gamibu

gamibu

domenica 7 dicembre 2014

nervosa

che a me le vacanze di natale per antonomasia significano stress.
che mi sembra di sbattermi un sacco per niente.
che sono stanca morta e i weekend orami non riesco mai a riposarmi.
che mi sento strattonata in troppe direzioni e prima o poi mi spezzo. o inizio a urlare e non mi fermo piu'.
che oggi non tollero la falsita', le ipocrisie, la stupidita'. piu' del solito intendo.
che vorrei solo dormire.
che mi sento presa in giro e questo mi fa impazzire.
che non basta mai.
che vivo di scadenze, e incastri e partenze e ritorni e saluti e tempo contato.
che vorrei poter dire che in ferie non sara' cosi', e invece sara' peggio.
che niente, oggi e' tutto schifo e dolore.
vado in off. 

giovedì 13 novembre 2014

homesick

mi manca casa, mi manca cosi' forte. 

mi mancano il freddo e le luminarie di natale.
mi manca il profumo di caldarroste e pioggia nell'aria fredda della sera.
mi mancano il piumone e una tazza di the caldo e un serial in tv.
mi manca il lago e le colline, l'odore della terra e dei boschi.
mi manca anche la citta', le sue luci, le persone frettolose, i marciapiedi umidi e gli scorci inaspettati.
mi manca la mia lingua, musicale e semplice. mi manca anche se la parlo tanto. mi manca perche' sono circondata da una strana lingua, suoni diversi che non sempre so decifrare.
mi mancano gli amici, gli aperitivi e le parole in circolo, le chiacchiere leggere e il capirsi con uno sguardo. 
mi manca mia madre che fa l'albero e si agita per i regali. mi manca mia sorella perennemente insoddisfatta.

mi manca la bellezza, cosi' tanto che fa male, cosi' tanto che toglie il fiato.
mi manca perche' qui é cosi' difficile trovarla. è nascosta, sepolta, spesso irraggiungibile.
e io ho bisogno di bellezza. non pensavo di poterla agognare cosi' tanto.

e niente. solo che a volte sono cosi' homesick che dimentico che sono felice, che amo quello che faccio e che sono, che mi piace vivere fuori.
a volte, semplicemente, la malinconia è troppa. 
e allora conto i giorni che mi separano da casa e mi cullo nei ricordi.

venerdì 7 novembre 2014

di esami e pensieri confusi

giorno d'esami e io mi sveglio con il mal di gola e il raffreddore. maledetta aria condizionata a novembre.
e mi sveglio che non ho nessuna voglia di fare quel maledetto ultimo ripasso che dovrebbe farmi entrare in testa tutte le informazioni che stasera mi salveranno dal fare scena muta.
mi alzo con mille altri pensieri. ma io sono fatta cosi': il giorno fatidico, sono gia' oltre, presa da mille altri piani e progetti.

che sono un po' arrabbiata perche' con tutte le cose da fare ho trascurato il mio sogno, che non e' proprio finito in un casetto, ma sotto pile di carta, si. e non trovo il tempo per spolverarlo, ecco.

che sono a casa da sola anche questo weekend e a volte mi chiedo se sia meglio cosi' oppure no.
che mi sembra di fare troppe cose insieme e non farne nessuna.
che odio avere il raffreddore.
che sono gia' tesa ora per il ritorno a casa per natale, perche' io non amo questo paese, no, proprio no, ma io vivo qui e la somma delle aspettative e delle domande che arriveranno mi ammazza.

che la gente pensa che io voglia cose che forse non voglio o forse non potro' avere e faccio confusione e non so piu' dove e' il confine tra me e loro, tra volere e potere.

che cerco di mantenere la calma, la maggior parte del tempo, e a volte non ce la faccio.
che c'ho un sogno che rischia di finire nel cassetto e questo mi fa imbestialire.
che mi mancano i miei amici, quasi sempre.
che sono stanca e malata, e non ho proprio voglia di studiare.
che domani sara' un'altro giorno, come diceva Rossella, e l'importante e' avere sempre una Tara a cui tornare. che forse il problema e' proprio capire quale sia la mia Tara.
che ci pensero' domani.

