gamibu

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martedì 31 dicembre 2013

riflessioni post natalizie

ritornata ieri da venti giorni sotto il dominio della mater, del pater, della sista e dei parenti vari.. purtroppo essendo feste comandate ho visto poco pochissimo gli amici, giusto un tour de force di caffè e cene e pioggia e vento gelido. baci su guance gelate, abbracci con troppi cappotti in mezzo, sigarette fumate di fretta fuori dai locali che nei paesi civili non si fuma dentro. parole, tante, tutte di fretta per riassumere mesi in poche ore. eppure la sensazione è che non servisse riassumere granché. a volte basta uno sguardo e si ritorna a essere noi. bella sensazione.

per il resto, troppi parenti, troppo cibo, troppo poco sonno, troppe influenze - fisiche e psicologiche.

ho passato un sacco di tempo con la sista, cercando di capire come incastrarci. è mia sorella, le voglio bene, ma dopo 5 anni di analisi, ho deciso che non posso preoccuparmi per lei. non sarebbe giusto, per lei e per me. eppure mi resta quella sensazione di vederla andare alla deriva e di non sapere come aiutarla.. è persa in un mare di rancore, invidie, autocommiserazione, rabbia repressa a fatica. circoli viziosi da cui non so come spronarla a cacciarsi fuori.
la guardo, la guardo con il Genero Perfetto, il suo compagno, che ovviamente non è perfetto ma mi piace, è gentile, premuroso, presente, ironico al punto giusto. la guardo coi parents, coi parenti e gli amici comuni. e mi sembra che affronti tutte le relazioni dal lato sbagliato. vede solo i problemi, le incomprensioni, è aggressiva e nervosa, scatta per nulla, è permalosa.

la guardo e mi stupisco: anch'io ero così. lo so, me la ricordo quella sensazione di essere sempre arrabbiata, sempre in attesa di rivalsa, sempre con la frecciatina pronta a scoccare e ferire senza riflettere sulle conseguenze. me la ricordo quella sensazione di essere in trincea, di dover difendere con le unghie e coi denti la propria posizione, ogni scelta fatta, ogni idea.
mi piacerebbe dire che li ho guardati tutti con distacco e non  mi sono lasciata coinvolgere, ma non è così.. troppi anni di meccanismi e ruoli che mi hanno risucchiato. la mattina che mi sono svegliata arrabbiata con il mondo, con la voglia di spaccare tutto e infastidita da tutto e tutti mi sono preoccupata per me stessa e per loro.

ho capito che tristemente, per quanto li ami tutti, la cosa migliore che ho fatto nella mia vita è stata andarmene. andarmene a km da loro, lontana da queste logiche perverse, dalla incapacità di essere felici, dall'invidia, dal senso di oppressione e implacabilità, dalla voglia di rivalsa contro il mondo, dalla sensazione di ingiustizia, dalle regole autoimposte, dal visione calvinista e punitiva della vita, dal dovere prima del piacere, dall'incapacità di mostrare affetto in maniera semplice e pulita senza doversi vergognare di questa "debolezza".

sono scappata, lo ammetto. un po' me ne vergogno, ma col tempo ho accettato l'idea che se non posso salvarli tutti - ossia cambiarli, spedirli dalla mia psico per, che so, un decennio almeno- mi dovevo il tentativo di salvare almeno me stessa.
sono andata via. e ora mi mancano. ma so che è stata la scelta migliore per me. che lontana da tutto quel mare di negatività, io sono serena. e sento che non capiscono, lo vedo nei loro sguardi: ma come, 30 anni, niente figli, niente lavoro, in un paese difficile e a tratti molo brutto, e sono serena? e poi vedo anche invidia nei loro occhi: ma certo, posso non lavorare, faccio la signora, nessuna responsabilità, nessuna faticosa quotidianità, facile essere serena.

a volte mi ferisce vederli così giudicanti, ma in fondo so che è una difesa.. se si ponessero la domanda se è davvero questo che mi da' serenità, dovrebbero anche chiedersi se è davvero così irraggiungibile come credono loro, se davvero sono le cose materiali a darmela e non la voglia di vedere il bicchiere mezzo pieno, le persone amorevoli che ho intorno, la volontà ferma e costante di essere felice, la presenza indispensabile del mio amore, la mia capacità dopo tanta lotta e fatica di accettarmi, di andare oltre e scegliere di vivere la vita al meglio...
non si può pretendere da nessuno che si metta in discussione fino a questo punto, quindi- forse sbagliando- sto al gioco, faccio finta di condividere ancora molto con loro, mentre li guardo scivolare via.

soffro, ovvio. li amo, perciò soffro, ma non lascio che il gorgo di sentimenti e abitudini mi inghiotta. quando salgo sull'aereo, sono di nuovo io. mi mancano, certo. ma è meglio dell'alternativa. finché non sarò in grado di ammettere la mia diversità senza sentire il peso della colpa. finché non saprò ammettere che li ho abbandonati per salvarmi e questo non fa di me una cattiva, un nemico.

torno alla mia vita, me li immagino felici, per quanto possano esserlo, mi immagino felice. vorrei fosse più semplice, vorrei fosse semplice. ma cerco comunque di ritrovare il mio equilibrio, lascio scivolare in fondo, tra i piccoli dolori dell'anima, tra gli strappi non ricuciti del mio cuore. e ricomincio la mia vita.

mercoledì 20 novembre 2013

it's over

quando la realtà cambia in un secondo, quando mentre sei con le tue amiche, le tue due uniche amiche, fuori per shopping e con una telefonata il trio diventa un duo, quando sai che è semplicemente finita e che non sarà mai più uguale.

quando cerchi di non piangere perché avete meno di 24 ore prima che lei salga su quell'aereo e torni a casa, quando sebbene tu creda alle promesse di rivedersi e risentirsi, sai che il problema è che semplicemente un'epoca è finita, quando vorresti attaccarti alla flebile speranza che non sia così che possa tornare, ma hai una paura maledetta di essere delusa.

quando ti nascondi per piangere, che gli adulti non piangono, e allora io non sono adulta, perché io piango, e non posso farci niente perché ho il cuore spezzato, perché a una delle mie sorelle con cui condivido questa strana vita è stata anticipata la partenza di 6 mesi con 24 ore di preavviso.

e tutt'a un tratto, tutti i progetti, tutte le routine, tutte le telefonate sceme, e tutto il tempo perso si liquefano nelle mani.

di tre cose sono certa

1. non sarà mai più uguale: in qualsiasi posto io vada, chiunque io incontri, un'alchimia così non risuccederà.
2. non sarà mai più uguale: un trio che diventa un duo è uno schifo, chi rimane si sente abbandonato e amputato e perso e deve trovare un modo per vivere attorno a quel buco che ha.
3. non sarà mai più uguale: quando perdi qualcuno che ami, la tua vita cambia.

mercoledì 30 ottobre 2013

nella vita ho due passioni: i libri e la storia. sono due passioni che si mescolano bene. ho sempre pensato che avrei lavorato coi libri e con la storia, o con la storia dei libri, o con i libri di storia, o.

invece sono specializzata in un campo diverso: sogni irrealizzati. non è neppure un lavoro, nel senso che non mi pagano per esserlo, però ho un'esperienza non indifferente in questo settore. sogni irrealizzati per paura, codardia, incapacità. qualsiasi sia il motivo, io sono preparata.

nella mia testa navigano almeno cinque romanzi, storie diverse che si intrecciano, fili sottili che seguo prima di addormentarmi. neppure uno è un incipit sul computer. per la ragione di cui sopra, direi. perché ho paura di non saper scrivere ma soprattutto, perché sono una lettrice. invento trame, e poi aspetto che mi venga svelato il finale, sono curiosa, ma non mi sento in grado di scriverlo io quel finale. perché bisognerebbe sapersi prendere la responsabilità suprema, quella che mi spaventa profondamente: provare a realizzare un sogno. sapendo che potrei fallire e, soprattutto, esponendomi al giudizio degli altri.

sarà per questo che ho "scelto" la mia specializzazione. devo dire che non ci faccio molto, ma mi fa sentire piacevolmente preparata nelle chiacchiere da bar. se puoi definirti un fallito prima ancora di averci provato, forse hai un certo fascino...

faccio ironia.

ho sempre pensato che fosse un buon modo per affrontare le paure. non so neppure se stavolta è paura o solo consapevolezza.
non sono particolarmente triste all'idea di non aver avuto il coraggio di realizzare neppure un sogno. non ho mai avuto la costanza e il fuoco sacro che immagino servano per farcela.
non mi lamento della mia medietas. vivo la vita con gli strumenti che ho, cerco di migliorarmi per quel che riesco, provo a essere coerente con le mie scelte, a essere onesta, autentica.
forse di più non so fare.
perché nessuno di quei romanzi merita di essere scritto, nessuno dei sogni che ho avuto l'ho sognato abbastanza forte. forse un giorno troverò la mia strada, o una strada che possa essere mia. solo, mi chiedo: è possibile trovarla se non la cerco?

martedì 29 ottobre 2013

la traversata dei sensi

nell'i-pod parte una canzone, mando avanti veloce, perché, prima che me ne accorga, sono in un letto sudato, in una soffitta lontana nello spazio e nel tempo, alla luce verdastra di uno schermo di pc, acceso tutta la notte, per mandare in un eterno repeat quella canzone.
è bizzarro, il senso più sopravvalutato è la vista, forse perché i nostri ricordi sono quasi sempre visivi, almeno quelli più facili da ripescare. eppure non sono i più forti, quelli che colpiscono come uno schiaffo. i ricordi visivi sono al nostro servizio, possiamo selezionarli, ripescarli quando vogliamo, giocarci, modificarli, plasmarli in un certo senso, rivederli mille volte come un video di youtube, skipparli.

sono gli altri sensi che non so gestire.. una canzone, per esempio. anche se posso scegliere di ascoltarla, in un certo senso i ricordi che richiama alla mente, non posso selezionarli. arrivano potenti e univoci, immagini che scorrono..la colonna sonoro-visiva della mia vita.

ci pensavo mentre saltavo la canzone. ci sono persone della mia vita, ombre incontrate superficialmente soprattutto, che stranamente sono collegate in maniera irreversibile ad una certa canzone. non parlo della canzone, nel senso da matrimonio americano dove si suona la "canzone" della coppia. intendo in maniera inconscia, e a senso unico. ossia per me quella canzone è una persona. e di solito una persona così poco permanente nella mia vita che neppure lo sa.

