo se l'ho davvero pensato.

venerdì 19 agosto 2011

vetrine e favole

era d'altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita,
ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla.
Seta - A.Baricco

oggi ancor di più sono solo una che guarda.guarda accadere gioia e dolore nelle vite altrui. guarda le infinite possibilità di vivere scorrere davanti a se' senza neanche tendere la mano per afferrarne alcuna.
guarda e ricorda.
ricorda i tempi in cui era lei a cui accadeva la vita, i tempi in cui si lasciava accadere. i tempi di un'emozione divorante e totalizzante. i tempi non della calma ma della tempesta.
ricorda quando la vetrina neppure la vedeva, ne coloro che trascorrevano il tempo a guardare accadere vite altrui.
oggi mi sento come quei modelli in vetrina così criticati per l'inumanità di un mestiere assurdo e svilente. eppure non mi sento svilita. solo ovattata nei ricordi.
sarà la claustrofobia di questa prigione senza pareti, saranno i sogni di anni lontani.
non ero felice ma potevo sognare di esserlo.oggi, essendo felice, diventa paradossalmente più difficile sognarlo.
le notti sveglia fino all'alba ci saranno ancora ma ironia vuole che il motivo sarà così diverso da renderle imparagonabili.
forse è solo nostalgia di vite non vissute, di tempi dove tutto poteva accadere.
forse solo incapacità di gestire questa strana cosa che ho tra le mani senza sapere che farmene che è l'essere tutt'a un tratto e definitivamente adulti.
fatemi tornare ragazzina 10 minuti e stravolgerò la mia vita. o forse no. ma certi dolori e certe gioie cristalline mi appaiono perse per sempre nella loro ingenuità.
oggi mi sento troppo vecchia per certe emozioni, troppo compiuta per riprovarle, ma terribilmente inesperta su quello che ora sarà la mia vita.
cosa succede dopo l'happy end delle favole? non ci sono guide per vivere, dopo.


martedì 16 agosto 2011

bonaccia d'agosto

letto, libro, pc sulle ginocchia, gatto nella sua gabbia di malato che miagola con poca voce, bucati da stirare, amici non pervenuti, tutti in ferie, lui a lavoro -ma si può lavorare il 16 agosto?..eh si-

qualche giorno fa mi ha chiesto: non ti annoierai? e io ho risposto ma figurati.. e invece. sarà perchè sono bloccata in casa a badare al gatto.. ma uscirei se così non fosse? chissà.. nulla da fare, cioè qualcosa si ma zero voglia.. non proprio noia, ma uno stato di apatia, solo immaginazione e favole a tenermi compagnia.. cosa sarà di me? domanda fatta senza particolare intensità, solo un pezzetto di legno alla deriva, galleggia nei miei dubbi e nella mia stanchezza..
se nche uno solo dei miei sogni fosse reale, potrei trovare l'energia per buttarmi ma la bonaccia di agisto non solo calma i sensi ma blocca i pensieri compiuti e rallenta l'azione. ci vuole settembre, la sferzata d'energia dell'inizio dell'anno per farcela.. per fare progetti, cercare di costruire, credere nei sogni.. per ora non sono meno in gabbia del mio gatto, solo che mi lamento meno..

giovedì 11 agosto 2011

la vita non è un film

canzoni malinconiche o arrabbiate mi girano in testa, frammenti di sogni come spezzoni di trailer, immagini rubate a vite altrui. e un senso di inadeguatezza, di non -partecipazione, di assenza.
a volte ho la sensazione di aver fatto molta strada, a volte mi sembra di girare in loop, sempre al punto di partenza.
ho tanti pensieri confusi, ferite riaperte, blocchi mentali.
mi chiedo spesso: e dopo?
ma non sto cercando davvero una risposta.

quello che chiamo pigrizia mentale, è paura.
quello che chiamo fastidio, è dolore.
quello che chiamo non accettazione, è abbandono e rifiuto.
quello che chiama autenticità, per me è perfezione.
quello che chiama autenticità, per lei è autenticità.
finchè le parole non riacquisteranno il loro vero significato, non potrò dire di averle superate.
finchè non so andare via per non dover un giorno lasciar andare, non sarò pronta.
finchè non accetterò che non posso garantirmi alcun amore ne preservarmi da alcuna delusione, non potrò dire di aver imparato a vivere.

