gamibu

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martedì 31 gennaio 2012

la neve

mi mancherà la neve. mi mancherà il rumore-silenzio che fa quando cade, il modo in cui rende la notte luminosa e brillante, l'odore che da all'aria, di freddo freddo da coperta e tisana.
mi mancherà la pioggia, quella estiva che sa di marciapiedi bagnati, uno dei miei odori preferiti, che sa di caldo che evapora; quella autunnale che sembra non finire mai, sa di foglie marce e cappotti infeltriti; quella primaverile che non vedi l'ora che finisca, e-che-cavolo, ma è ancora inverno?

mi mancheranno le colline, il lago, la luce, i boschi, il verde.. a me?? io che sono sempre stata affezionata soprattutto al cemento, alle strade, alla città.. e infatti mi mancherà anche la città. non una specifica, o forse si, un po', ma soprattutto l'idea di città. di come è una città per me.

non avevo mai riflettutto come concetti banali per me, che richiamano un ben preciso modello e stereotipo, non siano universali.. insomma se dico pane, per quanto possano venirmi in mente una valanga di tipi di pane, sempre pane è. ha un odore preciso, una consistenza in bocca, un colore definito.
e così una città: ha il suo odore specifico, ma in generale sa di città. ha dei colori, dalle mie parti piuttosto grigi, ha una consistenza, quando tocchi le mura spagnole, una panchina di un parco, la balaustra di un ponte di ferro.

è un immaginario comune, che nelle sue sottili differenze, costruisce le sovrastrutture emotive e sensoriali della società.

dove andrò, i presupposti cambiano, le sovrastrutture -antiche quanto le mie- hanno radici diverse. non è solo questione di lingua, è questione di forma mentis. ecco mi sento un po' come un occidentale che avesse deciso di attraversare la cortina di ferro negli anni 60.
io vado oltre la cortina di ferro del 2010. dalla parte dei "cattivi", più o meno.
e vado a scoprire non tanto chi ha torto e chi ragione -sinceramente questo manicheismo tutto americano non mi interessa- ma a scoprire cosa è per loro l'idea di pane, e l'idea di città e altre mille idee. vado a scoprire cosa vuol dire chiamare città qualcosa di totalmente diverso dal concetto-città che sta nella mia mente. e cosa sia il concetto di caldo-freddo e umido e e e..

e sono entusiasta, e tornerò con mille immagini e un nuovo mondo in testa e questo è la migliore approssimazione di felicità che riesco a immaginare, e poter entrare (ma intendo proprio entrare, tipo calarmi dall'alto e fare un bagno di umiltà e scoperta) in una forma mentis diversa mi affascina e mi stimola e un po' mi spaventa perchè temo che sarà un bagnetto e non un'immersione che alla fine sono quello che sono e non credo che capirò al 100% qualcosa di così diverso..e e e..

e tutto questo.. però so già che mi mancherà la neve. e la pioggia. e le colline, il lago, la luce, i boschi, il verde.e la città.
perchè alla fine come dice kirsebaer ..

giovedì 26 gennaio 2012

letargo

giorni in cui mi alzo e non vedo nulla di bello, dentro e fuori me.. solo un mondo in bianco e nero, un film muto che scorre lento e senza finale. mi sento così, lenta e senza finale. mi sento stanca, e un po' giù.
però questo mi fa incavolare. solo perchè le cose non vanno sempre come vorrei non significa che debba subire i cambiamenti invece di esserne parte, non significa che non debba cercare di cogliere il meglio, di accettare la sfida, di combattere e provarci.
e invece mi viene naturale raggomitolarmi sotto le coperte, schiacciata dal peso di troppe cose da fare, troppe ansie da gestire.. sono proprio un animale da letargo..mi spengo e mi riaccenderò solo a primavera, e vorrei fosse così, vorrei poter dormire fino a quando non darò laggiù, riaprire gli occhi in una nuova casa, a studiare nuove lingue, a cercare un mezzo di comunicazione qualsiasi e un mondo qualsiasi da conoscere e vivere.
ma non posso, devo stare qui, ben vigile a inventarmi una strada, un modo di vivere, una qualche storia che possa rappresentarmi..devo stare qui, e non so esattamente come fare o dove andare.. sto e cerco di pensarci/non pensarci con l'intermittenza di chi non ha ancora scelto per paura di fallire..
pessima soluzione, ma l'unica che so adottare oggi.. chissà che la primavera possa sciogliere almeno parte delle paure..