è strano. chissà se anch'io per qualcuno a cui non dedico mai un pensiero sono una canzone. e chissà quale? magari non è neppure una canzone che mi piacerebbe.
quando ero ragazzina mi è successo.. un ragazzo incontrato quasi casualmente, era per me associato ad una certa canzone.. in una di quelle lunghe telefonate adolescenziali gliela feci ascoltare.. lui, senza neppure capire cosa voleva dire per me condividere questo segreto con lui, me ne fece ascoltare un'altra in rimando. una che io odiavo e che mi sembrava così sbagliata da provare imbarazzo per lui. da allora questa strana associazione musica-persone l'ho tenuta per me. non l'ho mai più condivisa, temendo che l'enorme delusione e il senso di mutua incomprensione si potesse ripetere.

mi fa sorridere pensare che meteore nella mia vita, siano ancorate a me in maniera così incancellabile da una canzone. forse è una sorta di legge del contrappasso. più queste persone sono state poco importanti nella mia vita, più non posso liberarmi del loro ricordo per via di una canzone.
forse semplicemente occupano quella parte di ricordi visivi che non vedo motivi per ripescare, ma una volta innescati da una canzone sono ancora più sconvolgenti degli altri perché lasciati nel dimenticatoio.

se non volessi più ritrovarli forse basterebbe cancellare le canzoni dalle playlist. ma forse in fondo voglio che siano lì. voglio che quelle canzoni li richiamino alla memoria. perché sono parte di me. perché nonostante il modo in cui è andata a finire, il ricordo di quella soffitta è un ricordo. e io amo i ricordi. tutti. anche se a volte salto una canzone.

domenica 27 ottobre 2013

noia

ho trascorso le ultime settimane tra serial americani e canzoni e sinceramente l'unica nota positiva è una migliore competenza passiva dell'inglese.. sto letteralmente buttando via le mie giornate e non è che possa colpevolizzare qualcuno a parte me stessa. ho dato l'esame, in attesa dei risultati dovrei iniziare a muovermi ma non faccio nulla. mi crogiolo nello stato di vuoto e inutilità dei miei giorni.
me ne vergogno. abbastanza da voler evitare di sentire mia madre, perché sento che la sto deludendo.
ma poi mi immergo in un mondo parallelo fatto di storie e parole e vite altrui, e riesco a dimenticare per qualche ora quanto stia sprecando la mia vita.

non è che io sia infelice. infelice è una parola troppo grande. sono insoddisfatta. ma soprattutto sono superficiale. preferisco non scavare. non voglio chiedermi troppo il perché. non voglio risposte.
voglio solo che la musica sia abbastanza alta da coprire i miei pensieri.

mi lascio vivere soprattutto, ma davvero non posso dire di stare male. solo non mi riconosco in questo vuoto.

però con gli anni ho imparato anche a darmi tempo. sotto la cenere di queste giornate tutte uguali, so che qualcosa lavora per armi trovare una strada che possa essere mia. sono io che lavoro, anche se vista da fuori sembro solo annoiata.

a volte serve tempo per fare la prima mossa.

lunedì 7 ottobre 2013

16 anni e esami

a 16 anni avevo una vespa gialla limone. la mia vespa aveva un nome (!). si chiamava sandinista -detta sandy- come l'album dei clash. non voleva mai partire. soprattutto in certe mattine d'inverno quando ero in ritardo per scuola.
a 16 anni sapevo esattamente cosa avrei fatto della mia vita. avevo un ragazzo, degli amici e una chiarissima idea del giusto e dello sbagliato.

stamattina andando all'esame, ho visto un tipo che non riusciva proprio a far partire la sua vespa. era vecchia, mal tenuta e - ci scommetto- non aveva un nome. però mi ha ricordato le mattine della mia adolescenza, quando stufa di spingere rimettevo sandy in garage imprecando e chiedevo a mia madre di portarmi a scuola. e mi sono ricordata di quanto era bello avere 16 anni e tutte le certezze.

l'esame è fatto, consegnato, imbustato e -spero- in spedizione.
i risultati tra due mesi. sono scaramantica, perciò non dico nulla delle sensazioni. non controllo nulla.

adesso prendo un libro, magari uno di quelli che leggevo a 16 anni. mi rilasso e mi dimentico che a più di 30 anni ho ancora meno certezze che a 16.

venerdì 4 ottobre 2013

riflessioni di un weekend di studio

weekend sui libri, sola a casa. io, il gatto, la bottiglia di evian, youtube in sottofondo.
mancano solo 3 giorni. lunedì l'esame. temo di non passarlo. ma tutt'a un tratto mi rendo conto che in realtà conta fino a un certo punto. cioè, lo voglio passare, ci tengo. credo che ne potrò ricavare qualcosa di buono e temo di non farcela.
ma l'altra sera prima di addormentarmi ho detto al mio amore "questo è l'esame più importante di tutta la mia vita".. e poi sono scoppiata a ridere.. perché non è vero.
tutti gli esami sono importanti e la vita è piena di esami. ne ho fatti parecchi, altri ne farò. alcuni più tranquilla altri più in ansia. alcuni pensando mi avrebbero cambiato la vita, altri perchè dovevo. ma sicuramente questo non è il più importante. non è la porta per realizzare un sogno, è solo il modo per trovare un lavoro accettabile, iniziare un'avventura nuova, che però non credo proprio sarà la mia avventura.

è tanto che non immagino più una vita regolare, con un lavoro stabile. so che la mia vita non sarà così per un pezzo. e ho imparato a farci i conti, con sogni che non vanno oltre qualche mese, al massimo un paio d'anni. perciò è ridicolo, in una vita così incerta e instabile come la mia, pensare che qualcosa sia per sempre.

più cresco e meno certezze ho. il cambiamento è una certezza. e col tempo ho imparato a fare i conti con me stessa e ho capito che in fondo mi piace. mi piace non sapere dove sarò fra un anno. mi piace pensare che le radici siano elastiche invece che statiche e immobilizzanti. mi piace sapere che ovunque io sia, una connessione a internet, il mio kindle e i contatti dei miei amici sono tutto quello che mi serve per sentirmi a casa. però ho l'anima di una che si ferma, che costruisce. perciò continuo a costruire, sapendo che devo essere flessibile e che tutto quello che creo deve poter stare in un container. invece che formica devo essere chiocciola, per potermi portare dietro ovunque vada, la mia casa.

forse è per questo che studio tanto. quello che hai dentro, te lo porti sempre dietro. forse era il mio destino, visto che non so costruire nulla con le mani. forse devo osare, buttarmi dal burrone, per scoprire se volo. forse devo iniziare a costruire con la testa. o forse col cuore.

intanto torno ai miei libri, ai miei non-progetti, all'ora e qui. poi, magari, un giorno avrò anche il coraggio di scoprire se so volare.

domenica 29 settembre 2013

qualcosa è cambiato

non so bene cosa. ma giovedì, tutt'a un tratto, nel momento in cui attendevo la crisi più acuta, l'ansia- quella vera, quella che paralizza- si è dissolta. ha fatto puff - come le streghette dei cartoni quando scompaiono- e non c'è stata più.

ora c'è una discreta preoccupazione per l'esame. la volontà di passarlo, il timore di non essere abbastanza pronta. ma l'ansia paralizzante è sparita. niente tachicardia, niente mal di stomaco.
solo io, i libri, la volontà di recuperare una settimana spesa male.

saranno state le parole di confronto con chi amo. sarà stato scoprire che rischiavo di non farlo per nulla l'esame per problemi burocratici, ma qualcosa è cambiato dentro di me.

ho sventato di nuovo un attacco di panico? ho tenuto il controllo? ho gestito le mie fragilità? non so se prendermene il merito. temo che gioirne sia attribuirmi una capacità e un potere che non ho. eppure non posso credere che sia stata solo fortuna.
entrambe allora: fortuna e volontà.
ma non è sempre così nella vita? un mix di casualità e impegno?

intanto, qualcosa è cambiato.
e io respiro di nuovo.

martedì 24 settembre 2013

diga

mi sento come una diga piena di crepe. mi sento come un pupazzo a molla rotto.
sento che sto crollando.
cerco di tenermi insieme ma stavolta non so se ci riuscirò.
se cerco il motivo di tutto questo, non lo trovo.
sbatto contro le pareti del mio cervello, come una falena attirata dalla luce.
ritroverò la calma, lo so.
solo che ora l'ho persa e non so dove cercarla.
la solitudine che ho sempre amato, mi terrorizza.
fare i conti con me stessa, mi appare un'impresa titanica.
sto bene solo quando non penso.
quando sono in mezzo alla gente.
quando dimentico.
non è una crisi di panico.
quella la ricordo bene. non c'è compagnia che ti salvi.
però sto male.
sto crollando e non c'è attak che mi tenga insieme.
fare i conti con me stessa. troppo difficile, ora.
 

lunedì 23 settembre 2013

tutto è ciclico


sono giornate difficili. mi sveglio con il maldistomaco e la tachicardia. e non è solo l'esame che si avvicina. è il dopo. è il durante. è la fine delle illusioni. è realizzare tutto a un tratto che ho buttato nel cesso tutti i miei sogni. è sapere, sentire che non sono completamente libera. e allora cerco di scappare dalla mia vita rifugiandomi nei libri, nei serial. questo weekend ho fatto il pieno, fino a sentirmi male. male davvero, per una intossicazione da caffeina. non ero così autodistruttiva da tanto tempo. mi viene da chiedermi se davvero il tempo sia lineare e non ciclico. perché io mi sento rimpiombata in una crisi adolescenziale, mi sento vicina vicina a quel periodo della mia vita costellato dalle crisi di panico.

e mi chiedo se davvero 5 anni di psico siano bastati o se anche la terapia sia ciclica. se se ne esce mai davvero.. ok, è vero, adesso ne parlo e tengo sotto controllo. ma basta? non lo so.

è che sento troppe pressioni, dentro e fuori di me. ancora una volta rimetto in discussione tutte le scelte, tutta la strada, tutto quello che ho. ancora una volta l'unica motivazione per cui tutto sembra avere senso è lui. lui è l'unica cosa che non cambierei. ma cambierei me. cambierei le volte in cui non ho avuto il coraggio e le volte che mi sono omologata a un'immagine di me che non ero io.
dentro di me sono in lotta quella che ero che non si rassegna ad accettare quella che sono, e quella che sono, che non sa bene come liberarsi di quella che ero. poi c'è da qualche parte, tra le pieghe delle scelte ancora da fare, quella che sarò. e vorrei avere la capacità di aiutarla a essere più libera di me oggi.  ma non so come fare.

è che è tutto così assurdamente ciclico. forse non si cresce mai. è solo un continuo ritorno sugli errori già fatti, nel disperato tentativo di farne di nuovi.

non è facile. questi giorni non sono facili.