venerdì 10 ottobre 2014

umani e calzini

mi sono svegliata con l'immagine di certe giornate pigre condivise con amici che non ci sono piu', giornate che non torneranno mai. Ho lasciato che i ricordi mi guidassero in un mondo di nostalgia.
Ho lavorato tutto il giorno, sola, con l'unica compagnia di musica malinconica e un desiderio impellente di fare qualcosa per me, ma non l'ho fatto.
mi sono chiesta per l'ennesima volta nella mia vita, perche' non posso essere pulita come un calzino, perche' non posso avere sogni lineari e desideri realizzabili. mi sono chiesta se questo dipenda proprio dal fatto di non essere un calzino ma un umano. Mi sono commossa davanti a un film e a una canzone che mi ricordavano tutto e niente. Ho provato il desiderio struggente di qualcosa che non so definire. e questo mi ha fatto sentire ancora piu' umana.
vorrei saper creare anch'io una bellezza dolorosa e dolcissima, ma forse e' semplicemente il desiderio di ognuno di noi, quello di sentire che esistiamo davvero e non ci limitiamo a sopravvivere.
ho coccolato il mio gatto e l'ho invidiato perche' si accontenta semplicemente di vivere e non anela a nulla di piu'. poi l'ho coccolato ancora e mi e' dispiaciuto per lui perche' si limita a vivere.
ho lasciato che lacrime insensate rigassero il mio volto e mi sono permessa di essere fragile una volta tanto, senza nessun testimone, tranne un gatto che non parlera'- me l'ha promesso.
mi sono sentita ferita,senza aver idea di cosa mi ferisse: i ricordi, la musica, le mie stesse parole. Ho lasciato che tutte queste cose mi ferissero. perche' so che e' una ferita che si potra' curare. a suo modo e' anche una buona ferita. e se lascera' la cicatrice, non me ne dispiacero'. e' solo un altro dei modi con cui mi ricordero' di essere umana. con cui mi ricordero' che esisto e non mi limito a sopravvivere.

ah, ho anche desiderato essere a casa, e poi mi sono ricordata che ci sono, a casa. e allora non ho saputo piu' cosa desiderare. e ho smesso di piangere e sono tornata al lavoro. e ho curato la ferita. passera', dicono. io dico di no. ma non importa, davvero, non importa. e' bello essere umani a volte, quando non vorrei essere un calzino.

martedì 7 ottobre 2014

ferite e croste e felicita'

e insomma divento zia.
e sono felice. e scavo dentro di me cercando una punta di invida o frustrazione.
e se scavo bene bene la trovo, ovvio: il primo nipote, il piu' amato, sempre.
ma per il resto scavo scavo e non trovo altro.

e mi chiedo se sono onesta con me o scavo nei posti sbagliati per dimostrarmi che non sono invidiosa.
e poi mi chiedo se e' come quando da piccola le cedevo la bambola piu' bella, tipo un risarcimento, perche' mi sento sempre in difetto nei suoi confronti.

e poi mi chiedo se queste paranoie, questi pensieri contorti sono solo l'ennesimo tributo alla mentalita' perversa che imperversa nella mia famiglia.

non potrei essere solo felice? eppure, prima ancora che mia madre osasse ammetterlo, l'ho sentita nella voce di mia sorella, quell'incertezza di chi comunica una notizia e teme che possa ferire, possa grattare croste non ancora rimarginate. e mi chiedo, allora: dovrebbe esserci questa crosta? perche' io non la vedo, non la sento.

c'e' ed e' nascosta cosi' bene che non la trovo o semplicemente non c'e'?
e dovrebbe esserci? cioe' sono strana, non empatica, fredda, come credono loro o sono sana?

dovrei essere triste e frustrata? perche' sinceramente non lo sono.

e allora forse hanno ragione loro: io un figlio non lo voglio. o non lo voglio abbastanza o nel modo giusto, come mi accusano loro.

non so piu' dov'e' il vero e il falso.
a me sembra di star bene, di essere serena, di accettare quello che viene o non viene.
pero' loro riescono sempre a farmi sentire, non so', sbagliata. cose se non mi credessero davvero, come se fosse inconcepibile la mia serenita'. devono sempre mettere il tarlo, farmi dubitare di me, farmi sentire come una che mente a se stessa prima che agli altri.

e allora io mi trovo piena di domande sempre piu' involute. e mi chiedo se sto cercando di capirmi o solo mi sto immaginando piu' complicata di quello che sono.
perche', accidenti, qualche volta una mela e' solo una mela. e se anche scavando io trovo solo la mela, forse allora sono solo felice e basta.

