gamibu

gamibu

giovedì 30 giugno 2011

e vissero tutti felici e contenti

ma solo nelle favole, la vita va così.. l'altra quella vera, è  faticosa, è un continuo compromesso, è un mescolare spazi, idee, volontà, valori e principi. è cedere un po' per uno e a volte non cedere affatto, a costo di litigare muso duro, perchè tutto posso prescindere ma non me stessa. ci sono cose a cui non posso rinunciare, che non posso accettare. cose che vanno spiegate mille volte perchè almeno se non condivise siano accettate.
a volte se mi concentro troppo su di me, se lascio che l'orgoglio abbia la meglio, che il narcisismo esploda, allora mi viene da dirmi che è troppa fatica. a volte quando ho paura che lui non capisca o mi deluda o non si trovo in compromesso, allora mi viene da dirmi non vale la pena.

ma poi. poi lo guardo. poi lo penso. poi lo sento sulla pelle e nelle ossa. e si, ne vale la pena.
ma per favore impicchiamo chi scrive storie per bambini con quel finale cosi facile, veloce e semplicistico.
perchè il difficile non finisce quando trovi una persona da amare, il difficile è continuare ad amarla, crescere con lei, evolvere insieme, trovare il punto di equilibrio sottilissimo tra essere me stessa e essere anche -e non solo- noi.
perciò non racconterò ai miei futuri figli neppure una storia di walt disney, perchè sappiano che la felicità costa, è una continua flessibilità nella propria scala di resistenza, come un metallo che si può piegare ma se si esagera si spezza.
o forse no, forse gli racconterò quelle favole, e accanto cercherò di essere io l'esempio che non è tutto così piatto e magico come in quelle paroline.

comunque si, io a Mr. Disney, i danni glieli chiedo..

martedì 28 giugno 2011

cattiva

di tutto quello che scrivo, di quelle parole che compongono il lungo rosario della memoria e delle emozioni, alcune sono così attuali da far piovere lacrime, altre mi fanno sorridere nel ricordo di dolori e dubbi ormai superati.
di tutto quello che scrivo imparo scrivendo il valore terapeutico, il mio personale manuale di costruzioni.
in tutto quello che scrivo non trovo neppure una risposta ma mille domande, alcune a cui non ha più senso cercare una risposta, altre che neppure erano altro se non abbozzi e oggi sono pressanti, lucide e definitive.
vorrei fare ordine in me, ripulendo casa, vorrei avere stracci e sapone per lavare l'anima, scrostare i ricordi dolorosi, sciogliere i dubbi irrisolvibili, spazzare via le ansie e lasciare tutto pulito e limpido profumato di limone.
ma non conosco prodotti per ripulirmi l'anima, vorrei esistesse una confessione che possa assolvermi dai miei peccati, ma non c'è possibilità che io mi autoassolva e non 'è dio a cui possa delegare questo potere.
la cattiveria è un concetto astratto e religioso oppure una realtà? come raccogliere i cocci della bambina che sono stata e spiegarle qual'è il vero senso di questa parola senza perdermi nelle sue sfaccettature? come discriminare capricci, sano egoismo e cattiveria? ma in una mondo totalmente relativo non troverò giustificazioni a ogni possibile forma di cattiveria? come si può dire a un bambino che è cattivo se nelle sue azioni manca il discernimento e la malizia?
e un adulto? quali sono le cattiverie reali e quali il retaggio di un codice morale non scritto e mai consapevolmente accettato che divide buoni e cattivi? ma poi cos'è la cattiveria in fondo?
sono io cattiva? e lo sono consapevolmente? oppure i sensi di colpa per ciò che non so spiegarmi e vorrei non fosse accaduto sono ricordi di inferni danteschi raccontanti per sopire ribellioni e vivacità ritenute eccessive da chi non sapeva più commuoversi alla vita?

se le risposte fossero dentro di me, linde come i pavimenti dopo le pulizie, avrebbero più valore delle domande?