il mondo è troppo grande per fermarsi sul ciglio.

lunedì 8 agosto 2011

pensieri notturni e natale estivo

sono le 2 del mattino ma non posso dormire..la mia mente corre veloce, sono una fucina di idee..come spiegare a qualcuno quello che provi per lui, quali parole, quali immagini e gesti possono rendere concreto e tangibile, l'universo che ho dentro?
tutto mi appare banale, non conosco modi per reppresentare l'amore.. dire ti amo, dirlo spesso, lo rende scontato, come quando ripeto troppo spesso una parola, si sfalda, perde di significato, mi incanto a ascoltarne il suono.
e invece io vorrei che l'uomo caramella potesse almeno una volta sentire, davvero, veramente cosa significa per me. vorrei vederlo stupito come un bimbo il giorno di natale davanti all'albero.
il mio amico artista mi ha dato l'idea. ora fibrillo di metterla in pratica. per questo non ho sonno. aspetto domani e i giorni che verrano per metterla in pratica, vederla crescere piano e in segreto per disvelarla sabato. penso a ogni dettaglio, ai particolari, cosa scrivere e cosa omettere..so che sarà faticoso e stressante ma pregusto il mio natale di ferragosto quando spero di poter stupire chi ama stupire più che essere stupito, chi ama donare più che ricevere.
quando spero potrò, senza parole, dire tutto quello che le parole non saprebbero dire.

stanotte ho sentito il temporale arrivare. un nuro d'acqua si muoveva compatto dal lago fin qui. non l'ho visto ma l'ho sentito e poi l'aria si è fatta più fredda e il rumore da cascata lontana è diventato rombo e poi pioggia d'aprile in agosto.

ho passato 3 giorni in compagnia di un cane e una bimba di 1 anno e mezzo. il cane non mi piace, la bimba si.. forse presto sarà tempo..chissà...la vita cambia carte in tavola fin troppo spesso.

pensieri notturni al gusto di sigarette,vecchie canzoni e fusa di gatto.

sabato 30 luglio 2011

partenze e ritorni

valigie fatte-disfatte-rifatte.casa sottosopra, gatto che vaga perplesso tra bucati da stirare, da stendere, da lavare. niente asciugato in tempo per finire nella nuova valigia, pochi amici incontrati tra un biglietto, un appuntamento e una coda in autostrada. altri li ritroverò alla fine dell'estate, altri tra un anno e non sono quelli conosciuti in vacanza.
mi piace partire quando tutti sono ancora qui e tornare con la città vuota, appena prima di rimanere sola, salutare tutti e sapere che la città sarà mia per almeno una settimana. solo mia e di qualche impavdo turista giapponese a cui non hanno spiegato che agosto non è il momento migliore per visitarla.

mi piaceva ancora di più quando i negozi chiudevano sul serio, non sapevi dove trovare da mangiare, pochi locali aperti, quasi nessuno in giro fino a sera tarda.
ritorno e poi riparto e alla fine di questa estate odore di libri e quaderni nuovi e vestitini per la scuola e astucci e cartelle, e un kilt rosso e verde e le calze che pungono e le college e che fastidio rimettere le scarpe.
e alla fine di questa estate che non ho più 7 anni e l'estate non è il concentrato di vita e noia e gioia e tristezza che era allora.
e alla fine dell'estate saluto chi parte davvero, veramente. e sento già nostalgia per loro e sento già malinconia e sento già i piedi che vogliono muoversi e sento già prudere le mani per la voglia di fare, fare, fare. per la voglia di prendere anch'io un aereo -diverso. altra destinazione- e partire e andare di corsa a ri-prendermi la vita e a vivere vivere vivere.
è più facile per chi parte, diceva un'amica quando partivo io. non le avevo creduto. sciocca.