pero' appena sotto la superficie c'e' una ferita,e chissa' se le farebbe felici saperlo, perche' la crosta non e' quella che si aspettano, non e' se sono felice o no per questo bambino, ma se saro' mai accettata nonostante sia serena e non involuta come loro. la ferita c'e', ma l'hanno appena riaperta per l'ennesima volta loro.

venerdì 19 settembre 2014

panta rei

e' appena partita la mia adolescente preferita. e abbiamo passato una settimana insieme, piena di cose da fare e persone da vedere e cibi da assaggiare e.

ogni volta che viene e poi va, mi lascia dentro un desiderio di esserci di piu', ma poi sono sempre troppo pigra o estranea per esserci davvero. sara' un pensiero egoista ma per fortuna ha persone piu' affidabili nella sua vita. pero' insieme ce la spassiamo parecchio e almeno per quel che mi riguarda e' un pezzo importante anche se un po' mobile di me.

e' altamente probabile che la mia vita sara' stravolta nelle prossime 72 ore. e ho paura e ho sono entusiasta. e non vedo l'ora che succeda e temo che me ne pentiro'. e spero di trovare in fretta un nuovo equilibrio, perche' nessuna scusa sarebbe migliore per boicottare una volta di piu' il mio sogno nel cassetto, ma sono davvero una persona testarda e non voglio mollare. non stavolta accidenti. stavolta no.
pero' temo che questa nuova cosa mi dreni completamente e anche se l'ho voluta io, non e' proprio come pensavo e non sono pronta a rinunciare al mio sogno.

non so mi sento confusa e incasinata e non a posto. come se avessi un buco nello stomaco che non so chiudere e una difficolta' strana a respirare. e vorrei solo rimettere tutto a posto, ma non so come.

allora respiro, mi fermo, respiro di nuovo. metto su la musica. le cose vanno avanti che io lo voglia o meno. basta solo avere il coraggio. adesso lo cerco, perche' entro 72 ore me ne servira' davvero un bel po'.

mercoledì 10 settembre 2014

momenti

quando superi te stesso, c'e' un momento in cui ti senti davvero bene.
non e' una gara con qualcun altro, non hai bisogno di dirlo a nessuno.
pero' la soddisfazione e' di quelle vere, di quelle che restano.
quando pensavi di non farcela, e ce la fai.
quando corri un altro kilometro, appena un po' piu' veloce.
non metterai il risultato su fb, ma tu l'hai visto. era li', era tuo.
quando non ti lasci abbattere dalle difficolta'. quando ce la fai.
non significa che tutti i giorni saranno splendenti, ma che avrai momenti splendenti.
momenti in cui tutti i pezzi si incastrano al posto giusto.
momenti in cui non devi aver paura della delusione.
momenti in cui sei la persona giusta nel posto giusto. per te.

momenti splendenti, insomma.
quelli per cui vale la pena di.

domenica 31 agosto 2014

certi giorni no

ci sono giorni, come ieri, in cui mi sveglio e mi sento una privilegiata, perche' la vita mi ha offerto non una ma infinite seconde possibilita'. perche' ho scelto di inseguire i miei sogni, di regalarmi non attimi ma anni per fare quello che amavo. perche' ho l'opportunita' di vivere non una ma cento vite. di conoscere paesi diversi, e culture diverse, di studiare lingue che non usero' mai piu'.

e mi sveglio piena di entusiasmo e gratitudine e aspettative.

poi ci sono giorni, come oggi, in cui mi sveglio e le distanze pesano come macigni sullo stomaco. in cui la lontananza e' semplicemente devastante e io non trovo un solo motivo per essere grata o felice. giorni in cui il bisogno di stare con chi amo non si puo' curare con il palliativo di un wazzup. in cui servirebbe un abbraccio vero, un contatto fisico.

e mi sveglio piena di tristezza e ansia e solitudine.

e allora mi dico, dipende solo da come guardi le cose. perche' tra ieri e oggi non e' cambiato proprio nulla. chi amo e' nello stesso posto e io pure. ma ci sono giorni in cui non riesco proprio a tirar fuori l'entusiasmo.  non so perche': non puo' essere perche' svegliandomi ho letto il wazzup di un'amica che stava in discoteca a diversi fusi orari da qui. non e' invidia, solo la percezione che una vita continua, parallela alla mia, e io non ne faccio piu' parte.