lunedì 27 giugno 2011

fiducia

vorrei essere serena, almeno quando apro gli occhi e fuori c'è una splendida mattina d'estate, il mio gatto fa le fusa, il libro che mi attende sembra interessante. e invece.
saranno i sogni confusi che mi restano appiccicati addosso, vischiosi e senza nome, sarà che ho sempre bisogno di agenti esogeni di stress, ma mi sveglio e mi sento piena di buchi, come un calzino da rammendare.. e da quei buchi scivola via la serenità.

ci sono rapporti incrinati che non so risistemare, amiche che partono lasciandomi un vuoto, ruoli che non mi si adattano più ma che sono gli unici che conosco, momenti di sconforto.

la psico dice che la mia testa è molto più rigida del mio io.. non riesce ad abbandonare i modelli conosciuti, per lanciarsi nelle possibilità, nella flessibilità di non averlo un ruolo.. e anche per questo resto pesante. dice che dovrei fidarmi di più dell'istinto.
ma il mio problema è che quando sto bene, inizio a star male.. non so stare nel bene, mi agito, mi incasino, ho bisogno di preoccuparmi.. oppure è solo quello che mi dice la testa..

ma se non mi fido della mia testa come posso interpretare i miei umori metabolici? l'istinto saprà parlare una lingua che io possa capire?
strano come sia più difficile fidarmi di me stessa che degli altri. come una persona razionale come me debba scoprire che è proprio la razionalità quella di cui non deve fidarsi..
alla fine è sempre questione di fiducia..

venerdì 24 giugno 2011

stato di grazia

e se fosse tutto qui? se la rincorsa frenetica, quotidiana, a tratti angosciante alla felicità si arenasse come una barca dopo la tempesta su una spiaggia docile di sole, una pila di libri, un placido weekend davanti a me, un gatto che fa le fusa, caffè e sigarette.. perchè rincorrere un'idea di perfezione irraggiungibile quando tutto quello che voglio è qui, steso di fronte a me come il bucato che si asciuga al sole?
non sarà la felicità totale, elettrizzante e pura delle emozioni forti, ma è la pace del cuore, il ristoro dell'anima, un momento che solo, semplicemente vale la pena di essere vissuto.

oggi mi sento come alex, che non vuole frustrare il suo se stesso di oggi in vista di una futura serenità così guerreggiata da essere ormai martoriata.

giovedì 23 giugno 2011

tell a story

ho conosciuto una guaritrice nella foresta.. ero sperduta laggiù, lontana dal mio mondo fatto di cemento e farmacie. ero sperduta e malata. solo lei poteva aiutarmi. aveva il potere di tutti gli dei, splendeva di una luce interiore intensissima. l'ho amata dal momento in cui l'ho vista, bellissima, potente, fiera.
mi ha guarito l'anima e le ferite, mi ha amata anche lei. mi ha  voluta accanto a lei per imparare a guarire come lei aveva guarito me.

ero felice, di una felicità vibrante, il mondo era pervaso da energie sconosciute che potevo dominare, se solo le ero accanto.
ho dovuto abbandonarla, tornare al mio mondo di cemento e farmacie. quando ci siamo separate lei mi ha detto che saremmo sempre state insieme. io le ho creduto, non volevo partire, non volevo lasciarla, lo giuro. la amavo. mi aveva insegnato tutto, e sapevo che poteva insegnarmi ancora. era fonte d'acqua fresca e di vita. ma l'ho lasciata. lei che vedeva più lontano mi mentì, dicendomi che nulla tra noi sarebbe cambiato.
sono tornata al cemento e alle farmacie. sono tornata. i primi mesi la cantavo nei voli di gabbiani, la vedevo nell'odore della terra, mi sentivo ancora accanto a lei..ma il tempo è impalcabile, cancella ogni traccia, come la pioggia che ripulisce queste strade inquinate.
l'ho chiamata così tanto che è arrivata. ma non era più lei, quella forza, quell'alone che mi avevano incantato erano sparite. non era più la mia fata morgana. era piccola e fragile, sperduta nella città come io nella giugla. e io la rifiutai. non ebbi la forza, o la capacità di donarle la magia che lei aveva donato a me nella giugla. semplicemente mi vergognai. mi vergognai di lei, mammana senza aura, delle sue pozioni da circo, delle sue superstizioni selvatiche. mi vergognai di me, perchè non l'amavo più, ed era bastato spogliarla della luce tropicale per smettere di amarla; non l'amavo più perchè ora era lei ad aver bisogno di me, lei che era sperduta e doveva essere amata e curata. mi vergognai perchè aveva bisogno di me e io non potevo più avere bisogno di lei nel mio mondo di cemento e farmacie.
credo abbia capito, ma i suoi occhi non splendevano più lontano dal suo mondo e io non conoscevo le formule delle sue magie per leggermi.