 

giovedì 12 settembre 2013

non è sempre facile..

mi sono svegliata con un senso di fastidio nello stomaco, i muscoli bruciavano e la testa era pesante.. nessuna malattia, solo la voglia di essere in un'altra pelle. forte, urgente. il bisogno di vivere un'altra vita.
i libri che mi aspettano per provare a passare un esame che -se andasse bene- mi porterebbe a un lavoro che non credo sarà mai il mio.

non so esattamente cosa ho sognato, ma il primo pensiero semilucido è stato "che diavolo ci faccio qui? che diavolo sto facendo?" davvero incanalo tutte le mie energie per vivere una vita che non amo, che non è mia, che non mi assomiglia?

saranno solo i sogni, sarà un segnale. ma non è solo un problema del paese. non è solo che non vorrei vivere qui. vivere qui non mi piace ma è un'ottima scusa per non farmi domande. sono io che non vado. nel vero senso delle parole.. non vado da nessuna parte. sono 3 anni che non lavoro, 2 me li sono regalati per seguire un sogno. il sogno è finito. e ora cerco con tutte le mie forze di abilitarmi per fare qualcosa che non voglio. ma che diavolo è successo? come sono finita qui? in questa assurda e paradossale situazione? dove sono le vite parallele che avrei voluto, come faccio a raggiungerle e viverle?

eppure, eppure prima di addormentarmi mi era tornata in mente una delle tante casualità della vita, una sciocchezza successa a fine liceo che però risalendo il filo dei ricordi si è dimostrata quel famoso bivio che mi ha portato fino qui. e ho sentito... beh, ho sentito che dovevo essere grata per aver fatto quello che ho fatto in quel caso, se no, srotolando la mia vita non mi sarei trovata ieri sera nel letto con la persona che ho accanto. e proprio poco prima di addormentarmi l'ultimo pensiero semilucido è stato "non cambierei una virgola, non toglierei un grammo di sofferenza e dolore e indecisione, non correggerei un errore, perché è tutto questo cumulo di sofferenze e dolori e indecisioni e errori che mi ha portato qui, ora." e sono stata grata alle casualità della vita.

e poi come in una perversa legge del contrappasso ho sognato qualcosa che mi ha fatto svegliare sperando di non essere qui, ora, con questa vita dietro e davanti. lui non c'entra nulla. lui lo vorrei comunque. in tutte le mie vite parallele. lo so. dovessi vivere mille vite, sempre lui cercherei. sempre lui troverei. ma il resto, il resto. a volte non sembra mio. a volte non sembro io. a volte semplicemente non mi riconosco nello specchio.

è che non è sempre facile accettare la responsabilità delle proprie scelte. a volte vorrei fosse stato diverso. vorrei che non fosse l'amore per lui l'unico punto fermo della mia vita. poi respiro profondamente, bevo un caffè, fumo una sigaretta e mi rimetto davanti allo specchio. sono io l'unica responsabile della mia vita. degli errori e delle scelte che si sono rivelate buone, anche se al momento di scegliere apparavano buone quanto qualsiasi altra. a volte ho seguito il mio istinto, a volte ho provato a seguire la logica. in media ho fatto quello che mi diceva lo stomaco, e alla fine è andata bene.
solo non è sempre facile accettare che se sono qui, ora è perché l'ho scelto io. non è sempre facile, ma ho bisogno di essere onesta, almeno con me stessa. questa sono io, che assomigli o meno all'idea che avevo di me. questa sono io.

domenica 8 settembre 2013

sesto senso

sono una persona concreta e razionale. mai creduto a nulla che non possa vedere e toccare, sono un santommaso. però credo al sesto senso. insomma lo immagino come una capacità del cervello di cogliere aspetti che scivolano ai margini delle catene logico-razionali, di immagazzinarli e farli emergere come risposta nei momenti in cui qualcosa non torna, come senso di malessere di fronte a cose cha appaiono assolutamente normali ma non "finiscono".

lunga premessa per dire che il mio "sesto senso" è all'erta. sento che qualcosa non va in una certa relazione di amicizia. in apparenza tutto normale, ma manca un calore, un trasporto, una volontà di condivisione che prima percepivo e ora è svanita. e allora sono in guardia in ogni interazione, attenta nel sondare, senza scoprirmi troppo. però ho perso spontaneità e questo mi fa male. e sono prevenuta, cerco segni, sfumature che confermino questa ipotesi. eppure non so se questa è la causa o la conseguenza. intendo: nasce da lei o da me? proietto su di lei quello che sento io, oppure è proprio lei ad avere questo atteggiamento?

prima delle vacanze non era così. eravamo sincere eppure è proprio prima delle vacanze che qualcosa si è incrinato. io ero sotto pressione e avevo la sensazione che lei cercasse di dominare le mie scelte. un paio di volte abbiamo discusso. oddio, in realtà io ho sbottato, ribellandomi a qualcosa che forse, riguardando indietro oggi, non esisteva.
ma oggi, la situazione è diversa. è come se lei avesse mollato il colpo. forse vivevamo troppo in simbiosi e lei ne è stanca, o forse ha capito che mi sentivo manipolata, o forse sono tutte paranoie mie.

non lo so, ma vorrei ristrutturare questo rapporto su basi più sane. cioè, in realtà come va ora è perfetto, il problema è che io "sento" che la base è insana, è un misunderstanding. vorrei aver voglia di parlarle, chiarire e sentirmi serena. d'altronde come sempre temo il confronto e temo che il divario si ampli e approfondisca. per quel che so di lei, è una che ama poco le chiacchiere e preferisce tenersi tutto dentro, condivide poco. e immagino da oggi ancora meno.
ora, forse un mio sforzo potrebbe rigettare il ponte. oppure distruggerlo definitivamente.

per ora sto qui col sesto senso all'erta, chiedendomi se ho percepito qualcosa di reale o semplicemente la mia sindrome dell'abbandono costruisce scenari immaginari e illude il "sesto senso".. perché credendoci poco, credo poco a quello che mi dice, razionalizzo, analizzo, scandaglio e poi resto qui, con frammenti cangianti in mano a cui non so dare forma e che non possono darmi risposte.

resto qui, ma il malessere c'è. e non so se aspettare e vedere sia una buona idea.

mercoledì 7 agosto 2013

chiuso per ferie

ho lasciato un paio di post non pubblicati che presto cancellerò dalla memoria. non dicevano nulla o forse dicevano troppo.
non è un momento di grande comunicazione. ma sento che queste settimane senza pc mi faranno bene e male. avrò voglia di scrivere, perché tre settimane con la mia famiglia compresa la matriarca richiederanno spazi privati.

ho quasi finito le valigie ma non sapendo bene dove sarò c'è dentro tutto, dal costume alle scarpe da trekking. quello che sicuramente porterò sono i libri -cartacei e kindle mode-.

non vado in vacanza. non quella tradizionale almeno. come tutti gli expat, le vacanze equivalgono a tornare a casa. e questo è bello e frustrante allo stesso tempo.
però vedrò alcuni amici, quelli non ancora partiti-già tornati. e se ce la faccio attraverserò un bel pezzo d'italia, su uno di quei vecchi treni scassati, e andrò ad abbracciare un'amica che non vedo da mesi.

non ho voglia di tornare. però ho voglia di andare via.
non so perché ma mi sento ad uno spartiacque come se, dopo questo periodo sospeso, la mia vita in qualche modo dovesse acquisire definizione. eppure non credo che accadrà. ma mi sento così.

e niente. riempio le valigie di vestiti che qui non posso mettere, e infilo maglioni di cotone che sono mesi che non riesco a usare per via del caldo.

domattina parto. e poi si vedrà.

 

giovedì 25 luglio 2013

mancanze impreviste

il corso prosegue. siamo alla fine della terza settimana. ancora una e poi sarà finita. cosa mi resterà di tutto questo? il sonno arretrato, lo studio notturno che odio, il freddo delle aule con l'aria condizionata sempre troppo forte, la scomodità delle sedie, le lingue che si mischiano in una babele di suoni più o meno sconosciuti.
ma soprattutto mi rimarranno queste vite attraversate come una meteora. questi volti a cui non sempre so associare un nome. questi ragazzi che mi hanno accompagnata per un mese.

ecco, forse io non sarò mai un buon insegnante. è troppo complesso e articolato. difficile e challenging. però ora so quanto mi piace trovarmi in una classe piena di adolescenti. ho sempre avuto il sospetto che mi sarebbe piaciuto. certo non con tutti ho un feeling. prediligo quelli bravi oppure quelli "difficili". forse perché mi immedesimo in entrambi. alcuni, gli strafottenti, i timidi, gli annoiati, non mi piacciono.
e certo, non ho dovuto gestirli io, insegnare loro, ascoltarli e guidarli, però alcuni di loro mi sono entrati dentro. mi spiace sapere che non li vedrò mai più, che non conoscerò quel che sarà delle loro vite, se le ore di lezione scivoleranno via come acqua o se qualcosa resterà.

sento che per poter essere un buon insegnante dovrò imparare prima il distacco, i ruoli, io che vorrei solo essergli amica, chiedergli di loro, seguirli nel loro cammino. forse mi immedesimo troppo.

insomma, non so se mai sarò un buon insegnante. ma so che questi ragazzi, soprattutto alcuni, mi mancheranno. mi mancheranno certi sorrisi, certe arroganze adolescenziali, certi slanci, certe complicità. mi mancheranno.

devo sicuramente imparare il distacco, ma fino ad allora mi godo la mia spontaneità e la loro.
e poi? poi mi resterà il colore del grano.
 

lunedì 22 luglio 2013

incompresa

sono giorni in cui mi sento sovraccarica: sovraccarico di informazioni, di cose da fare, di pagine da studiare. dormo poco, mangio male, fumo troppo. mi manca la serenità  per vedere le cose con obiettività. era tempo che non mi sentivo più così. tempo che non avevo tempo per fermarmi, riflettere.
è tutto un incastro millimetrico, che non tiene conto delle mie esigenze interiori. anche aggiornare il blog è diventata un'impresa. tranne stasera, quando scrivere è diventato un bisogno così impellente da farmi derogare gli obblighi.

sono stanca e soprattutto mi sento incompresa. da chi sottovaluta il mio sforzo, dicendomi che questa è la vita di tutti, che non mi devo stupire o lamentare, tutti combattono ogni giorno per avere un minuto per se. a chi mi incasina tutta l'agenda pensando principalmente alle sue esigenze e a come è fatta lei, come riuscirebbe, preferirebbe gestire le cose, cercando di impormi non solo i suoi progetti ma la sua filosofia di vita.

sono davvero arrabbiata e piena di energie negative di cui liberarmi. metto su i muse, aspetto che facciano effetto, aspetto la lezione di kick e penso che ora darei dei calci bellissimi, perché sento tanta di quella rabbia pronta a esplodere che è una fortuna che io sia sola in casa.

e poi penso che vorrei solo dormire e dormire. oppure ballare tutta la notte. o anche solo concedermi una birra. invece torno ai miei libri, io e il mio inutile senso di essere incompresa.
io e la mia patetica rabbia.