e mi cala addosso la certezza che e' finita. e lo sapevo. e so che ho detto che stavo bene. solo che non sto sempre bene. a volte semplicemente e' troppo. e allora chiudo gli occhi, cerco un equilibrio nel respiro. magari adesso esco a correre, perche' la fatica lavi via la tristezza. o forse me ne staro' qui, a ricordare e a lasciar scorrere dentro di me il dolore. perche' non si puo' sempre scappare, a volte bisogna accettarlo il dolore e sentirlo e circoscriverlo, perche' non travolga come un'onda.

inspiro. non e' cambiato nulla da ieri a oggi. e' cambiato tutto. 

lunedì 25 agosto 2014

come back

rientrata a casa.
pensavo che tutte le lacrime non piante fino a oggi, quelle trattenute in attesa della partenza, sarebbero sgorgate una volta tornata da sola. e invece.
neppure una lacrima, neppure la voglia di piangere. quel terribile dolore che credevo avrei provato non c'e'. c'e' tristezza, ovvio, c'e' un vuoto che non sapro' riempire. ma angoscia, no. devastazione, neppure.
sono sola, qui.
un nuovo cucciolo si e' aggiunto alla famiglia e gestire l'equilibrio con il gatto grande mi distrae.
la palestra mi distrae. le lezioni mi distraggono. il lavoro che ricomincia giovedi'. qualche chiamata da fare. qualche appuntamento fissato. qualche amico rimasto.

non so. forse e' solo l'inizio e poi il dolore arrivera'. ma tra wazzup, skype, facetime, anche se sta a migliaia di km, mi sembra qui. e poi, e' molto piu' felice dov'e' ora. e sentirla piena di entusiasmo e aspettative e allegria, mi fa stare bene.

non so, forse tutto quel dolore era nell'attesa del dolore.
non sara' mai piu' come prima, ma non e' detto che sia cosi' terribile il cambiamento.

non so. prima o poi capiro'. prima o poi, forse, sentiro' il dolore. o forse imparero' a convivere con questa assenza. forse.



sabato 16 agosto 2014

the end

poche ore, una manciata di secondi, un aereo ed e' finita.
finita davvero stavolta.
finita per sempre.

di te ricordero' l'insistenza a cui non sapevo dire no, anche quando non volevo.
le risate. i caffe' e le troppe sigarette.
le telefonate quando non eravamo insieme da non piu' di cinque minuti.
i wazzup di aggiornamento.
le cosa da fare che erano sempre piu' del tempo a disposizione.
i periodi di latitanza quando ti innamoravi di un progetto.
i ritorni impetuosi nella mia vita.
le cose iniziate e poi abbandonate.
i pranzetti improvvisati.
l'uso smodato del passato remoto.
le consultazioni pre festa sui vestiti.

di te ricordero' ogni dettaglio, anche il piu' banale. il modo in cui leghi i capelli prima di iniziare a correre, la voce dura quando qualcosa non ti sta bene. come pieghi la testa per tenere il telefono mentre fai altre mille cose.

tutto ricordero', perche' sei indimenticabile.

poco meno di due anni. una vita intera.
sali su quell'aereo e vai a vivere una vita meravigliosa, dove tutti vorrebbero vivere.
non temere, non mi lasci indietro.
io ci saro' e tu ci sarai.
solo sara' un po' piu' lunga la strada per andare ad allenarci insieme. o per venire a cena da te.

amica mia, sorella, che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano.

giovedì 24 luglio 2014

confusioni

fabbrico ricordi.
mi cullo in un futuro troppo lontano.
sono in fase di ansia creativo-distruttiva.
sogno ad occhi aperti?
non riesco ad addormentarmi.
chi crea non ha pace?
mi sembra arrogante come pensiero.
ci sto provando.
non so se ho la paura di fallire e quindi mi boicotto o consapevolezza dei miei limiti.
mi consolo pensando che lo so solo io.
mi sembra di non avere tempo.
e poi di averne troppo.
ma stavolta vorrei davvero avere almeno il coraggio di arrivare a una fine.
mi calmo dicendomi che le aspettative sono tutte mie.
riescono comunque a pesare come macigni, soprattutto appena prima di dormire.

oh, io ci provo.
mi butto. poi si vedra'.
stay tuned.