martedì 19 luglio 2011

impossibile

non posso chiedere a un gatto di farsi coccolare solo perchè so che non lo vedrò per molto tempo. è un animale selvatico, che vuole i suoi spazi. è lui che stabilisce i tempi, lui che fa battere il ritmo della nostra relazione.

non posso chiedere al tempo di cambiare velocità. a volte troppo lento, ora troppo veloce, e io ho ancora tate cose da fare. ma lui implacambile e indifferente come la natura matrigna di leopardi, continua a muoversi sui suoi binaru. e io posso solo assecondarlo.

non posso chiedere al cielo di schiarirsi anche se queste nubi plumbee e l'aria fredda mi immalinconiscono. lui segue logiche a me imperscrutabili. posso solo prendere l'ombrello e sognare soli lontani.

non posso chiedere a chi amo di pensarla come me, di soffrire quanto io penso sia giusto, di vivere come vivrei io, posso solo star loro vicino, cercare di dare loro un'altra prospettiva, ma alla fine la storia è la loro e non la mia.

certe volte il mio narcisimo onnipotente allarga le braccia e scuote la testa di fronte alle mille cose che non può proprio gestire, neppure con sforzi titanici. certe volte sono io che alzo le spalle, accarezzo il gatto, sono in ritardo, prendo l'ombrello, sorrido a chi amo e vado via.

lunedì 18 luglio 2011

sincerità e veleni


L’uccellino, la mucca e il lupo siberiano

Un uccellino nel freddo inverno della Siberia, si mise a saltellare sul ramo di un albero.
Provò a volare ma per il freddo le ali gli si erano gelate e cadde dall’albero nella neve.
L’uccellino stava già per morire quando un mucca, che rientrava nella stalla, lo vide.
Voleva salvarlo, ma non sapeva come…
La mucca si mise in posizione e…plaf:
l’uccellino si ritrovò nel calore che lo sterco della mucca aveva prodotto.
Quel calore lo salvò e gli fece recuperare le forze.
Quindi la mucca se ne andò.
Sembrava che tutto si fosse risolto per il meglio.
Ma….arrivò un lupo siberiano,
che per tutto il giorno aveva vagato nella neve alla ricerca di una preda, senza trovarla.
Vide quell’uccellino che si coccolava felice al caldo nello sterco della mucca.
Il lupo, affamato, allungò una zampa…schifato.
Afferrò l’uccellino…lo pulì, alla meglio, sbattendolo nella neve fresca…e poi lo inghiottì.

Morale:
Non sempre chi ti mette nella merda lo fa per il tuo male.
Non sempre chi ti salva dalla merda lo fa per il tuo bene.

me la racconta spesso la mia psico, per spronarmi a sentirmi libera di manifestare i miei malesseri anche quando temo che possano mettere in dubbio persone che amo e penso che potrebbero soffrirne, quando mi dice di dire quello che penso anche se non sarà consolatorio, semplicistico e facile come quello che l'altra persona potrebbe voler sentire. so che ha ragione ma per ora non ci riesco, non ancora..rientro in modelli consolidati, mi arrabbio perchè sento ricatti morali che come lacci mi stringono la gola, do quello che penso faccia meno male su momento per non dover pagare conseguenze che non saprei gestire.. eppure so che sto dando veleno in gocce, invece che una medicina schifosa ma sana..avveleno piano chi amo per paura del confronto.. se lo scrivo, mi faccio paura da sola.. ma la vita è sempre un po' più complicata di come me l'aspettavo, le relazioni sono sempre un po' meno bianche o nere.. amare non sempre significa fare del bene all'altro. scuse? forse, ma la sincerità è un lusso che non so ancora permettermi.

martedì 12 luglio 2011

appena sotto la cenere..