 

martedì 16 luglio 2013

nostalgia

era solo un sogno. ma non ti sogno mai. mai com'eri prima. mai quando eravamo amiche.

ti ho sognata com'eri e mi sono svegliata con una nostalgia assurda. di te. di me. delle estati pigre della preadolescenza quando ancora eravamo amiche. quando non mi avevi ancora fatto del male. quando non era il tuo gioco preferito, scovare i miei punti deboli e usarli per ferirmi. e mi sono svegliata con una rabbia pazzesca. per quello che sei diventata negli anni successivi. perché non so quando sei cambiata, dove ci siamo perse. ho amato la ragazza che eri e odiato la donna che sei diventata.

ho sentito nostalgia di me. di quella ragazzina timida e goffa, che pensava di essere così fortunata ad essere tua amica.

forse frequento troppi adolescenti. in quelle classi piene di ragazzi coi loro sogni e le loro, paure vedo la distanza e la vicinanza con quella me stessa. li guardo e mi viene una voglia terribile di abbracciarli e rassicurarli e dire loro che devono godersi ogni secondo perché finirà tutto così in fretta..gli anni del liceo, gli amici per sempre, il primo amore, le occupazioni, le estati lunghissime... scivola via tutto e io mi trovo con un pugno di sabbia in mano, sotto questo sole implacabile, in questa estate che non finisce mai, in questo paese assurdo e incomprensibile. mi trovo con un pugno di sabbia in mano e sento questa nostalgia ingestibile. mi manca tutto: i temporali estivi, la compagnia del parcheggio, le amiche per sempre, le risate senza senso. mi manchi tu. mi manca la fiducia cieca nei futuri splendenti, quando pensavo, credevo, sapevo che sarebbe andato tutto bene.

attenzione, non tornerei mai indietro. sto bene. sto bene come "adulta", sto bene ad insegnare invece che a imparare..ma non so come spiegarlo.. è solo nostalgia canaglia. era solo un sogno. per fortuna solo un sogno e i sogni svaniscono al mattino. per fortuna.

lunedì 1 luglio 2013

vittorie e sconfitte

ieri sono rimasta tappata in casa. lo ammetto avevo paura. però quando ho visto  la manifestazione assieparsi sotto casa mia per marciare verso la piazza simbolo ho pensato "è una grande festa". ho visto famiglie, bambini, cani con la bandiera intorno al collo. ho sentito cori e visto bandiere. ho pensato: ce la faranno, sarà pacifica. ho pensato: potrebbe essere una grande vittoria della democrazia. magari il governo non cadrà, ma loro avranno vinto, in un modo bello e democratico.

ho atteso ore ho guardato in streaming le immagini di folle oceaniche che inneggiavano la libertà in tutto il paese..mi sono pentita di non essere lì.
la notte è passata relativamente tranquilla e stamattina, nonostante le notizie di alcuni morti, pensavo che l'avessimo sfangata. il mio quartiere era quieto, normale.

sono uscita, ho passeggiato, la gente parlava, eccitata, e si abbracciava felice. mi sono chiesta "ma hanno vinto?" perché certe volte quando vedi le cose da troppo vicino le vedi distorte e quindi non capivo.
in realtà non hanno vinto, non ancora. ma la gioia di esserci stati, di aver fatto tutto da soli, dal basso, li riempiva di eccitazione e aspettativa.

io ho pensato "finisce qui..qualche giorno di manifestazione e si accorgeranno che non bastano le folle a cambiare un governo eletto democraticamente, per quanto incapace e fortemente osteggiato. però è bella la loro sconfitta, piena di dignità e pace e democrazia".

pochi minuti fa un'ansa ha sconvolto tutto. ora sappiamo che vinceranno. ma non vinceranno davvero. l'esercito ha deciso di cavalcare l'onda, rubargli questa seconda rivoluzione, usarli, loro, carne da macello, e i loro ideali, parole vuote ma utili per chi se ne approprierà.

gli occhi mi pungono di lacrime non piante. per la seconda volta in 3 anni, si stanno facendo scippare la rivoluzione. per la seconda volta il popolo che si mobilita necessita di una guida più forte, che non è guida ma "dittatura"..

fuori da casa mia festeggiano! sentono di aver vinto.
quanto ci metteranno questa volta ad accorgersi che hanno perso di nuovo?

di nuovo lo stesso problema: vedono le cose da troppo vicino e le vedono distorte. non capiscono, non realizzano che oggi è un brutto giorno per la loro neonata democrazia. non è il giorno della vittoria, ma quello della sconfitta, del compromesso umiliante, è la vittoria dei poteri forti sul volere popolare, dell'elité che ancora e di nuovo li userà e li schiaccerà.

e io sto qui in casa.. aspetto gli eventi.. ho di nuovo paura. non per me, stavolta. per loro.

 

lunedì 24 giugno 2013

e se invece?

mi piace definirmi una persona razionale. forse perché sono cresciuta in un ambiente di persone che si definivano razionali ma in realtà lasciavano fluire il panico al più piccolo contrattempo.
ecco io combatto contro questa propensione alla paura, all'allarmismo, insita nel mio carattere o nel mio imprinting. questo mi rende a volte un po' avventata. ho bisogno di dimostrare -a me stessa- che io non ho paura. che non credo ai mostri cattivi.
ma l'ottimismo non mi appartiene, la leggerezza è intermittente.

tutto questo per dire che qui aspettiamo per settimana prossima una grossa manifestazione. ne abbiamo già viste, anche cruente. abbiamo già vissuto giorni e giorni chiusi nella nostra isola, aspettando che passasse l'ondata di proteste e repressione. ma stavolta sembra diverso. forse perché è dichiarata da mesi, forse è il countdown che logora, forse perché lo stato compie manovre contenitive e di sicurezza, non lo so..ma in bocca a molti la parola che risuona è seconda rivoluzione.

e ok, io sdrammatizzo, faccio ironia, non ci penso quasi mai. ma quando sei svegliato alla mattina da diversi whatsapp che ti informano che devi ritirare cash perché tra 48 h svuotano i bancomat, non so, non è un bel risveglio.

uno ci prova a frenare l'onda di panico, ma mica è facile. non succederà nulla continuo a ripetermi. eppure non mi sento tranquilla. eppure temo che succeda qualcosa di brutto.
una parte di me pensa: per fortuna si ribellano; una parte si chiede che ne sarà di loro; e una parte egoisticamente si chiede che ne sarà di me.

non succederà nulla, continuo a ripetermi come una nenia.. ma in fondo al cuore da qualche parte, sento la voce dell'educazione, o dell'imprinting che sussurra: e se invece?

lunedì 17 giugno 2013

croce del sud

non avevo mai visto la croce del sud, non avevo mai sentito parlare quell'inglese così duro e difficile degli afrikaners, non avevo mai percepito il freddo tagliente dell'alba nella savana, non avevo mai visto un elefante tanto vicino, né tanti caffè coi accoglienti.
non avevo mai saputo che il saluto standard lì comprende sempre il come stai, anche col posteggiatore..ed è inutile avere fretta perché lì la fretta non esiste.
non avevo mai mangiato billtong e carne di struzzo e di coccodrillo.

sono tornata stamattina molto presto, sono tornata ma il mio cuore è perso. mi sono innamorata.
chi l'avrebbe detto che le stelle possono essere così luminose e la via lattea così chiara? come potevo sapere che l'inglese cambia completamente in bocca a persone dello stesso stato a seconda del colore della pelle?
mi hanno chiesto che ne pensi di joburg? ho risposto: I fall in love at the first sight.
ed è vero. mi sono innamorata.

tornare a casa è stata dura. nonostante il freddo patito, e i problemi di criminalità, e la difficoltà a capire l'inglese.

ho visto un pezzo di africa che mi dicono non essere africa. vivo in un pezzo di africa che non è africa. adesso manca la vera africa. ma ho paura che innamorerò senza scampo. e mi sa che il mal d'africa è una malattia reale..

 

sabato 8 giugno 2013

tra un volo e l'altro

sono state settimane super intense.. di andate, di ritorni. di nostalgie che sfiancano. di freddi fuori stagione, di caldi soffocanti. di furti, di eventi, di feste, di vestiti nuovi e vestiti prestati. di cambiamenti in meglio e in peggio. di valigie, di fiori e musica. di allenamenti, di prospettive future, di libri. di persone, di abbracci, di facce. di tecnologie evolutive e involutive. di amicizie che vanno e vengono come onde. di scoperte bizzarre e conferme.

di tutto questo mi resta:
- una valigia da fare
- un volo da prendere per esplorare un nuovo mondo
- una stanchezza che non so quando si placherà
- una mancanza che mi porto dietro
- le parole che non ho scritto quando era il momento e quelle che non ho detto

parto. quando tornerò, con gli occhi pieni di colori -spero- forse avrò finalmente il tempo per raccontare.
 

venerdì 24 maggio 2013

aerei

una amica parte per trascorrere l'estate in italia. qui fa troppo caldo per il suo cucciolo. torna a casa. ritornerà a settembre..
io parto per un breve passaggio in italia, poi rientro e poi riparto per raggiungere la mia amica lunga dove la croce del sud prende il posto della stella polare.
mentre salutavo l'amica e il cucciolo, l'altra amica mi dice di non piangere: tieni le lacrime per quando ce ne andremo definitivamente.

e a me manca il fiato. mi manca proprio. perchè se ne andranno prima di me. e nulla sarà più come prima. questo posto, che ha senso solo per loro, diventerà un deserto.

ecco, pensavo, questo è un altro dei lati negativi di essere expat. quando vivi tutta la vita nel tuo paese, può succedere che qualcuno dei tuoi amici parta. decida di cercare un altro luogo da chiamare casa. ed è terribile e devastante e.
però non è tutto il mondo che ti gira intorno. non è così sicuro e scientifico e ovvio come quando si è expat. nella mia vita, una vita da expat in movimento, si è fortunati quando un'amicizia ha la possibilità di durare 3 o 4 anni. è il colmo della fortuna, tenendo conto che la policy di molte aziende pubbliche e private è un cambio ogni 4 anni, la possibilità che i quattro anni siano in parallello è bassissima.
di solito una sovrapposizione di un paio d'anni è già buona.

di solito questa cosa non mi pesa. mai trovato amiche come queste nel mio peregrinare. ma oggi, quella frase mi ha colpito come un macigno.
e allora mi sono sentita come nel piccolo principe.. mi resterà almeno il colore del grano.. mi resterà il rimpianto di averle perse ma non il rimorso di aver rinunciato ad amare perchè sapevo in partenza che le avrei perse.

a volte odio proprio tutti questi aerei che ci portano via, odio le partenze, a volte anche i ritorni. odio gli addii.
un ragazzo che conoscevo li odiava così tanto che rinunciò a salutarmi pur di non dover dire addio. però è stato sciocco. gli addii consolano mentre ti spaccano il cuore. senza un addiio non esisterebbe un ben tornato, non potresti aprire le valigie, chiuse a casa, su una nuova vita.
le lacrime non sono segno di debolezza. lavano gli occhi dalla tristezza per permetterti di riaprirli pieni di stupore e aspettativa e voglia di riprovarci.

eppure, anche se sono solo tre mesi, mi mancherà

giovedì 16 maggio 2013

fatuità e vuoti

quando i personaggi delle serie tv sono più reali delle persone che ho intorno, significa che ho un problema. quando è più importante non perdere una puntata che vedere un amico, quando guardo gli spezzoni su youtube direttamente in inglese, significa che la mia vita è alla deriva.

quando fumo così tanto che già a mezzogiorno ho la nausea. quando oltre al ginocchio anche il piede risente del troppo allenamento. quando i libri mi nauseano. quando scappo dalla realtà c'è qualcosa che non funziona.

quando il mio spirito di iniziativa si riduce a zero e anche l'idea di andare al cinema è troppo faticosa. quando mi oppongo a un weekend al mare, allora significa che non sono più in pace.

quando parlare al telefono con un'amica significa uscire stressata e stufa e stanca e innervosita dalla conversazione, beh allora qualcosa non va.

quando mia madre diventa un martello pneumatico di domande non poste, quando taglio corto le conversazioni, perchè so di essermi lasciata troppo andare prima e ho paura di quello che frulla nel suo cervello, allora non va bene.

ho voglia di essere lasciata in pace, alla deriva nel mio universo parallelo di serial e palestra. zero voglia di parlare, comunicare, sviscerare.
zero voglia di fare qualcosa per me. anche andare dall'estetista mi sembra troppo. figuriamoci cercare un dialogo con chi-stanco da una giornata di lavoro- ha solo voglia di intossicarsi di ruzzle per rilassarsi.
ecco io non ho voglia di sforzarmi. di parlare, di cercare un dialogo.
ho solo sonno e incapacità di dormire. ho solo fame e nausea dei cibi sani.

ho solo bisogno di una bussola.
lo so.
è che sono annoiata. annoiata da me stessa, dalla fatuità della mia vita. dai vuoti che ci sono.
ho bisogno di stimoli e non sono pronta a cercarli.

però lo so che non va bene. e so che saperlo è un primo passo.
ma è un passo piccolo e incerto e io non so fare il passo successivo.
non so neppure di cosa ho bisogno.. tempo? ne ho fin troppo..così tanto che non riesco a focalizzare nulla.
iniziative? non c'è nulla che mi attiri..nulla.. nessuna vita che vorrei vivere.. scrivo romanzi nella mia testa e me ne stanco non appena ho costruito un abbozzo di plot.. sono noiosi, autoriferiti, banali.. romanzi degni di fabio volo. una tristezza.
vivo universi paralleli perchè la mia vita è vuota e invece di riempirla mi rimbambisco di tv.

esiste una via d'uscita..solo non vedo un buon motivo per imboccarla.