lunedì 14 luglio 2014

dei giorni passati

settimane in giro per l'europa, aerei, valigie, ritardi, incontri, amici, atterraggi in luoghi conosciuti o meno, compagni di viaggi, libri, musica, odori.

sensazioni belle e struggenti. mancanza. incompletezza. addii sulla punta delle dita e sulle ciglia.
abbracci troppo brevi, sigarette nel freddo e nel caldo.

ho nuovi selfie e contatti su fb. ho nuovi ricordi e valigie troppo pesanti. per fortuna non pesano il cuore perchè quello è il più pesante. mi chiedo quando smetterò di osservare la vita e avrò il coraggio per viverla. mi chiedo se quella che ho scelto è la colonna sonora giusta. perchè a volte il sottofondo si trasforma in fragore e io mi trovo la testa piena di suoni e rumori. mi chiedo se non lo faccia apposta per non dover pensare.
passo giorni in azione e poi d'un tratto sono assalita dal pensiero della solitudine che mi aspetta così forte che mi manca il fiato e mi sento come se avessi preso un pugno sullo sterno.

quando le domande diventano troppo pressanti, alzo il volume.
codardia? probabile. a volte mi chiedo se non sia una pretesa eccessiva verso se stessi aspettarsi di avere il coraggio di vivere davvero. a volte mi chiedo se stare fermi sia così terribile, se nascondersi un attimo dietro un libro o un muro di rumore non sia solo un modo per riprendere le forse in attesa del prossimo attacco della vita.

alla fine sto solo facendo quello che facciamo tutti..mi tengo a galla come posso, magari sgraziata e affannata ma è il risultato quello che conta.

comunque non sono infelice. dirlo sarebbe una bugia e un torto a tutti quei sorrisi e a quel calore che mi sento intorno. riesco persino a dimenticare quanto sarò infelice. ci riesco quasi sempre. il problema è quando non ci riesco.

tra poche ore un nuovo volo, più definitivo degli altri. e questa sospensione dalla realtà finirà di nuovo.
e allora mi godo la sospensione finchè dura, e poi affronterò quel che mi aspetta. di nuovo in trincea. una trincea fatta di ricordi e calore. e quando mi mancherà il fiato ripenserò a questi giorni e respirerò di nuovo, aspettando di trovare il coraggio di vivere.

giovedì 19 giugno 2014

the three of us

siamo di nuovo in 3. qui nella terra al di là del mare, il trio è tornato temporaneamente.
ed è tutto uguale e tutto diverso.
è uguale l'affiatamento, le parole in circolo, i ruoli e le emozioni.
è diverso tutto perché puzza di ultima volta.
facciamo quello che abbiamo sempre fatto. ci trasciniamo con 40 gradi per i mercati, compriamo cose che non ci serviranno, ci fermiamo sfinite in ristorantini mai visti, andiamo in palestra, parliamo per ore, quando non siamo insieme ci telefoniamo.
il programma è fitto: concerti, partite dell'italia, gite al mare, negozietti, centri benessere.
incastriamo tutto con la vita normale, che passa un po' in secondo piano. tutto congelato fino alla partenza. d'altronde avrò tempo per la vita di tutti i giorni poi, quando i giorni si distenderanno tutti uguali come grani di un rosario. uguali e solitari.
ma oggi, qui, tra un succo di melone e una lezione, siamo di nuovo noi, per l'ultima volta.
c'è qualcosa di magnifico in questa precarietà.
c'è qualcosa di angosciante.
creiamo ricordi. per quando ognuna sarà da un lato diverso di questo mare, a molte ore di aereo.
mi sento come alex e aidi nelle ultime pagine della loro storia.
cerco di rimandare il pensiero, ma è sempre lì, poderoso.
non mi chiedo che sarà di noi o di me.
in parte lo so.
qualcosa di noi 3 sarà sempre, qualcosa si perderà inevitabilmente.
per adesso cerco di vivere a duemila, e zero domande.
ma l'ineluttabilità della fine pesa.
pesa su ogni istante anche quando non ci penso coscientemente.
sporca questa gioia infinita di essere di nuovo, per un momento, noi tre.
dilato quel momento, scaccio il peso in fondo alla mente.
siamo noi. di nuovo. adesso. qui.
siamo.