da allora il suo solo nome mi fa tremare di vergogna. certe volte non bisognerebbe mai portare una fata lontana dalla sua foresta. certe volte mi piacerebbe sapere se potrei mai riamarla ora che non splende più..
amavo lei, o quello che in lei era promessa di quello che avrei potuto essere?

C'è sempre qualcosa di ridicolo nei sentimenti di chi non amiamo più. 
Oscar Wilde

martedì 21 giugno 2011

notte prima degli esami

certe volte, ma solo certe volte, basta uno status su fb, anzi due; la concomitanza di una data; una notte in cui non riesco a controllare i sogni; la stessa aria di quella volta.

certe volte basta un niente, e mi sveglio col cuore pesante, ricordi (ricordi?), sogni di altri tempi, un ragazzo che forse poteva esserci e non c'è stato per me, un'ostilità che non ho mai capito, compagni di strada imposti che non ho saputo capire, con cui non ho saputo condividere. e io qui, di nuovo, la mattina presto a ricucire strappi di cuore, ancora, ago e filo, molto lavoro da fare.. vorrei ricucirlo col filo di ricordi sorridenti, con bugie se necessario perchè non possa fare male.

com'è che mi sento legata -legata- a persone a cui non lo sono stata mai? com'è che non so rassegnarmi a quello che in qualche modo ho scelto? forse perchè solo in retrospettiva, risalendo il filo immaginario di quel legame posso spiegare, o almeno cercare di dare un senso, a tanto dolore, a tanta non-comunicazione, non-esserci.
ma oggi sono grande anche se mi sento piccola. oggi non mi serve più sentire che ci sono stata anche se non è del tutto vero. oggi il revisionismo storico è solo autocompiacimento difensivo.

ricordi? ero solo una ragazzina che voleva essere grande, pensava di saper tutto della vita, aveva cicatrici invisibili sulla pelle e due tatuaggi di dolore sul corpo. una ragazzina che si è innamorata di te perchè saresti stato il film della sua estate. e poi è andato oltre.

ricordi? ero ancora più piccola, ancora più certa e avrei voluto vivere la tua vita. mi sono innamorata di te perchè mi avresti portata lontana, in un mondo meno ostile. ma non ne sono stata capace.

ricordi? ero davvero poco pù che una bambina ma mi sentivo già grande, così arrabbiata col mondo che solo tu potevi dargli senso. mi sono innamorata di te per avere un posto finalmente nel mondo. solo che era il tuo.

io ricordo.  non mi pento di nulla, non cambierei nulla se questo pregiudicasse il mio essere qui, ora. ma se così non fosse, allora stamattina sento che avrei scuse da chiedere, abbracci da dare, meno pudore per le emozioni e più bellezza da offrire.

è solo una mattina di malinconia e nodi.

lunedì 20 giugno 2011

attese

ci sono attese che sono riti, dipanando e estendono il momento infinitamente, vivendolo molteplici volte in diverse varianti nella mente, il momento si dilata e si sfilaccia, perde contorni e alla fine non sai più dergli un tempo, che il tempo dell'attesa era già il momento e il momento è solo un prolungamento dell'attesa.
ci sono attese che sono più intense del momento, salgono in un climax che non si scioglie nel momento preciso. a volte un po' prima a volte un po' dopo.