lunedì 23 gennaio 2012

il giovane werther e woody allen

riesco a scrivere solo quando sono in ansia, quando pensieri negativi mi attraversano, me li giro in bocca un po', come vino rosso, ma poi invece di ingoiarli li faccio fluire, e sono sempre parole cariche di paura, di ansia, di angoscia addirittura..la mia psico dice che è il mio personaggio -un po' giovane werther, un po' woody allen- e che non cambierà mai, perchè alla fine mi piace essere complicata, un po' snob nel mio elitismo culturale e molto profonda..che alla fine non sono altro che pippe per sentirmi "speciale" ma che finchè il personaggio non sovrasta la me stessa più autentica ci sta.. siamo tutti un po' personaggi, l'importante è restare persone.
oggi invece mi sento 100% personaggio, sono completamente presa dalla parte..vorrei fosse un'ora diversa, decente per un buon bicchiere da accompagnare a troppe sigarette, perchè sento che il personaggio lo richiede, servirebbe anche un amico, un co-protagonista, una spalla, che ascolti e annuisca saggiamente a tutte le preoccupazioni che si narrano al tavolino di un bar.. ma il copione non l'ho scritto bene, a quest'ora posso al massimo concedermi un caffè e non ci sono amici in vista..
eppure ieri ho visto un cielo di quelli che ti costringe a fermarti. e sarebbe bello saperlo raccontare, eppure forse è più bello ancora non saperlo fare.
oggi serve movimento per spazzare via il giovane werther e woody allen, e lasciare che il mio corpo faccia abbastanza male da poter sentire solo lui, muscoli in fiamme, fiato grosso e sudore. ecco a volte servirebbe solo questo per uscire dal personaggio.. il duro scontro con una realtà fatta di materia modellabile, invece che un esasperata intellettualizzazione..se solo potessi spegnere la telecamera..

domenica 15 gennaio 2012

disorientata

giornata di sole, giornata tiepida, giornata di riposo. giornata che dovrebbe essere definibile una buona giornata. eppure io sento un peso sullo stomaco, che non mi so spiegare. dovuto a molte cose e forse a nessuna. dovuto all'incertezza che mi attanaglia. su cosa sarà di me, quanto saprò agire sul mio futuro e quanto lo subirò. dovuto alla lontananza e alla solitudine, alla mancanza e all'esserci nonostante tutto.
sento solo quel blocco alla bocca dello stomaco e mi sento scivolare via. tutto mi pesa tutto mi sembra troppo per me. è l'attesa forse che mi disorienta o la paura, o il sapere o il non sapere.
è il gestire questo tutto così grande. la mia tendenza a subire più che ha decidere scientemente. o meglio il decidere e poi subito lasciar scivolare la sensazione di essere protagonista nel passato, lasciandomi per il presente solo la sensazione di essere sballottata dagli eventi. non so perchè scivoli via così in fretta quella sensazione di essere artefice del mio destino, di aver scelto, di aver deciso. non so perchè io abbia bisogno di sentirmi oggetto passivo per poter tollerare l'enormità delle mie scelte ne perchè questa sensazione le renda intollerabili.
tutt'a un tratto sono nel limbo, senza riuscire a trattenere le sensazioni positive che mi sfuggono, senza voler afferrare quelle negative che mi inseguono.

ieri sera poche parole hanno acceso un sorriso che vorrei saper non spegnere.