venerdì 13 giugno 2014

aspettare

le cose finiscono.
vorrei essere capace di piangerle solo dopo, ma non posso impedirmi talvolta di sentire già ora il dolore per la fine. è come una canzone che conosco benissimo. inizio a voler schiacciare il tasto repeat qualche secondo prima che finisca, tanto so che sta finendo. è così che mi sento ora. so che sta finendo, perché aspettare ancora?

eppure non si può vestire il lutto prima del tempo, non si può evitare quest'ultimo stillicidio. bisogna viverlo fino in fondo. perché un giorno sarà anche questo ricordo.

non voglio essere ingrata. due anni di amicizia è molto più di quel che mi aspettassi. e molto più di quello che di solito ci è concesso. non sono ingrata. so che deve finire, l'ho sempre saputo. ma per caso questo fa meno male?

fa male uguale, guardare i giorni dietro di me e quelli davanti, vedere chiaramente la diga che li separa. non fa meno male essere pronti. fa male uguale.

cerco solo di vivere. ricaccio le lacrime. quando non posso stare insieme, leggo, guardo film, ascolto musica. vivo, più che altro. a volte la tensione sale troppo, le parole altrui non bastano più. allora uso le mie. scrivo, parlo ad alta voce, penso.

non sto esattamente male. ma fa male.
da fuori sembro felice. forse lo sono. non ne sono mai sicura se non a posteriori.
è questo il meglio? questo il giorno più splendente?

non saprei. non ho idea se conti qualcosa.

ci sono molte cose che contano ma non so se dar loro un nome, aiuti a renderle più vere o il bisogno di incasellarle in un certo senso offuschi il loro valore.

per ora aspetto e vivo. vivo perché non so fare altro. aspetto perché non posso fare altro.
finché il far male non diventerà star male e poi non passerà pure quello, come tutto, e resteranno i ricordi. anche di questi giorni ad aspettare e vivere.

mercoledì 28 maggio 2014

parole

ci sono parole incastrate nella mia gola. poesie e racconti e favole. storie, milioni di storie.  me le racconto la notte, per accompagnarmi nei sogni. le ripeto al ritmo dei miei passi che picchiano l'asfalto quando corro, le sento nel vento caldo di questo quasi deserto e nelle canzoni che ascolto incessantemente.

ci sono parole che non possono uscire. forse non voglio, forse non ci riesco.
sento che le cose più importanti mi scivolano tra le dita, secondi che svaniscono alle mie spalle, mentre vado al lavoro, mangio, chiacchiero.

il futuro mi appare una distesa sconosciuta, solitaria, agghiacciante sotto il riverbero di un sole spietato.
il presente evapora come condensa su un bicchiere.
il passato? il passato è andato, finito, disperso. che importanza può avere, adesso, quello che credevo, quello che volevo, le persone che ho amato.

non vivo male. solo a tratti un senso di urgenza. il bisogno di lasciar uscire quelle parole, di dire qualcosa che resti, di sigillare il momento perché non svanisca, perso nei granelli della clessidra impietosa che è la vita.

eppure le parole sono incastrate in gola. così forte che mi fa male. deglutisco e la sento arida, come questa estate implacabile. ma non c'è acqua che possa lenire questa sensazione. le parole non scivolano giù né trovano una strada per uscire.

per ingannare il tempo che non ho, leggo parole altrui, confondendo così le mie storie e le loro.

solo, a volte, sento una parola, una sola, che bussa nel mio cervello. finirà. finirà. finirà.
sta già finendo, vorrei urlare. invece lo sussurro.
sta già finendo.
ed è strano sapere che poi starò male e non permettermi di stare male oggi.
finirà. lo so.  ma per ora è. e allora cerco di frenare il tempo, come una macchina lanciata all'impazzata verso un burrone.
so che non lo frenerò, ma forse, mi dico, se faccio finta di nulla, il tempo non si accorgerà di me, mi scivolerà accanto lasciandomi congelata in questo istante, in bilico.
so che non lo farà.
tengo le parole incastrate in gola. lascio che una lacrima, una sola, scivoli sulla guancia.
è la prima di molte sorelle che la raggiungeranno. dopo. quando sarà finito.
tra poco.
e intanto resto qui, senza parole.