ci sono attese che sono nervi a fior di pelle, buco nello stomaco, tensione che aggroviglia, sangue che scorre, luce che esplode. ci sono attese che valgono più del momento.
la prima attesa è la migliore, quando non puoi immaginare quel che sarà, puoi solo sperare, quando hai solo qualche carta da giocare e nulla più, non hai il controllo della situazione, cadi come alice nella tana del bianconiglio. non è proprio paura, è stupore.
quelle attese mi mancano sulla pelle, sono attese iperattive che non sento più.
le attese cambiano, alcune sfibrano, attese di persone che ami ma che sono lontane, giorni che cadono come gocce cinesi sul tuo cuore, scavando solchi che non potrai più riempire.
quelle attese non mi mancano quasi per nulla, se non per l'intensità bruciante della loro fine, quando ricongiungi due pezzi di un meccanismo elettrico e l'energia divampa.
ci sono attese che conosco a memoria, che vivo spesso, attese di giudizi, di mettere la parola fine anche a questo capitolo. sono attese che volente o nolente devo vivere, ma non le amo.
ci sono attese che sanno di buono, altre che nauseano come frutti troppo maturi.
arriva il sole e io ho voglia di un'elettricità che mi sento scorrere dentro ma non ha vie d'uscita.. vorrei essere un buon conduttore, non una messa a terra.
e invece sono qui, ferma ad attendere..attendere che passi questa attesa, attendere che l'energia si scarichi..e provo malinconia per attese diverse, per attese vive e non passive.

carico l'attesa di aspettative che forse non potrà soddisfare. vorrei anche solo per un'ora tornare al giorno in cui attendevo la notte per attendere un nuovo giorno insieme.

domenica 19 giugno 2011

un lungo addio

di certi distacchi che scelgo e non so accettare. del tempo da mettere in mezzo tra dirsi che è finita e il chiuderla davvero, quello che non so tollerare è quello che mi aiuterà ad andare avanti da sola..
servono riti nella vita, per ancorarci alla forza di gravità dell'anima, ma talvolta feriscono profondamente. sono proprio i riti - più della loro assenza- a strapparci brandelli di pelle.. sono tutta graffiata, piccoli tagli sottili e profondi, unghie di gatto che bruciano e lasciano cicatrici.

certo che ce la farò anche quando sarà finita, lo dici tu e io ti credo ciecamente. mi fido di te ed è proprio questo che mi dilania. mi fido di te a tal punto da scegliere la tua voce alla mia per parlare parole tue.
poi una parte di me si ribella, festeggia l'arrivo della fine.
l'altra invece la paventa, si sente già rifiutata, abbandonata.. certo che ce la farò, te lo farò vedere io se non posso farcela da sola.. posso posso..però.. mi mancherai, lo sento già, mi stai mancando adesso che so che finirà. mi chiedo a chi racconterò i miei dolori, le mie cuciture di bambola di pezza da rammendare,  chi cullerà la bambina che ero, la donna che sarò, chi mi costringerà a scavare e seppellire, chi saprà guidarmi nel labirinto che sono?

farò tutto da sola? e se sbagliassi strada, se perdessi il filo d'arianna? chi mi salverà da me stessa, quando tu non ci sarai più?

è per questo che ti odio e ti amo, che dipendo da te, che mi dibatto, che scappo. chi altri crederà in me con la stessa cristallina acritica serenità?
non io. certamente non io.
forse è solo troppo presto, forse per questo chiedi e offri un distacco graduale.. come quando ti insegnano ad andare in bicicletta senza rotelle..l'importante è sentire che tua madre è lì, dietro di te. a sorreggerti, a salvarti. l'importante non è che ci sia, ma solo che tu creda che ci sia.
questo è il trucco -l'ultimo- che mi insegnerai?
è questa l'ultima lezione prima del salto? che io possa illudermi che tu sia ancora con me per guidarmi?

eppure forse no, forse ho frainteso tutto, perchè in fondo, io lo so e tu lo sai, non sei tu ad abbandonarmi. sono io che me ne vado. ma ho paura. tu lo sai, io lo so. allora mi chiedo: e se non me ne andassi? ma a un certo punto, ognuno di noi deve mettersi lo zaino in spalla e diventare il protagonista del suo viaggio..da solo.