..brucia un fuoco che non so spegnere.
mi sento al limite, ogni fibra del mio corpo vuole correre via, vuole scappare, liberare energia compressa troppo a lungo. sono stanca, stufa stufissima. voglia di essere altrove, lontanissima, voglia di poter dire che tengo tra le mani la mia vita. e so che è così, ma gli occhi non riescono a guardare le mani. è come se avessi corpo e cervello scollegati, gli impulsi neurotrasmettitori non precepiscono la sensazione delle mani piene, nè l'ordine agli occhi di guardarle, quelle mani e vedere che la mia vita è lì.
e allora mi sento sopraffatta, devo fermarmi, respirare per bene, costringermi a reagire, a non farmi incastrare, di nuovo, nuovamente negli schemi mille volte provati, mille volte conosciuti,  nel malessere di fondo che mi mi assale, e sale alla gola, e mi fa mancare il respiro e mi fa venire voglia dell'ennesima sigaretta.
devo respirare, ritrovare il senso, scartare e tagliare fette di ansia che non hanno ragione d'essere. sbucciarmi come una cipolla, spogliarmi di una pelle che non è mia, di dolori che non sono miei, impazienze insensate.
faccio quello che voglio, lo so, e mi piace. ma affrontarlo concretamente, litigare con la memoria distratta, costringere la mente a reimparare altre forme di immagini che non passino solo dagli occhi è maledettamente difficile. e allora a volte mi sento così, schiacciata dal peso del dover fare, dimenticando la gioia del poter fare.
e poi i dolori altrui continuano a ferirmi. il senso di responsabilità e impotenza mi annienta.. egoisticamente vorrei stesse bene per non dovermi occupare di lei. per potermi occupare di me.
cerco una via d'uscita, scrivo, razionalizzo, ma il magma dentro me continua a ribollire senza tregua.

sabato 9 luglio 2011

efecto mariposa

non posso mettere collane perchè soffro di cervicale, il peso sul collo mi causa dapprima fastidio che lentamente si tramuta in irrigidimento dei muscoli, sottoposti a un così lieve sforzo eppure così fragili, infiammazione e dolore. dolore sordo che sale a ondate, dolore acutissimo in qualche punto del cranio, un dolore accecante e intollerabile, che passerà solo con una dose massiccia di medicine: non basta sfilare la collana, un massaggio, dormirci su, solo composti chimici possono riportarmi alla ragione.
tutto questo per una banale collana.


eppure. oggi pensavo, sfilando a suddetta collana e maledicendomi per essermi fatta convicere a metterla, pensavo appunto a quanti gesti e parole che a prima vista appaiono insignificanti possano scatenare dolori che nessun composto chimico può sedare, cuori infranti, vuoto davanti a noi.
a volte basta un ciao. la parola più indolore e innocua del mondo.
dipende dal tono, immagino, da quanto appaia definitivo.

a volte il modo in cui per la millesima cosa fai una cosa così irritante fa scattare nell'altro qualcosa, e allora il modo in cui pieghi la tovaglia per riporla, il posto dove appoggi/butti i calzini sporchi fino all'indomani, la voce con cui parli al telefono con la tua amica, tutti questi innocui, e persino sciocchi, difetti possono essere l'ultimo gesto che condividerai.

ecco oggi pensavo a questo: i dolori più intollerabili e accecanti nascono da gesti e parole così innocue, il che sembra un paradosso.
D'altronde si dice che il battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo..

forse oggi ho solo scoperto l'efecto mariposa, non ci avevo mai pensato, ma la vita a volte è davvero assurda.


giovedì 7 luglio 2011

Chi muore 

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,

ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia, chi non rischia
e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce
il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme
di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica,

chi non trova la grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa
che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento di una splendida felicità.


Pablo Neruda

domenica 3 luglio 2011

scissa

"A volte mi dimentico di quanto sei bella, di come il tuo sorriso si apra al mattino come un sole, svegliandoci."