domenica 18 maggio 2014

storie

certe sere non riesco a dormire. il vecchio loop dei pensieri negativi mi attanaglia in una spirale senza fondo e io resto paralizzata nel letto a concatenare sensazioni negative: fallimento, solitudine, inutilità, incapacità di reagire. per ognuna di queste, milioni di schegge che grattano sotto pelle, ricordi più o meno recenti, dolori assopiti, visi quasi dimenticati che risalgono in superficie, errori che sembravano ormai perdonati tornano a bussare alla porta della mia memoria per ricordarmi dove ho sbagliato, chi ho abbandonato o ferito. è una spirale autodistruttiva che mi lascia annichilita. è una spirale potenzialmente infinita, un gioco perverso che non mi permette di vedere vie d'uscita, di trovare un ricordo positivo o una speranza per il futuro a cui aggrapparmi.

ma non sono più impreparata. quando mi succede, respiro forte per scacciare il peso sul petto, a volte mi alzo per fumare una sigaretta e poi, riacquistato un minimo di controllo, invento una storia.
non immagino un futuro, perché in quei momenti non ne avrei la forza. mi raggomitolo come un bambino dopo un incubo e proprio come un bambino lascio che una favola mi culli lontana dai pensieri tristi. solo che ormai sono abbastanza grande da raccontarmi da sola le favole.

non ho ricordi precisi di quando da piccola mi raccontavano storie, ma sono certa lo facessero. non funziona forse sempre così? perciò anche se non lo ricordo, immagino mi raccontassero favole per accompagnarmi nello strano mondo tra veglia e sonno.

ora che sono adulta lo faccio da sola. invento storie semplici, che parlano di amori e amicizie, di storie magari complicate ma bellissime. invento trame e dialoghi, finché il sonno non ha il sopravvento.
è solo un altro modo per evitare a quel lato del mio carattere che conosce solo i sentimenti negativi di prevalere. non è una soluzione, solo un escamotage per dormire. ma non lo erano anche le favole?

la differenza è che spesso al mattino la spirale è lì ad aspettarmi, con la sua lista implacabile di errori commessi. solo che con la luce del sole è più facile scacciarla in fondo ai pensieri e quando tornerà la notte, ci sarà un'altra storia da inventare, finché la vita non tornerà ad essere abbastanza lieve da trovare sonno senza inventare storie.

mercoledì 23 aprile 2014

a volte ritornano

a volte mi dico che forse ti dovrei perdonare.
a volte mi chiedo se con tutto il tempo che è passato tu potresti ancora farmi male.
a volte mi sembra quasi di sentire la tua mancanza, ma non è quasi mai così, quasi sempre mi irrita sapere di te.
a volte non mi ricordo neppure più di quando eravamo io e te.
a volte mi sento come se mi fossi liberata della zavorra che mi impediva di essere me. come se quella zavorra fossi stata tu.

e poi mi chiedo se quella che sono oggi potrebbe mai avere qualcosa a che spartire con quella che sei tu.

voglio dire, la musica che mi piace, i libri che mi fanno sorridere, le cose che mi danno gioia sono lontani anni luce da quella che ero, da quella che eri.

che senso ha rivangare? me lo chiedo ogni volta che mi pingi. perché non mi lasci solo in pace? perché non accetti che io ti abbia lasciata a bordo strada?

sono cambiata, sono più forte, sono diversa.

una parte di me vorrebbe accettare il tuo invito, ma non so se per curiosità o per dimostrarmi chissà cosa.
poi scrollo le spalle, ci penso meglio: preferisco lasciarti lì dove sei. nel passato.

martedì 15 aprile 2014

tempo

il tempo cambia le cose.
il tempo ci cambia.
o forse noi cambiamo e solo il tempo ci da' la misura del cambiamento.

un tempo c'era il branco.
ora non è più.
ma non lo dico con tristezza.
è un dato di fatto.

un'amica ha finalmente la destinazione.
quella che voleva.
quella che non osava sperare.
parte.
e io sorrido per lei.
e le auguro solo che la vita le sia lieve.

ho iniziato a insegnare.
è una cosa piccola, un progetto breve.
è una cosa enorme.
ho trovato la mia strada?
non so, mi piace pensare che ho trovato una delle mie strade.
un parallel di cui ho sempre sentito la mancanza.
per ora mi piace. parecchio.

ascolto tanta musica,
corro,
sforzo il mio ginocchio,
leggo troppo.
vivo, più che altro.
mentre il tempo scorre.
mentre il tempo cambia le cose.
mentre cambia me.
o forse, cambio e solo il tempo ne segna la misura.