perchè siamo sempre soli.
ci sono compagni di strada, ma tutto - la partenza, la strada da fare, le soste, le inversioni, i cambiamenti- li scegliamo da soli. a volte anche la meta, a volte viene naturale, senza doverci pensare prima.. a volte è il viaggio a contare, a volte l'arrivo. come nelle storie a bivi di topolino.. le regole per giocare le conoscono, un po' me le hai insegnate tu, un po' le ho imparate strada facendo. manca solo il coraggio di prendere il largo.

credo rimarrò ancora un po' alla fonda, studiando le correnti, ma so che se non scenderò io, scenderai tu. la strada insieme sta per finire, vedo il bivio ma non so calcolare quanto tempo ci vorrà per raggiungerlo e poi sarà solo un lungo addio. ma tu sarai sempre parte di me e ti ricorderò sorridendo, credo.

mercoledì 15 giugno 2011

darsi tempo

sarà che ancora non c'è il sole, che ho sonno, che mi sono svegliata storta, ma sento quel peso sullo stomaco da giorno della confessione, quando ti scavi dentro cercando davvero di capire cosa c'è che non va ma non funziona, i pensieri si frantumano come la luce sui prismi e ti trovi incantata a guardare arcobaleni apparire ovunque.. frammenti di immagini, frazioni di pensieri, come un vaso rotto in mille pezzi e non c'è colla ne pazienza che riesca a dargli un senso.

momenti che non so come gestire, quando il malessere è così generale e diffuso, parte dallo stomaco, sale nei polmoni, gira insieme al sangue e raggiunge tutto il corpo, fanno male ossa, muscoli e pelle.
niente. impossibile capire quale sia la soluzione.
forse solo aspettare, fare un bel respiro, non cercare ora di rimettere insieme i pensieri per arrivare al nodo che ingarbuglia tutto, lasciarli fluire.. prima o poi verrà in superficie da se..invece scavando rischio solo di mandarlo più a fondo.. non si può sbrogliare una matassa se non si trova almeno un capo.

è che la pazienza mi manca, mai avuta, una di quelle qualità che compone la lista dei to do: imparare la pazienza, dare tempo alle cose al sentire.
non pretendere di avere sempre una risposta, adesso, qui e subito. ci provo a imparare ma è difficile, per me che ho sempre vissuto come se la risposta fosse più importante della domanda, per che che il dubbio è simbolo di debolezza..ma imparo, piano e a fatica, che non è proprio così.. smusso gli angoli del mio ego con una limetta per le unghie, ricostruisco i giusti pezzi come una barca in una bottiglia, strano souvenir di isole lontane, lascio che il dubbio mi pervada come un intorpidimento durante il corso di yoga.
ma ci vuole tempo a imparare a darsi tempo.

venerdì 10 giugno 2011

gessetti, lavagne e manuali

vorrei tracciare col gessetto i confini tra te e me, come in quei giochi di bambini nel sole estivo subito dopo pranzo.  vorrei scrivere sulla lavagna le regole bene in fila, una dopo l'altra in ordine decrescente di importanza (fino a un massimo di 10 come omaggio alle nostre origini) come una lista della spesa e una to do list. vorrei leggere il  nostro manuale di istruzioni per scoprire le molteplici funzioni  come quelle della mia lavatrice, che io pensavo lavasse e basta e invece magari fa anche il caffè.

vorrei ma non posso: non ci sono gessetti, lavagne e manuali per imparare dove finisci tu, dove finisco io, dove comincia noi. possiamo solo provarci, sbagliando, discutendo, impuntandoci, filosofeggiando sui massimi sistemi, possiamo solo sporcarci le mani e fare insieme questa costruzione, che è un po' castello di sabbia, un po' casetta del lego e un po' torta di fango.

perchè io non posso vivere delle tue regole, come tu non puoi vivere delle mie. dobbiamo per forza inventarne di nuove. e di tutti i concetti, buttiamo via la definizione che conoscevamo e come se fossimo in un paese straniero senza dizionari proviamo a dargli noi un senso giocando con le assonanze che ci suonano dentro.