anche io me lo dimentico a volte.. in questo momento di rabbia repressa, di inconprensione, sono un calderone che borbotta non ancora pronta a esplodere, perchè non voglio fare il botto, voglio abbassare la temperatura, trovare le parole giuste che non siano condanna e rabbia e imposizione, ma miele che convince e vince dolcemente, perchè adesso sembreremmo dalle due parti della barricata, ma siamo soldati amici nella stessa trincea, e se non vinciamo insieme, perderemo entrambi..e lo so, ma ho tutti questi crediti, tantissimi, nelle tasche, tutti ma nessuno li vuole, nessuno sa che farsene, sono monete fuori corso..e io non voglio usarli contro di te..
ma mi accorgo che mi dimentico quanto sei bello, e quanto ti amo, e questo mi fa stare male.. perchè se non riesco ad accettare che tu non lo fai contro di me ma per difenderti è tutto vuoto a perdere.. è dolore inutile e tristezza e solitudine e ripicche di bambini arrabbiati..
e non è quello che voglio per noi.. io voglio che ci siano giorni splendenti, paperette e laghi calmi. voglio sorrisi, amore e gioco.. e voglio anche discutere se servirà, e raccontarti il mio mondo mille volte, cantartelo dentro finchè non risuonerà anche a te..
ma ora sono arrabbiata, non ci riesco..e mi dimentico quanto sei bello..e un giorno passa ed è sprecato per la rabbia che c'è dentro me. quando sei scissa, essere uno diventa davvero difficile.

venerdì 1 luglio 2011

la storia sembrava un'altra..e invece

toccava a te il ruolo di quello forte, quello sicuro, quello che sa sempre cosa pensa, quello che si mette in discussione per crescere, quello che dialoga, quello sereno, quello sa cosa vuole, quello senza ansie, dubbi, incertezze, fragilità..
no aspetta forse questo è il copione di un film americano e tu non sei bruce willis.. forse hai voluto crearti questo copione, e io all'inizio ho voluto crederci, perchè mi era molto funzionale..
poi qualcosa è cambiato. io ho imparato a fidarmi di me, ho capito almeno un po' chi sono e piano piano ho iniziato a vedere dietro quella tua aria serena e sempre positiva.. e ho visto le tue fragilità. e ti ho amato anche per questo. ma guai a dirtelo, diventi una bestia.. ego maschile in rivolta al sospetto di non essere superman.. orgoglio ferito, narcisismo in allarme rosso..
un po' mi fai incazzare e un po' mi fai sorridere.. ma ti sembro il tipo che potrebbe amare bruce willis??? ma dai.. io amo te, allegro e sorridente, te fragile e duro, te buffo e problematico..
qui non c'è nessuna famiglia mulino bianco, scordatela.. e per fortuna.. noi siamo veri, e questo ci rende bellissimi.
ma tu proprio non c'è la fai a sentirti mettere in discussione, nonostante le tue dichiarazioni.. delitto di lesa maestà..e allora mi ispirerò alla massima de "il mio grasso grosso matrimonio greco": gli uomini sono la testa, ma le donne il collo che la fa girare..
devo solo trovare il modo per metterti davanti alle tue fragilità, rassicurandoti e aiutandoti a risolverle, senza trovarmi contro il muro delle tue paure inespresse e del tuo ego ferito..
non sarà facile, ma se tu non sei superman, chi ha detto che io non sia wonder woman?

giovedì 30 giugno 2011

e vissero tutti felici e contenti

ma solo nelle favole, la vita va così.. l'altra quella vera, è  faticosa, è un continuo compromesso, è un mescolare spazi, idee, volontà, valori e principi. è cedere un po' per uno e a volte non cedere affatto, a costo di litigare muso duro, perchè tutto posso prescindere ma non me stessa. ci sono cose a cui non posso rinunciare, che non posso accettare. cose che vanno spiegate mille volte perchè almeno se non condivise siano accettate.
a volte se mi concentro troppo su di me, se lascio che l'orgoglio abbia la meglio, che il narcisismo esploda, allora mi viene da dirmi che è troppa fatica. a volte quando ho paura che lui non capisca o mi deluda o non si trovo in compromesso, allora mi viene da dirmi non vale la pena.