 

giovedì 9 maggio 2013

tempo di..

tempo di riposo. che il ginocchio fa male quasi sempre, e per fortuna non è rotto, ma lo stresso troppo con l'attività fisica, a cui comunque non rinuncio, anche se devo ridurla.

tempo di leggere. divoro libri, leggo di giorno e di notte. ho scoperto irving e mi piace. e sto leggendo tutto quello che il mio kindle riesce a rintracciare. e poi leggo blog e siti e portali. qualsiasi cosa pur di leggere.

tempo di cene. la stagione qui è già super estiva e di conseguenza di moltiplicano gli eventi. ma non solo. invito io. tanto. passo ore a preparare gli ingredienti perchè il mio amore cucini quando arriva dal lavoro. mi piace quel senso di famiglia estraneo alla famiglia, quelle chiacchiere in circolazione, quel sentirsi a casa.

tempo di pulizie. cambio degli armadi, pulizie di fino, lavaggio tende. tutto con la musica di sottofondo. trovo sia terapeutico pulire e riordinare. fuori e dentro sè.

tempo di progetti campati per aria. piccoli obiettivi, prospettive, alcuni quasi giochi altri seri. per ora mi informo e aspetto gli sviluppi. sono progetti lavorativi, personali e familiari. e mi stuzzicano tutti. soprattutto perchè uno in particolare richiede lo studio. e io non lo so, devo essere malata, ma comprare online 8 libri per un esame.. mi riempie di gioia e aspettativa.

comuque è presto per parlarne.. per ora, li coltivo in silenzio e cerco di trovare una strada- una qualunque- che sia mia.

martedì 23 aprile 2013

ritornando (d)a casa..

ecco finito, fatto, gata.
laureata, festeggiata, stancata, emozionata.
saluti, abbracci, congratulazioni,baci. chiuse le valigie, sono rientrata (d)a casa.

eccomi qui.. al caldo, con le amiche solite, la palestra che mi aspetta e.
e.
appunto..e cosa?
come sempre dopo che tiro e tiro per dare il massimo, dopo lo sforzo, la concentrazione, due anni di libri, tanti libri, esami, prof più o meno professionali e gentili e incattiviti, dopo il libretto che si riempie, la tesi che si scrive, le parole dette, i colloqui, l'ansia dal mattino presto, la salivazione azzerata, la discussione e la confusione.. dopo tutto questo, il senso di vuoto.

e sento già nostalgia. e ripenso ai libri, di nuovo, alle informazioni che non leggerò, ai mondi che non scoprirò, a quello che avrei voluto e non avrò.
e sento le parole di kirsebaer vere, più vere che mai: il phd è il tuo sogno, non il mio.
e lo dice dolce, perchè lei è dolce.
si, è vero, il phd è il mio sogno.. sogno perchè sognato e non realizzato, sogno perchè ne vedo solo la dimensione onirica e romantica e fantastica..e dimentico sempre la fatica, le sopraffazioni da tollerare, l'ansia della ricerca che non viene come vorresti..

è un sogno e va bene così.
ma tolto il sogno che rimane?
una distesa desertica in cui ancora non vedo piste. forse il riverbero del sole è troppo accecante per vederle.. forse dovrò attendere la penombra della calma, senza fretta, per scorgerle e provare a seguirle.
alllora riconoscerò altri passi su quel cammino, vedrò impronte che forse avrò voglia di emulare. o forse sceglierò volutamente di non seguire alcuna pista, mi comprerò una bussola, imparerò a leggerla e punterò verso quello dei punti cardinali che mi sembra più promettente.. andrò alla ricerca di non so bene cosa e raccoglierò quello che incontrerò lungo la strada.. perchè la vita è così. parti per una meta, ma se sai goderti il viaggio, se sai viverlo, allora magari-spesso-arrivi da tutt'altra parte. e quando arrivi, se mai arrivi, scopri che va bene così.senza rimpianti.
forse.
perchè ora vedo solo il deserto. ed è bello e fa paura.
allora faccio un grande respiro. sto qui ai suoi margini ancora un po'. e poi..poi troverò una pista mia, o la inventerò.
ma per ora se mi cercate, se mi cerco, sono alle porte del deserto.

giovedì 18 aprile 2013

fantasmi

di giorno sembro abbastanza calma, mi ci sento anche. l'unico inidizio è il numero spropositato di sigarette che fumo.
per il resto nulla, una maschera. parlo, sorrido, chiacchiero, leggo, studiacchio.
ma dentro è l'inferno. certo, meglio di nove anni fa. molto meglio. non passo il mio tempo a gemere che vorrei morire piuttosto che affrontare questa prova. nove anni mi hanno cambiata. ho passato giorni peggiori. ansie più grandi, dolori così intensi da annullarmi.
quindi, niente, ovvio è più facile adesso.

però quella tensione alla bocca dello stomaco, che non so se è proprio paura.
e poi questa focalizzazione su un solo obiettivo.
sento il bisogno di stare sola. coi miei pensieri, coi miei fantasmi, che tornano a farmi compagnia la notte..e hanno la forma di persone del passato, che prepotentemente entrano nel mio subconscio..
un po' come in Christmas Carol, i fantasmi del mio passato e del mio futuro, litigano nel mio cervello con violenza.
mi sento in gabbia, mi sembra impossibile essere io, questa qui. senza un cenno di quella pace conquistata con tanta fatica, senza un'ombra della compostezza di un adulto.
mi fa rabbia, ma il prof ha centrato il punto quando-pesantemente sarcastico- mi ha chiesto di non comportarmi da ragazzina, ma da adulto, di pormi su un piano di rispettosa parità.
mi fa rabbia, ma so che ha ragione. che questo è uno dei problemi.
che io non mi sento paritetica. e quindi mi faccio piccola nelle mie paure e nel mio senso di inadeguatezza.

oggi mi manca la psicologa. eppure sento cosa mi direbbe. non ho bisogno del confronto, ma forse del conforto umano. proprio oggi che lo rifuggo con tutte le mie forze. proprio oggi che non so che sarà di me, che non vedo un dopo, ma solo un ora. proprio oggi che vorrei solo star sola e cullarmi, ma si cullarmi, nei fantasmi del passato e non pensare a nulla.

martedì 16 aprile 2013

kick

sin da quando sono piccola, non sono mai stata portata per lo sport. mi è sempre mancata la coordinazione mano-piede-occhio necessaria per sopravvivere negli sport di squadra. non sono mai stata capace di eseguire movimenti "complessi", far fare al mio corpo più di un movimento per volta. crescendo, non mi riconoscevo nel mio corpo. alta si, ma morbida, mai muscolosa. compensavo cercando di dimostrare forza, per la serie, se non posso essere leggiadra e delicata, sarò una valchiria ma resistente.

mai praticando sport, solo in caso di bisogno, facevo cose al di sopra della mia portata, tipo portare le valigie di un'amica su da una fermata della metro. solo per dmostrare che non mi serviva alcun aiuto. patetico, sinceramente.

non ho fatto sport per molti anni. ma nel retro della mia testa mi sono sempre vista in qualche attività faticosa..finchè ho scoperto il kick boxing. non sono portata..con gli anni la mia coordinazione al massimo è peggiorata. ma mi piace, mi sfoga, è un esercizio di forza e concentrazione..forzata concentrazione, forza concentrata.. in un certo senso, avevo ragione ad immaginarmi forte. non perchè lo sia davvero, ma perchè sfiancarmi a furia di addominali, corsa per poi perdermi nelle ripetizioni di pugni e calci fa effettivamente l'effetto che speravo.. mi annullo nella fatica, nel mantere il respiro costante, nel ricordare la posizione corretta per non spaccarmi la mano contro il sacco.

per esempio oggi sono furibonda. mentre rientravo a casa, dopo l'ennesima sigaretta per cercare di calmarmi nei miei occhi scorrevano immagini di esercizi e di fatica e di sudore.

arrivata a casa ho messo la musica alta, infilato la tuta, e pure senza sacco mi sono allenata. addominali, braccia, corda, qualche calcio e pugno -ma questi senza un "obiettivo" mi vengono fiacchi, troppo fiacchi per sfogarmi-

e ora, non è che proprio non ricordi perchè ero arrabbiata però sono più calma. non ho più bisogno di sfogarmi qui.

lunedì 15 aprile 2013

parallel

sarà che soffro della sindrome da "malinconia delle vite non vissute", detta anche parallel, sarà che sono dai miei e questo mi porta sempre indietro nel tempo, sarà che sto per (ri)laurearmi.. sarà, ma oggi ho fatto una chicchierata in cui più che dire, ho pensato cose che non avrei dovuto. ho ricordato momenti passati. non è nostalgia, non direi, ma è partito un parallel e- volente o nolente- quello che ho visto mi è piaciuto. piaciuto abbastanza da scriverlo qui oggi. abbastanza da non sentirmi sicura neppure a scriverlo.
pensavo che il senso di colpa per i parallel fosse passato, ma non so..forse certe letture adolescenziali lasciano più segno di quanto sembri. forse certe persone per noi non cambieranno mai, certi occhi avranno sempre la stessa sfumatura, certe parole gli stessi sottointesi.

sapere che tutto cambia e nulla cambia ha un che di confortante e allo stesso tempo di inquietante.
so che certe persone per me saranno sempre speciali, ma sentirlo, sentirlo così forte, così vero, così netto, mi ha mozzato il respiro per un attimo. un attimo in cui come una meteora, un pensiero ha attraversato la mia testa. poi ho riso per stemperare la tensione. ho riso di me, di quel pensiero, del parallel che è partito in automatico.
e tutto è tornato a posto.
sapere di aver fatto la scelta giusta, sapere di avere a fianco la persona che ho scelto, che scelgo tutti i giorni, non significa non chiedermi mai "e se..". significa solo farmi un film e poi riderci su.
o almeno così la penso io.