vieni vergine a me di conoscenze così come io frò tabula rasa di tutto quel che credevo di sapere. rinventiamo da capo il mondo senza perdere la voglia di stupirci e di ridere insieme.

giovedì 9 giugno 2011

assenze

le assenze sono difficili da vedere e spiegare, sono nascoste nei meandri della memoria, rinchiuse in scrigni senza serrature, distorte dal subconscio per bruciare meno strati di pelle e essere meno vulnerabili.
sono quadrifogli lasciati a seccare in pagine ingiallite di libri che non leggeremo mai.
sono parole di canzoni che non sapevo di sapere, ma parte la prima nota ed eccola lì, come l' "A Silvia" si srotolano sulla lingua senza bisogno di pensarci.
sono l'acquazzone che mi sorprende e mi prende. così le assenze mi sorprendono in mezzo a una frase che non c'entrava, arrivano potenti come un odore che ho sempre saputo fosse lì, seppellito dentro me, e quando riaffiora mi acceca di forza e presenza.
le assenze sono presenze silenziose che urlano fino ad assordarmi.
le assenze finiscono per pesare più delle presenze se non mi rassegno a occuparmene, cullandole e vezzeggiandole come farei con un nipotino fastidioso.
perchè più le respingo, più tornano a galla, sogni annegati senza zavorra.
più le evito più macerano come frutta non colta.
e allora le carderò con la pazienza di una filatrice, sciogliendo i nodi uno a uno finchè non saranno setose e luminose abbastanza da filarle nei panni della memoria dando loro finalmente forma e colore, così che non possano più fare male.
basteranno 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire per purificarmi dalle assenze che come fantasmi vivono nel mio sangue?

mercoledì 8 giugno 2011

le vite degli altri

sarà che non c'è il sole da troppi giorni, che le cose da fare tolgono energia, che gli unici contatti umani si limitano a pc e telefono, sarà che anche lui è presissimo e quando siamo insieme più che comunicare ci informiamo a vicenda, sarà che sono immersa in un libro che non capisco, non mi piace e mi lascia inqietudine addosso, sarà che l'estate sembra allontanarsi invece di avvicinarsi, sarà che dopo un grande momento ricco di tensioni ma anche di emozione c'è sempre una discesa..

sarà ma io mi sento apatica, insoddisfatta, stanca, in difficoltà..quando il meglio della giornata è un serial, quando la prospettiva di sabato sera invece che rendermi felice mi imbarazza, quando anche solo pensare agli amici sa di complicazioni invece che di relax, mi viene il dubbio che sia ora di cambiare aria.

ma poi mi dico che ci vuole tempo e pazienza e energia per costruire qualsiasi cosa, che non esiste l'isola di Utopia dove tutto funziona esattamente come vorrei, che ovunque andrei dovrei ugualmente costruire, allora forse è meglio non scappare dall'ennesima fatica, ma rimboccarmi le maniche e lavorare, finchè il sole non asciugherà anche questo bucato di incertezze e farà risplendere di nuovo il giardino che amorevolmente abbiamo curato..

sarà perchè partono persone importanti che tutt'a un tratto partire diventa una prospettiva così affascinante, ma non è ancora il momento per me, lo so, lo sento..e non posso vivere le vite degli altri, solo perchè la mia adesso, proprio oggi, non mi calza a pennello.

è questo uno dei miei nodi, non trovando la mia vita (quella per così dire perfetta, ideale, quella che teoricamente dovrei trovare lì già pronta, solo infilarmici dentro, come in un vestito su misura, in un letto dalle lenzuola appena stirate) allora sogno di vivere le vite degli altri, prendendo come unici fari, quel po' di luce che le persone gettano sui loro abissi quando si raccontano.

eppure non è così che si fa, ne' in realtà lo vorrei: voglio la mia vita, quella vera, quella che si costruisce giorno per giorno, quella che mi riserverà sorprese se io le cercherò, che mi darà quello che io saprò chiederle.

ma è faticoso convincersi dell'imperfezione e della inadattabilità di vite altrui alla mia pelle, quando sembrerebbe solo un passo entrarci dentro e avere tutto senza dover chiedere alcunchè.