ma poi. poi lo guardo. poi lo penso. poi lo sento sulla pelle e nelle ossa. e si, ne vale la pena.
ma per favore impicchiamo chi scrive storie per bambini con quel finale cosi facile, veloce e semplicistico.
perchè il difficile non finisce quando trovi una persona da amare, il difficile è continuare ad amarla, crescere con lei, evolvere insieme, trovare il punto di equilibrio sottilissimo tra essere me stessa e essere anche -e non solo- noi.
perciò non racconterò ai miei futuri figli neppure una storia di walt disney, perchè sappiano che la felicità costa, è una continua flessibilità nella propria scala di resistenza, come un metallo che si può piegare ma se si esagera si spezza.
o forse no, forse gli racconterò quelle favole, e accanto cercherò di essere io l'esempio che non è tutto così piatto e magico come in quelle paroline.

comunque si, io a Mr. Disney, i danni glieli chiedo..

martedì 28 giugno 2011

cattiva

di tutto quello che scrivo, di quelle parole che compongono il lungo rosario della memoria e delle emozioni, alcune sono così attuali da far piovere lacrime, altre mi fanno sorridere nel ricordo di dolori e dubbi ormai superati.
di tutto quello che scrivo imparo scrivendo il valore terapeutico, il mio personale manuale di costruzioni.
in tutto quello che scrivo non trovo neppure una risposta ma mille domande, alcune a cui non ha più senso cercare una risposta, altre che neppure erano altro se non abbozzi e oggi sono pressanti, lucide e definitive.
vorrei fare ordine in me, ripulendo casa, vorrei avere stracci e sapone per lavare l'anima, scrostare i ricordi dolorosi, sciogliere i dubbi irrisolvibili, spazzare via le ansie e lasciare tutto pulito e limpido profumato di limone.
ma non conosco prodotti per ripulirmi l'anima, vorrei esistesse una confessione che possa assolvermi dai miei peccati, ma non c'è possibilità che io mi autoassolva e non 'è dio a cui possa delegare questo potere.
la cattiveria è un concetto astratto e religioso oppure una realtà? come raccogliere i cocci della bambina che sono stata e spiegarle qual'è il vero senso di questa parola senza perdermi nelle sue sfaccettature? come discriminare capricci, sano egoismo e cattiveria? ma in una mondo totalmente relativo non troverò giustificazioni a ogni possibile forma di cattiveria? come si può dire a un bambino che è cattivo se nelle sue azioni manca il discernimento e la malizia?
e un adulto? quali sono le cattiverie reali e quali il retaggio di un codice morale non scritto e mai consapevolmente accettato che divide buoni e cattivi? ma poi cos'è la cattiveria in fondo?
sono io cattiva? e lo sono consapevolmente? oppure i sensi di colpa per ciò che non so spiegarmi e vorrei non fosse accaduto sono ricordi di inferni danteschi raccontanti per sopire ribellioni e vivacità ritenute eccessive da chi non sapeva più commuoversi alla vita?

se le risposte fossero dentro di me, linde come i pavimenti dopo le pulizie, avrebbero più valore delle domande?

lunedì 27 giugno 2011

fiducia

vorrei essere serena, almeno quando apro gli occhi e fuori c'è una splendida mattina d'estate, il mio gatto fa le fusa, il libro che mi attende sembra interessante. e invece.
saranno i sogni confusi che mi restano appiccicati addosso, vischiosi e senza nome, sarà che ho sempre bisogno di agenti esogeni di stress, ma mi sveglio e mi sento piena di buchi, come un calzino da rammendare.. e da quei buchi scivola via la serenità.

ci sono rapporti incrinati che non so risistemare, amiche che partono lasciandomi un vuoto, ruoli che non mi si adattano più ma che sono gli unici che conosco, momenti di sconforto.

la psico dice che la mia testa è molto più rigida del mio io.. non riesce ad abbandonare i modelli conosciuti, per lanciarsi nelle possibilità, nella flessibilità di non averlo un ruolo.. e anche per questo resto pesante. dice che dovrei fidarmi di più dell'istinto.
ma il mio problema è che quando sto bene, inizio a star male.. non so stare nel bene, mi agito, mi incasino, ho bisogno di preoccuparmi.. oppure è solo quello che mi dice la testa..