però sapere che da qualche parte, in un universo parallelo, quel parallel esisterebbe, beh in fondo, in fondo mi piace.. e forse è questo che mi ha fatto paura..anche se solo per un attimo.

mercoledì 10 aprile 2013

sospesa

a volte mi sembra di vivere in un mondo congelato. qui il tempo scorre in maniera diversa. davvero. tra due giorni ho un volo per l'italia. eppure mi sembra lontanissimo..
qui è tutto così lento, e caldo, e immutabile.
le giornate uguali, le cene fuori, gli amici. sembra che il tempo si dilati e non succeda mai nulla.. eppure tutto cambia, dall'ultimo viaggio in italia sembrano passati mesi e invece solo tre settimane fa ero lì. natale sembra passato da anni.
com'è che il tempo qui scorre in maniera così diversa?
perchè questa sensazione di irrealtà mi pervade..perdo il conto dei giorni, delle settimane.
scivola tutto alla periferia.
mi sembra incredibile che tra 10 giorni starò patendo le pene dell'inferno per l'ansia della discussione. è così lontano.
per calmarmi mi focalizzo sul rientro. la pigrizia delle giornate, i succhi, la palestra, le cene, gli amici.
ma davvero la mia vita è tutta qui?
che farò poi?
che sarà di me? di noi? di questo mondo sospeso sulle rive di questo fiume immobile?
ho voglia di ripartire? ho voglia di lavorare? di studiare ancora?
è vita questa? sembra di si, sembra proprio che sia la mia.
eppure suona così strano anche solo pensarci.
ci penserò poi.

lunedì 1 aprile 2013

fast

la data non c'è ancora anche se accidenti doveva esserci, ma manca poco a giorni uscirà. la tesi è quasi finita, per una perfezionista come me, non esista un "gata"-fatto- mai.

leggo il discorso anche se so che dovrei recitarlo. e leggo troppo in fretta.. il problema della mia vita. il non sapere avere tempi morti, attese, pause. corro, corro troppo, sempre. corro verso il nulla, in realtà.. che sarà di me domani? non ne ho idea. una volta finita la tesi che farò? bella domanda. una volta che dovrò scegliere di nuovo che fare di me.. quando capisci che hai sbagliato strada, come la cambi? il lavoro che ho sempre fatto non è il mio.. non me lo sento sulla pelle. eppure in qualche modo è l'unico che potrei fare qui..

corro, corro per non pensare, corro dritta verso il mio obiettivo fino ad avere il fiatone. non voglio domande ora. solo devo imparare a rallentare un po'.. che già in discussione sarò nervosa.. se corro fin d'ora nessuno mi capirà. che sia una metafora della vita?

domenica 24 marzo 2013

fragilità e stupore

le relazioni sono fragili, gli equilibri sono fragili. il sole che splende tutto il giorno lascerà posto al vento del deserto, le ore pigre di studio finiranno. le amiche partiranno per nuove destinazioni.

sarà che il panta rei non mi è mai piaciuto granchè come concetto. è vero, ma banale. questo pensiero è banale. eppure la sera prima di dormire pensando a un amico che non si fa più vedere. eppure la mattina seduta al sole, accanto alle mie amiche, bevendo un succo di melone. eppure leggendo e rileggendo le ultime pagine della tesi.
sento tutta la fragilità di questa vita sospesa. e mi stupisco che sia la mia. che quella ragazza granitica, dal futuro certo, possa essersi trasformata in una donna -donna? oddio, si, l'età anagrafica parla chiaro- che vive sospesa. sospesa, nel senso di "a mezz'aria", senza certezze di lungo periodo.
mi rendo conto di essere in una situazione invidiabile. mi rendo conto che non potrà durare a lungo. mi rendo conto che questa eterna estate è innaturale, questa eterna vacanza-o quasi- è assurda.
ma vivo così. e mi piace, cavoli, mi piace e mai l'avrei creduto possibile.

e mi piace anche e soprattutto perchè è fragile, fragilissima. basta una parola e tutto si incrina, basta pensare un po' più in là e già non funziona più.. si rompe e disintegra come un bicchiere che cade a rallentatore. eppure non fa male. forse lo farà, ma per ora non fa male. è solo irreale. ma è mio. quella piena di certezze, che ora vive di irrealtà.

e mi stupisco, ecco, sono piena di stupore. e lo stupore non fa male. quasi mai.

mercoledì 20 marzo 2013

alcool, marinai e foto

sono immersa nei libri, negli appunti, nei post it e nelle pagine della tesi. ho piani in testa, per arrivare a mettere la parola fine, ma non riesco a rispettarli. fuori c'è il sole-sempre- una bella temperatura, prima che l'estate arrivi e ci massacri, una palestra e delle amiche che mi aspettano.

e un peso sullo stomaco. che io serena non ci so stare. tra senso di colpa, fatica, ansia e pensieri negativi sul futuro, la sera mi rigiro nel letto senza pace. mi sono resa conto che mi addormento di botto solo quando esco la sera e bevo una birra o un paio di bicchieri di vino. cioè solo l'alcool riesce a farmi addormentare come un bambino.
ovviamente questo non significa che presto mi troverò a una riunione di alcolisti anonimi. questo non mi ha spinto a bere. però mi sono accorta che solo quando ho bevuto dormo senza pensieri.

questo significa, semplicemente, che ho troppi pensieri. e troppe paranoie. e troppe ansie per il futuro.
vivo così sospesa. con quest'ansia di fare, questo bisogno di vedere una strada tracciata di fronte a me, che cozza prepotentemente con quella che sono, e che vorrei essere: vorrei essere un marinaio -virtualmente, visto che soffro il mal di mare e sincermente preferisco avere il mare davanti che sotto- perchè i marinai tracciano una rotta che, per quanto precisa, resta sempre una rotta di massima, perchè non possono sapere in anticipo se il vento girerà, se verrà una tempesta, se la barca risponderà a dovere. cioè un po' lo sanno, un po' lo fiutano, molto è affidato all'istinto.
saper perdere la strada e seguire le stelle, saper immaginare non l'approdo, ma la rotta, miglio per miglio, correggendola se si scarroccia troppo.

ecco mi piacerebbe essere così. capace di annusare l'aria e seguire le tracce. non aver paura del viaggio, anzi godermelo tutto. io non voglio la foto dell'approdo, voglio le foto del viaggio, quando si fa fatica, si suda, si teme di non farcela, si piange anche, si perde la rotta, si improvvisa. perchè quella è la parte vera. non l'approdo, quando ripulita e sorridente ti metti in posa, ma prima, mentre sei solo tu e quella cavolo di strada sbagliata o persa o dubbia. quando pensi che non ce la farai e come un mantra ti ripeti ossessivamente -ce la farò, ce la farò, ce la farò-.
voglio le foto del mentre, del durante. per non dimenticare mai quanto è costato l'approdo, ma anche quanta soddisfazione ha dato andare oltre me stessa, le mie paure e le mie ansie. con o senza birra.

mercoledì 13 marzo 2013

sospesa e dissonante

sospesa, tra estate e inverno. tra casa e casa. tra nord e sud. tra fine e inizio.

è il momento peggiore. quello in cui vorrei fuggire da me stessa e dagli altri. quello di chiudere le valigie. quello in cui consegni la tesi e la gente ti incontra e invece di farti i complimenti ti chiede che farai dopo.
incapacità di fermarsi nel momento. mia e altrui. di godere quello che c'è. ora e qui.
com'è che non ci si può mai sedere un secondo? riposare? contemplare il proprio risultato?
ci ho messo anni anche solo a pormi queste domande. e ora che la grande conquista è raggiunta, ora che posso pensare di fermarmi a contemplare, mi rendo conto che sono dissonante con la società. è bisogno di informazione o di proiezione? quanto c'è di interesse in questa domanda, quanto di curiosità morbosa, quanto di indicibile voglia di vederti cadere, quanto di incapacità di godere?

quel che ho fatto l'ho fatto per me. l'ho fatto perchè l'amavo. era fine a se stesso. onanistico. ma consapevolmente. e poi? non c'è un poi. c'è un adesso. un adesso in cui finisco di studiare, preparo il discorso, mi agiterò per la discussione.
a parte il banale fatto che non avrò finito finchè non mi dichiareranno laureata, ma comunque, anche dopo, non ci sarà un poi. solo un dopo.

chissà dove si è persa la capacità di essere a vantaggio di quella di fare?

bisogna essere performanti, rispondere alle aspettative, produrre-in qualsiasi modo e senso- agire, muoversi.
ho lottato nelle maglie tese di queste definizioni a lungo. dopo anni, un po' per volontà, con sofferenza, un po' per fortuna, ne sono uscita. sono dall'altro lato, sono sul sunnyside of the street e mi vedo, ci vedo, pesci in una tonnara. hai voglia a dibatterti. più ti muovi freneticamente e più sei incastrato, destinato a diventare riomare.

non è una critica alla società, non pretendo di essere illuminata come il dalai lama. sono fortunata e lo so. solo che so- e sono l'unica a saperlo delle persone che intorno a me giudicano, sussurrano, invidiano- anche quanto mi è costato. e quanto ancora mi costi il mio essere dissonante.
eppure non potrei rientrare in quelle maglie, sarebbe come quel fortunato pesciolino scivolato fuori dalla tonnara, che, per paura del mare infinito da affrontare da solo, vi rientrasse spontaneamente.

domenica 24 febbraio 2013

certe volte

certe volte non ci riesco. non sono abbastanza brava da non arrabbiarmi con la pioggia.
certi giorni tornano le insicurezze e la paura del rifiuto.
e allora mi arrabbio con gli altri, perchè non so o non voglio arrabbiarmi con me.

a volte il far finta che non importi, si sgretola davanti a una parola gentile di chi mi aveva sempre ignorato.

a volte guardo la mia amica e mi chiedo perchè non si senta in colpa delle conseguenze che ha avuto per me scegliere lei.

mi chiedo se non se ne accorge o se non si sente responsabile. so che non vorrebbe sentirsene responsabile, mi chiede mille rassicurazioni sul fatto che non ha mai influenzato un mio giudizio e io non posso dargliele. e lei non vuole credermi. eppure è così.

a volte la pioggia mi fa ancora arrabbiare. ma non so con chi sfogarmi. per fortuna martedì inizio kickboxing.

però sono arrabbiata con lei, davvero. e non mi piace. so che è un problema solo mio.
ma certi giorni davvero la misura è colma, e io non riesco a far finta che non mi importi.