venerdì 13 gennaio 2012

amore, aderenza e paura

che a volte mi sembra di essere un salmone. sempre a nuotare controcorrente. sempre a cercare di ottenere cose impossibili, sempre a deludere chi amo per seguire un mio obiettivo. e di indole mi verrebbe da mollare, pur di vedere gli altri soddisfatti di me, contenti di potermi finalmente inquadrare, di sentirmi aderente alla loro immagine di me. sono sempre stata così, solo ora dopo anni di analisi, riesco a dire no, a dire non sono d'accordo, a dire non fa per me, non sono io quella che tu immagini.
però mi costa fatica. sul momento è una vertigine, ma quando poi non trovo dall'altra parte un sorriso comprensivo -e come aspettarselo?- più che vertigine diventa baratro. è la sensazione di precipitare, nessun appiglio, solo freddo. so che è tutta nella mia testa. eppure non posso evitare di chiedere conferme che mi amerà lo stesso, e ancora, nonostante io non sia quella che lui immaginava.
e mi arrabbio con lui perchè mi immagina diversa, e mi arrabbio con me perchè non sono diversa. e confondo delusione e dispiacere, e confondo amore e aderenza.
e se non so che ne sarà di me, non vorrei fosse causa di stigmatizzazione, vorrei non me ne si facesse una colpa se non ho sempre la risposta pronta.. io sono questa: un po' confusa, un po' speranzosa, un po' convinta, un po' spaventata. lo so, e lo sento, quando sto lì in quella stanza con la psico sento che ci sono, sento finalmente di essere.. ma ho davvero paura che, una volta che chiuderò per sempre la porta della stanza dietro di me, sarà una porta tagliafuoco che lascerà dentro quella che sento di essere in potenze, e fuori quella me fragile che ha bisogno di approvazione.
ho paura di non sapere più chi sono e cosa voglio e per cosa valga la pena di scollarsi dalla proiezione di me e per cosa no.
ho paura, accidenti, perchè non so se so volare.

lunedì 9 gennaio 2012

differenze e vita

il tempo che scorre, il natale che non sapeva di natale, le immagini in testa, le parole che si frantumano, l'incapacità di comunicare sentimenti, il domani che sa di uno ieri a cui non sono più abituata, il cercare oracoli in parole altrui, non leggere l'oroscopo per non farsi condizionare da risposte pensate per altri, il sonno che non viene, la sveglia che suona inutilmente, il sentirsi sempre bambina anche se gli anni passano e vedere che fuori sono molto diversa da dentro, la dieta di inizio anno, il non fare propositi, le cose da fare, la concentrazione che latita, le liste di to do che si allungano, il bisogno di dividere tutto in compartimenti stagni, un'ansia sottile che mi accompagna sempre, l'urgenza, vortici di immagini, sogni premonitori, ricordi premonitori, bisogno di scrivere e incapacità di dare un senso a quello che sento.
tutto si accavvalla, intreccia, incasina. cerco solo di respirare, mettere paletti e definire contorni. vivo soprattutto, cercando di non farmi sopraffare dal domani e dallo ieri.
finito un anno ne inizia un altro.
non è la solita vita, e forse neppure io sono la solita, ma nella vita di tutti i giorni mi riesce difficile notare le differenze -come in quel gioco della settimana enigmistica in cui ho sempre barato andando a pagina 46 per scoprire le differenze che con gli occhi non vedevo. finchè un giorno un'esplosione di luce le renderà così macroscopiche da annullarle tutte.

lunedì 2 gennaio 2012

latte

china sui libri, luce accesa, sollevo lo sguardo e scopro con stupore che aldilà della finestra non c'è nulla. solo un mondo di latte. e a me il latte non piace. guardo fuori e sento freddo e un brivido lungo la schiena come acqua tiepida dalla doccia in un giorno di inverno.
latte fuori dalla finestra e allora mi attacco al calore che non c'è qui ma so esserci altrove. chiudo gli occhi e mi trovo al margine del deserto col vento che soffia imperterrito. non è il mio paesaggio, non è il mio mondo, ma il caldo mi fa stare bene..eppure già so, mi mancheranno i prati, gli alberi, le nuvole che giocano sulle colline. mi mancherà la mia europa, il mio mondo familiare e scontato.
mi mancherà, ma non questo, non il latte appena fuori da fragili e sottili lastre di vetro che lottano per trattenere questa cascata liquida, umida e pallida che preme alle finestre.
tutto mi mancherà, ma di sicuro non questo. o forse si, nell'estate infuocata, nemmeno il sogno di un inverno nevoso a raffreddare il mio corpo. ma questo lo scoprirò solo quando il deserto avrà per me il nome di casa.
eppure non si può non sentirsi sospesi, qui, in questo stato, nuotando a mezz'aria in una tazza di latte scremato, perchè se fosse cremoso, mi tufferei come un biscotto bicolor perfetto per l'inzuppo..ma così sembra di fare il bagno in qualcosa di annacquato.
ci si sente solo sospesi e infreddoliti e in attesa di un'estate che non può far altro che farsi aspettare.