lunedì 10 marzo 2014

memories

scendo alla fermata e mi incammino. i negozi sono cambiati..capirai dopo quasi 15 anni, ma l'odore no.è sempre quello, cibi etnici e strada e fiume,  anche se l'aria è fredda e io la ricordo estiva. il camden lock è cambiato. più chic, più turistico. la right bank del regent's canal invece è quasi uguale con le sue barche e la sua desolazione anche se non trovo più la panchina dove mi fermavo a scrivere, in un mondo pretablet, su un grande quaderno a quadretti..la left bank invece è irriconoscibile. vecchi palazzi riadattati a lussuosi appartamenti radical per ex alternativi arricchiti. ma camminando ci si lascia comunque alle spalle la parte più turistica e i rari passanti parlano un'inglese stretto e inospitale. il pub tra la gloucester e princess road invece è uguale, bianco di gesso e rosso di mattoni,forse l'interno è rimodernato ma non ci scommetterei. princess road appare immutata, la stessa via di casette a schiera inglesi, i rumori dal playground della scuola rimasta proprio come la ricordavo. ho quasi paura di andare avanti. e se 15 anni avessero cancellato irrimediabilmente i miei ricordi? eppure vale la pena di andare a vedere, perchè questi anni non siano passati invano. attraverso la strada e costeggio negozi che non sono sicura di ricordare. un ristorante c'è. ancora dove lo ricordavo, ma è uno nuovo. nuovo nome, nuovi colori, da fuori sembra non avere più nemmeno il piano di sotto e la scala.  è tutto minimal e bianco..
resto un po' lí davanti, poi prendo il coraggio per entrare. la scala c'è, il piano sotto pure. il manager capisce subito che non sono lí x mangiare ma abbastanza gentilmente mi lascia fare un giro.è di poche parole mentre io sono travolta dai ricordi. quando esco chiudendomi alle spalle la porta mi chiedo che ne sarà delle mie memorie..ricorderò quel che era o quel che è? quello che mi appartiene o la realtà?
esco faccio pochi passi entro in un pub. è presto ma ordino una birra. da qualche parte nel mondo è l'ora per bere, direbbe mia sorella.tipo qui, aggiungo io.
qualsiasi cosa accada, questa città sarà sempre parte di me. il suo odore, i suoi colori.
è la prima casa lontana da casa che io abbia mai avuto.
se dovessi ricominciare, partirei da qui. se dovessi reinventarmi, proverei qui.
gli anni passano, i locali cambiano. come le mode, i negozi, noi. ma solo qui, mi sento al centro del mondo. solo qui sento un mondo di possibilità. qui sono libera, sono io, sono sola. ma di una solitudine meravigliosa, leggera. qui sento che potrei ripartire, sempre, senza bisogno di radici o legami. qui potrei essere chiunque, potrei essere me stessa.
mi mancava questa città. senza accorgermene, il primo pezzo di cuore, il primo sassolino sulla strada che mi ha portata via dal mio paese é qui.
sola, in un pub qualsiasi, tra britpop e un camino, sono felice. vorrei fermare quest'attimo ma non basterebbe nessuna fotocamera, nessuna parola per descrivere la struggente perfezione di questo istante. posso solo affidarla alla memoria e sperare che sia.

mercoledì 22 gennaio 2014

leggera


a volte basta poco.
una mail nell'inbox che riporta in contatto con qualcuno che avevo perso
una settimana con un'amica partita e tornata. e ritrovarla uguale. e ritrovarmi uguale.
il risultato di un test che inaspettatamente è andato bene.
un vago progetto per il futuro.
una partenza forse posticipata.
una serenità pagata a caro prezzo, ma mia.
un kindle pieno di libri.
un paio di film in uscita. un paio di serie che ripartono.
buona musica su youtube.

a volte basta poco.
e posso anche dimenticare le cose che invece proprio non girano.
certi addii che pesano.
certe partenze imminenti.
certi persone che amo e che soffrono e che io non posso aiutare.
certi dolori che non so alleggerire.
certe paure che non so cancellare.
certe solitudini che non so alleviare.

vorrei. vorrei con tutta me stessa.
e allora, compro biglietti e organizzo viaggi, per esserci, per tenere almeno la mano.

ma nel frattempo, a volte basta poco.
per sentirmi leggera.
per sentirmi viva.
per sentirmi al posto giusto, alla fine, finalmente.
e non era certo il posto che avrei immaginato per me.
ma va bene anche così. va bene così.