sabato 23 febbraio 2013

certe notti

certe notti rientri alle 4 e ti chiedi perchè sei l'unica che va a dormire sola con un gatto.
ci sono notti in cui in mezzo a una discoteca piena di gente ti senti terribilmente sola.
ci sono notti in cui invidi ogni sguardo di passione e complicità tra le coppie tue amiche che ballano intorno a te.
ci sono notti in cui le birre non scaldano il cuore abbastanza per resistere.
ci sono notti in cui vorresti vivere vite diverse dalla tua.
ci sono notti in cui la tua vita è la migliore, l'unica che potresti immaginare.
ci sono notti in cui la discoteca che chiude alle tre è davvero troppo presto. in cui vorresti essere nel tuo paese per ballare fino a non sentirti più i piedi e poi andare a mangiare un cornetto prima di andare a letto. in cui sai che se fosse così, beh non avresti intorno quelle persone che ormai sono la tua famiglia. quei volti che riconosci. quelle anime con cui comunichi.
è più che amore. è più che tutto. è il tuo branco.
è tutto quello che hai. alle 4 del mattino. in una casa, sola con un gatto. e sai che non sarai mai sola.
mai. sola. mai.
certe notti sono tutto quello che conta.

lunedì 18 febbraio 2013

rabbia

la rabbia è nera. la rabbia è make me bad dei korn sparata in cuffia così forte che non senti neanche i tuoi passi sul tapis roulant. la rabbia pompa nel sangue come adrenalina. la rabbia è una birra gelata e una sigaretta consumata fino a scottare le labbra.

che non è successo nulla di grave. ma che ho dovuto sudare parecchio prima di pensare ad altro. ho dovuto sentire bruciare i muscoli, il respiro perdere regolarità, il cuore pompare forte.

adesso riprendo il mio respiro. farò quanto richiesto. e lo farò bene, nonostante i problemi tecnici, la distanza e la fretta. lo farò. perchè sono una perfezionista.

lo farò, perchè non ha senso arrabbiarsi se piove. e io mi arrabbio fin troppo spesso solo perchè piove.

maledette manie di onnipotenza. di controllo.

lascio fluire, la musica, il sudore, portano via tutto.
mi butto sotto la doccia, lascio scorrere l'acqua calda fino a consumarla tutta. lascio scivolare via sudore sporco e rabbia. ai miei piedi, acqua sporca di smog e deserto. ai miei piedi tutta la mia rabbia.
eppure me ne resta ancora un po'. se no, non avrei bisogno di alzare così tanto il volume fino a non sentire altro.

mercoledì 13 febbraio 2013

running

non ho mai amato lo sport. da bambina lo facevo perchè si doveva, da adolescente perchè non riconoscevo il mio corpo cambiato così tanto dal palo alto e stretto delle medie, a un'immagine piena di curve strane e incomprensibili.

poi alla fine del liceo ho mollato..non avevo tempo. e per 10 anni ho appeso le scarpette al chiodo. amavo ripetere che il mio unico sport era lo zapping. mi vedevo celebrale, non fisica. continuavo a non riconoscermi in quel corpo e preferivo affamarvi che muovere un passo. forse perchè lo sport avrebbe significato che accettavo quel corpo come mio, ci facevo i conti, provavo a modellarlo non come un estraneo di cui negavo le necessità basilari, ma come un compagno che andava rispettato.

da quando sono qui, un'amica impallinata mi ha convinto ad entrare in una palestra. ho inizato a seguire i corsi. e pian piano qualcosa è cambiato. certo io sono ancora la solita testarda che vuole spingersi oltre i suoi limiti, e non ama guardarsi allo specchio. ma in pochi mesi, le gambe slanciano più in alto, il fiato tiene, non divento rossa dopo due minuti, sopporto la fatica.
e poi ho scoperto la corsa.. corro per poco tempo, ho appena iniziato. ma mettere l'i-pod, accendere il tapis roulant, decidere la velocità, aumentarla in corso d'opera. quando corro mi estraneo. il mondo sparisce, resta solo il battito del mio cuore, il rumore dei miei passi, il respiro regolare.

quando corro mi lascio dietro i problemi, le frustrazioni, la stanchezza.

mi piacerebbe correre all'aperto, ma l'allergia me lo sconsiglia, e poi lo smog che c'è qui è terribile.

ma nella corsa ho ritrovato i miei dodici anni, quando ero la più forte al test di cooper, quando ero alta e stretta, e volevo essere un maschio e correvo con loro. loro che stupiti e scocciati da quel palo che li seguiva non potevano d'altronde non ammirare quella ragazzina così brutta e sgraziata per la sua perseveranza.

oggi ritrovo quella perseveranza. e mi piace. anche se i polpacci fanno male e non ho guadagnato granchè in grazia, quando corro, di nuovo, come allora, il corpo è un mezzo e non un nemico. e mi sorrido allo specchio quando supero l'ennesimo paletto che mi sono messa da sola.

lunedì 4 febbraio 2013

stand-by

mi sono svegliata con malinconia di casa. di luoghi e di persone. bisogno di comunicazione.
mi sono svegliata con un vago senso di angoscia di fronte alla giornata vuota che mi si estendeva davanti, all'idea di dover inventare qulacosa per riempirla.

aspetto risposte per la tesi, ma per la prima volta da mesi, provo il senso del nulla da fare, mi si apre uno spiraglio sul vuoto e non-senso che i miei giorni avranno dopo.

e mi sale la voglia di trovare qlc.. e l'ansia di non trovare nulla.
che questo paese è ostile da questo punto di vista -beh da molti, in effetti- e io non è che spicchi per le qualificazioni e la professionalità versatile.
e mi chiedo che ne sarà di me. e ho un po' paura che per ansia di fare, io faccia qualcosa che non mi interessa per nulla.
d'altronde l'idea di tirar sera mi devasta..non si possono, non si devono buttare via le giornate..è un delitto..

poi forse invece è solo il bisogno di capire e capirmi.
c'è che sono confusa. c'è che come mio solito vorrei-non vorrei.
c'è che devo solo ascoltarmi..

mercoledì 30 gennaio 2013

quel magnifico senso di impotenza

la tesi è quasi finita. scrivo le conclusioni con malinconia. gli amici che mi hanno accompagnato per tanti mesi, quei personaggi che rivivono in un word, a breve saranno stampati, discussi, e chiusi in un cassetto.
e se qualcuno mi chiedesse che cosa vorrei fare della mia vita, la risposta sarebbe studiare. riaprire da capo i libri, imparare di più. che la storia è vastissima e il mio argomento di tesi nasce da una riga in un solo libro di un solo esame. e mi viene una vertigine al pensiero di quante altre righe potrebbero aprire varchi su mondi immensi, su centinaia di pagine, di ricerche, di storie.

e allora è con malinconia che guardo alla mia piccolezza. non sono le stelle a farmi sentire piccola, che rimarrò sempre convinta che le stelle, se non ci fossimo noi umani a sognarle, sarebbe solo corpi celesti freddi e distanti. è l'uomo, i suoi abissi, che mi affascinano.

non mi basterebbe una vita intera per sapere tutto lo sciibile di un solo argomento. e parlo della sola storia. è immenso il bagaglio di conoscenze.

e le migliaia di nozioni che non saprò, i milioni di posti che non visiterò, i miliardi di persone che non conoscerò..sono sopraffatta da un magnifico senso di impotenza.
perchè le opzioni sono infinite, le scelte non finiscono mai, le possibilità sono inesauribili. il caso mi spinge come una foglia in un fiume e io lo seguo, accettando quello che mi viene incontro come un regalo.

ho scelto una vita; ho scelto un uomo, un paese, degli amici.
eppure so che tutti i miei amori, i miei amici, i miei luoghi esistono da qualche parte indipendentemente da me. non li incontrerò mai, ma se avessi mille vite, allora si, li vivrei.

con l'infinito che ho dentro una sola vita non basta. non basta.

quello che ci fa sognare l'immortalità, non è la paura di morire, ma l'amore per la vita.

sabato 26 gennaio 2013

odi et amo

di questo posto odio:
  • il traffico, che finchè non ho vissuto qui chiamavo traffico qualsiasi fila, ma ora so che solo in una città in cui sembra sempre la vigilia di natale o il rientro dalle vacanze d'agosto si può parlare di traffico
  • lo smog, triste conseguenza del traffico, che il cielo sarà limpido due volte l'anno
  • i clacson, che, per le cause di cui sopra, sono la "musica" di questa città
  • lo sporco, che evidentemente i cestini sono un'invenzione sconosciuta e il concetto di riciclaggio fantasy allo stato puro
  • il fatto che tutto quello che è straniero o per stranieri costi molto più che a casa
  • il fatto che uscire dall'isola in cui vivo significa cadere in un mondo sporco, triste e devastato
  • la cucina locale, che digerisci in un mese e la carne è terribile

di questo posto amo:
  • i 24hours, che è una città che non dorme mai e puoi mangiare o fare spese a qualsiasi ora, e andare al supermercato rientrando da una serata è una rottura del continuum temporale che mi esalta
  • le giornate pigre al parco
  • il fatto che tutto quello che è locale non costa nulla
  • il clima, oh il clima di questo paese è fantastico. l'inverno dura un mese, per quattro mesi è primavera.certo l'estate ribolle, ed è facile sostenere di amare questo posto in pieno inverno, quando a casa si gela e qui ci sono 25 gradi.
  • gli amici che ho conosciuto. l'erasmus perpetuo, le chiacchiere, il maxischermo
  • l'isola su cui vivo, che è un'enclave accettabile in un mare di povertà, sporcizia, tristezza
  • entrare in quel mondo fuori dall'isola, e scoprire sorrisi sinceri e tentativi di comunicazione. è abbastanza raro che succeda, ma succede
  • le tracce della storia, da scoprire nascoste nella devastazione da boom edilizio e nell'incuria delle amministrazioni pubbliche
  • alcuni locali, che ti fanno sentire..a casa..e scopri finalmente, che le persone che hai intorno non sono alieni ma  ragazzi come noi. che ascoltano anche la musica occidentale, ballano, vivono e si divertono
non amo questo posto. però a tratti, quando ti svegli e fa caldo, quando ti aspettano i tuoi amici per andare al parco, quando la sera hai in programma un concerto carino e una pizza passabile, mi sento quasi, quasi, come se potessi chiamare questo posto casa.

lunedì 21 gennaio 2013

calzini e specchi

mi sento sporca come un calzino usato. non so se ne ho motivo, ma l'anima stamattina si aggroviglia come un gomitolo. nodi inestricabili.