ma se non mi fido della mia testa come posso interpretare i miei umori metabolici? l'istinto saprà parlare una lingua che io possa capire?
strano come sia più difficile fidarmi di me stessa che degli altri. come una persona razionale come me debba scoprire che è proprio la razionalità quella di cui non deve fidarsi..
alla fine è sempre questione di fiducia..

venerdì 24 giugno 2011

stato di grazia

e se fosse tutto qui? se la rincorsa frenetica, quotidiana, a tratti angosciante alla felicità si arenasse come una barca dopo la tempesta su una spiaggia docile di sole, una pila di libri, un placido weekend davanti a me, un gatto che fa le fusa, caffè e sigarette.. perchè rincorrere un'idea di perfezione irraggiungibile quando tutto quello che voglio è qui, steso di fronte a me come il bucato che si asciuga al sole?
non sarà la felicità totale, elettrizzante e pura delle emozioni forti, ma è la pace del cuore, il ristoro dell'anima, un momento che solo, semplicemente vale la pena di essere vissuto.

oggi mi sento come alex, che non vuole frustrare il suo se stesso di oggi in vista di una futura serenità così guerreggiata da essere ormai martoriata.

giovedì 23 giugno 2011

tell a story

ho conosciuto una guaritrice nella foresta.. ero sperduta laggiù, lontana dal mio mondo fatto di cemento e farmacie. ero sperduta e malata. solo lei poteva aiutarmi. aveva il potere di tutti gli dei, splendeva di una luce interiore intensissima. l'ho amata dal momento in cui l'ho vista, bellissima, potente, fiera.
mi ha guarito l'anima e le ferite, mi ha amata anche lei. mi ha  voluta accanto a lei per imparare a guarire come lei aveva guarito me.

ero felice, di una felicità vibrante, il mondo era pervaso da energie sconosciute che potevo dominare, se solo le ero accanto.
ho dovuto abbandonarla, tornare al mio mondo di cemento e farmacie. quando ci siamo separate lei mi ha detto che saremmo sempre state insieme. io le ho creduto, non volevo partire, non volevo lasciarla, lo giuro. la amavo. mi aveva insegnato tutto, e sapevo che poteva insegnarmi ancora. era fonte d'acqua fresca e di vita. ma l'ho lasciata. lei che vedeva più lontano mi mentì, dicendomi che nulla tra noi sarebbe cambiato.
sono tornata al cemento e alle farmacie. sono tornata. i primi mesi la cantavo nei voli di gabbiani, la vedevo nell'odore della terra, mi sentivo ancora accanto a lei..ma il tempo è impalcabile, cancella ogni traccia, come la pioggia che ripulisce queste strade inquinate.
l'ho chiamata così tanto che è arrivata. ma non era più lei, quella forza, quell'alone che mi avevano incantato erano sparite. non era più la mia fata morgana. era piccola e fragile, sperduta nella città come io nella giugla. e io la rifiutai. non ebbi la forza, o la capacità di donarle la magia che lei aveva donato a me nella giugla. semplicemente mi vergognai. mi vergognai di lei, mammana senza aura, delle sue pozioni da circo, delle sue superstizioni selvatiche. mi vergognai di me, perchè non l'amavo più, ed era bastato spogliarla della luce tropicale per smettere di amarla; non l'amavo più perchè ora era lei ad aver bisogno di me, lei che era sperduta e doveva essere amata e curata. mi vergognai perchè aveva bisogno di me e io non potevo più avere bisogno di lei nel mio mondo di cemento e farmacie.
credo abbia capito, ma i suoi occhi non splendevano più lontano dal suo mondo e io non conoscevo le formule delle sue magie per leggermi.

da allora il suo solo nome mi fa tremare di vergogna. certe volte non bisognerebbe mai portare una fata lontana dalla sua foresta. certe volte mi piacerebbe sapere se potrei mai riamarla ora che non splende più..
amavo lei, o quello che in lei era promessa di quello che avrei potuto essere?

C'è sempre qualcosa di ridicolo nei sentimenti di chi non amiamo più. 
Oscar Wilde