domenica 5 giugno 2011

di quando smetterò di scrivere

smetterò di scrivere quando il cuore sarà pacificato?
ho sempre pensato che gli scrittori migliori, i più prolifici, quelli che arrivano al cuore siano i più tormentati..non si scrive quando si sta bene ma quando un impulso profondo ci porta a mettere le nostre confusioni in chiaro esternandole da noi, rendendole oggettive, forse respingendole, facendole di tutti e non solo nostre.
ho sempre scritto per trovare pace, perchè condividere è il mio trucco per riordinare le idee, acquietare il mio cuore, ritrovare il filo delle mie emozioni..

ora mi chiedo: smetterò di scrivere quando il cuore sarà pacificato?
non avrò più parole quel giorno, oppure è solo l'illusione romantica a cui ho sempre dato credito che più si è tormentati più si è profondi?
vivo una fase di tregua e non trovo parole per esprimerla..le parole che conosco sono di ansia, paura, dolore..chi mi insegnerà il linguaggio del compromesso, della serenità, della speranza? dovrò inventare una nuova me stessa per esprimere questi stati d'animo oppure semplicemente non avrò più parole da scrivere e dire..
ma poi è davvero possibile avere il cuore così pacificato che i suoi conflitti mi appaiano indegni di essere scritti?

venerdì 3 giugno 2011

quello che..

quello che ho, quello che ho combattuto per avere, quello che vorrei e che voglio..
a volte basta, a volte no, a volte ottengo quello che voglio dopo mesi di faticosi silenzi per far capire quello che le parole non hanno saputo spiegare e quando ottengo lo stesso silenzio, mi stizzisco.
come hai potuto dimenticarmi (anche se era quello che ti chiedevo)?
come puoi ignorarmi (anche se io ho ignorato te)?
ah, quando il narcisimo scava fossati nei miei desideri e l'onnipotenza fa a cazzotti coi limiti, allora mi chiedo: avrei fatto meglio a non volere?
ma lo volevo, sul serio, quel silenzio tra noi che finalmente alla fine chiude quello che non mi serviva più..eppure il fatto che tu l'abbia accettato mi lascia così..sabbia tra le mani e tra i denti, scottature da primo sole sulla pelle, quando tira e brucia e non c'è nulla che può lenire il fastidio.
ecco tu sei fastidio per me: il tuo esserci-non esserci.
mi illudevo di essere più matura. mi illudevo, appunto.
e poi pensieri di viaggi -miei, altrui- e di nuove discussioni.
il fil rouge è sempre quello. fatico ad accettare che possano vivere senza me. ma non pesa più come un tempo, ora non sento più di sbiadire..sento solo l'irritazione solare sulla pelle, una cicatrice nell'anima.
quando smetterò di cercare disperatamente di colmare i vuoti del passato, allora accetterò che loro accettino la mia distanza con leggerezza.

giovedì 2 giugno 2011

decompressione

dopo le corse pazzesche delle ultime settimane, dopo un crescendo di tensione ed emozione, ora mi sento svuotata. come dopo la laurea, non è una brutta sensazione, è una letargia dolce, da "ho fatto il mio dovere" che mi rende un po' soporifera, poco comunicativa, non ho parole adesso, ma non mi sembra un male.. è solo bisogno di decomprimere, di lasciarsi cullare da immagini e sorrisi, ripercorrere mille volte gi stessi momenti, rivederne le sfumature..
non è un brutto stato d'animo, sono solo un tantino spaesata. essermi concentrata tanto su un obiettivo mi lascia senza orizzonti ora che l'obiettivo è raggiunto..
ci vorrà qualche tempo per riprendere le fila della mia vita abbandonate per seguire questo progetto..
per ora mi sento sospesa, ho in mente un po' di cose ma così disordinate e confuse e leggere da sembrare sogni.
poi rifarò ordine, mi ridarò priorità e ripartirò nella mia versione treno in corsa..per ora mi lascio vivere un po', e non è una brutta sensazione.
faccio fatica a chiarirmi i sentimenti, ma è solo questione di tempo.