è che forse dovrei evitare gli specchi, come se fossi un vampiro. e quindi anche la luce del sole, l'aglio e l'acqua santa. cose che - a parte il sole- in effetti evito.

non lo so qual'è il problema. c'è la tesi. che appare più aggrovigliata del gomitolo di cui sopra. ci sono persone che mi fanno male, volenti o nolenti. sono stufa di fare la positiva, la matura, l'equilibrata.

a volte basta una parola per mandare tutto in pezzi. a volte basta la mia immagine riflessa e la fatica di accettare che sono io quella lì. con quella faccia e quel corpo. sgraziata e rossa in viso per lo sforzo di star dietro all'istruttrice. e guardo la ragazza subito davanti a me. perfetta. mio dio, perfetta. gambe perfette, sedere perfetto, schiena perfetta, braccia perfette. tutto terribilmente perfetto.
non la odio, le voglio bene, siamo amiche. ma è perfetta e questo mi manda fuori di testa.

per questo in palestra cerco sempre di non vedermi allo specchio. odio essere messa così brutalmente davanti ai miei difetti. la luce al neon amplifica e distrugge. non nasconde nulla.

e mentre faccio l'ennesima serie di addominali e cerco di ricordarmi di respirare, non posso fare a meno di pensare a lei. schegge di discorsi, taglienti come lame, mi attraversano la mente. risate che fanno male, parole buttate lì con noncuranza. e dolore. dolore fisico e mentale. voglia di piangere.. si, sono lo stesso brutto anatroccolo che hai conosciuto 25 anni fa. sono la stessa bambina insicura, maschiaccio, e bulletta, perfino, tutto per negare di avere paura, di essere sola e indifesa. sono io. e tu sei quella che ha martoriato il mio amor proprio per 20 anni. ma ora basta. te l'ho detto.

non cercarmi più, non parlarmi più.
ieri sera sotto la doccia, lontana dagli specchi e dai confronti, ho pensato solo "se ti fanno male i miei silenzi, immagina solo quanto potrebbero fartene le mie parole". perchè se aprissi la diga dei ricordi e del dolore, il fiume in piena ti travolgerebbe. ma travolgerebbe anche me. lo so. vomiterei fuori anni di paure, di insicurezze, di incapacità, di dolore. e ne sarei travolta. le forze distruttive vanno domate, quelle costruttive liberate. e non è sempre vero che per costruire bisogna prima distruggere.

le macerie fuori e dentro di me, mi ricordano che a volte fare terra bruciata non significa prepararsi a una nuova semina.

perciò respiro, contengo, argino. mi sfogo qui. mi sfogo di odi e amori incomprensibili. respiro di nuovo e cerco di concentrarmi.
un'altra volta mi hai fatto male. non sarai mai stanca? io lo sono, tanto. tanto da pensare di alzarmi nel mezzo di un esercizio e andare via. di prendermela con la mia amica perfetta. come hai fatto tu.
ma io non sono te. non sfogherò i miei malesseri su chi non ha colpa se non di starmi accanto. non abbandonerò l'esercizio.
arrivo in fondo alla serie. respiro. riparto. non sarò mai perfetta, ma forse un giorno potrò smettere di evitare gli specchi fuori e dentro me. forse un giorno sarò fiera di quello che ci vedo dentro.

domenica 20 gennaio 2013

il pomo della discordia

qui la comunità expat è relativamente piccola, soprattutto quella italiana. ci si conosce quasi tutti, come in un paese, si frequentano gli stessi posti e le stesse feste.

poi ognuno si crea un suo gruppo, ma è difficile evitare di incontrarsi più o meno regolarmente anche con quelli che si prediligono meno.

e come in un paese, nella migliore tradizione italiana, ci sono pettegolezzi, antipatie, rivalità, liti e discussioni, prese di posizione più o meno velate.

mi sono trovata già in uno di questi scontri e avrei voluto restarne fuori. avrei voluto potermi fare da sola un'idea ma non è stato possibile.

ora invece mi ritrovo ad essere io il pomo della discordia. c'è una ragazza che mi ha in fortissima antipatia. all'inizio era un sospetto, anzi forse addirittura potrei dire che all'inizio era reciproco. la trovavo fredda e poco comunicativa. ma adesso è una palese e addirittura sfrontata antipatia, che non si preoccupa neppure più di tanto di nascondere, almeno per il quieto vivere e per non mettere in imbarazzo amici comuni. io l'ho invitata in ogni occasione che non fosse strettamente di gruppo, lei invece ostentatamente non l'ha fatto. la prima volta ho potuto imputarlo al fatto sia che la sua festa veniva prima della mia -e quindi poteva non ritenere che fossimo abbastanza in confidenza- sia al fatto che ci conoscevamo da poco. ma quando ieri sera ha dato un'altra festa e non mi ha invitato, anche le più miti e diplomatiche tra le mie amicizie hanno dovuto ammettere che le sto antipatica. una di loro ha accennato al fatto che appena mi si conoscesce posso apparire snob e fredda e quindi è solo colpa di un fraintendimento.

ora, una parte di me, sebbene motificata, accetta il fatto di non piacere a tutti e vorrebbe solo lasciar correre. ma so anche che un motivo profondo per il voler lasciar correre è sicuramente il malessere che mi da l'idea di un confronto. d'altra parte, so che questa situazione mette in imbarazzo diversi amici.
e poi mi scoccia che per un'incomprensione si debbano creare tensioni.

stannotte l'ho sognata. ho sognato che mi abbracciava con l'affetto di un'amica e mi sorrideva. e ho visto come potrebbe essere bello il suo volto se non fosse sempre così teso e corrucciato quando mi incontra.

eppure mi chiedo due cose. la prima riguarda me: sono davvero snob? può la mia tendenza iniziale a stare un passo indietro per non scoprirmi troppo passare per snobismo e freddezza? io sono così?

la seconda è: ma non sarà egocentrico pensare di essere proprio io il pomo della discordia, o avere l'arroganza di pensare che se anche umilmente cercassi una riconciliazione lei sarebbe disposta a rivalutarmi? insomma, chi sono io per pretendere di piacere a tutti?

sono davvero confusa. e scocciata anche. mi sento alle elementari. è davvero necessario mostrare antipatia così apertamente. non basterebbero un po' di sane buone maniere per non imbarazzare nessuno e evitare queste guerre tra bambini?

giovedì 17 gennaio 2013

di sonno, sogni e risvegli e incoscienza

a volte le notti sono troppo brevi e gli hangover troppo pesanti per essere gestiti.
quando vai a letto alle due e ti alzi alle sette, vorresti solo un letto e un pigiama. però ieri sera ci siamo divertiti e poi a volte i sogni-benchè brevi- riconciliano.

mi piacerebbe saper capire cosa significano. sarebbe affascinante cogliere dietro le immagini cosa c'è.
eppure anche no. i sogni mi hanno riportato un'immagine persa da tempo che mi ha tenuto compagnia anche stamattina appena sveglia, quando, nonostante il sonno, persisteva una sensazione di benessere che derivava solo dal sogno. poi mi è piaciuto soprattutto perchè era solo un sogno.. che il è passato è passato e va bene così.

quando ho aperto la posta mi sono trovata questa frase tra i messaggi

what a terrible thing it is to wound someone you really care for - and to do it so unconsciously
Norwegian Wood, Haruki Murakami

ed è una frase bellissima e vera e perfetta. però chi me l'ha mandata dovrebbe sapere che ora per me avrà sempre il gusto di una excusatio non petita.
che l'unico modo che ho di completare la frase, se penso a lei, è "già..è proprio un peccato."
punto.
full stop.
gata, direbbero in uno dei paesi dove ho vissuto.
chiusa.finita.
è un peccato, ma hai perso la chance, la tua chance con me. non voglio dire che sarà sempre così, perchè la vita riserva troppe sorprese per impegnarsi a lungo termine su una posizione, e non vorrei mai dover essere granitica per sentirmi coerente.
però ci sarà un motivo se non ti penso mai a meno che tu mi venga a stuzzicare..chiudiamola qui, è più dignitoso. fattene una ragione e impara dai tuoi sbagli con me.

però non mi piace pensare così, non mi piace giudicare e stare in cattedra.. avrai avuto le tue ragioni, le tue motivazioni, le tue soggettività.. solo che mi lascia l'amaro in bocca sapere che non leggerò mai questo libro. perchè me l'hai consigliato tu e sarà sempre tuo, per me.

ecco una volta di più, hai sporcato una cosa bella della mia vita.
voglio solo pensare che, una volta di più, l'hai fatto so unconsciously


martedì 8 gennaio 2013

amici

non ridevo così tanto da settimane. ieri sera intorno un tavolo a parlare nell'inglese maccheronico di noi italiani, stressando accenti e pronunce solo nostre, mi sono sentita bene. davvero bene.

però che differenza dalle feste natalizie a casa. anche quelle con gli amici. è vero che io stavo male. ma forse la distanza forse la stanchezza, non c'era questo bel feeling che ho ritrovato qui.

poi stamattina ho sentito un'amica lontana ed ero contenta di sentirla.. però la telefonata mi ha lasciato l'amaro in bocca. perchè avevo la sensazione che nessuna delle due fosse in vena di condividere, perchè ha detto una cosa spiacevole e non lo so. voglio pensare che è stato solo un momento no. perchè io a questa persona tengo. tanto.
ma in questo momento della mia vita, sento forte il legame con gli amici incontrati qui, quelle persone con cui condivido questa vita strampalata.

sono felice, felice che siano tornati. felice di condividere il mio tempo con loro..che ne sarà di noi, dopo, chi lo sa.. ho la forte sensazione che, nonostante tutto l'affetto che provo ora per loro, non saranno parte delle mai vita dopo qui, mentre gli amici lasciati a casa..loro ci saranno sempre..
non so, li sento, li vivo, come una storia d'amore durante le vacanze. intensa, eccitante, fuori dall'ordinario..ma breve. che poi io sia stata tre anni con un ragazzo conosciuto al mare, questa è un'altra storia..credo..

lunedì 7 gennaio 2013

pensieri random

rileggendo i miei post mi sono accorta di aver sostenuto una lunga battaglia per non schierarmi in una lotta sotterranea tra due persone. e mi sono resa conto che senza pensarci troppo mi sono schierata.
così, solo una costatazione. non sono più arrabbiata con chi sentivo mi ha portata a schierarmi.

pensando al futuro mi sono resa conto che tra pochi mesi avrò finito ciò che riempie le mie giornate. e questo pensiero mi ha un po' annichilita. mi sono sorpresa di non avere nessuna idea di cosa fare dopo e di più. nemmeno la voglia di pensarci o pormi il problema.
rimando, inerte a tempi migliori.

vivendo questi giorni di passaggio ho capito che non sono pronta a riprendere i ritmi normali, se quaggiù esiste una qualche forma di normalità. mi sento ancora in vacanza. ho perso il conto dei giorni e delle settimane e mi sembra assurdo ricominciare il solito ritmo.

ieri sera ero in un locale che mi ha fatto sentire a casa e mi ha dato una speranza per questo paese. ma era solo un locale, solo buona musica e ragazzi normali che ballavano e bevevano.

mi sento come la mia tesi: pezzi di cut&paste senza legami tra loro, una lunga serie di pagine di cui non ricordo molto se non al sensazione che manchino di linearità, un percorso che si perde in mille bivi senza una meta. ecco come sono io e com'è la mia tesi. ho iniziato a scrivere senza sapere la fine, quindi senza essere forse in grado di mettere una parola fine; senza un filo logico rintracciabile. ma forse è solo una sensazione dovuta al work in progress. o forse alla soggettività. magari è necessario qualcuno di esterno che la rilegga-mi rilegga- per trovarvi un senso. eppure in fondo mi sembra una truffa, una semplice interpretazione per giustificare tanto uso di pagine e di vita.

giovedì 3 gennaio 2013

in mezzo

niente bilanci per me. non amo i bilanci.gli anni passano ma non è certo un numero nuovo a cambiarmi o a rendermi migliore.

il periodo di feste è passato. come sempre non ho avuto abbastanza tempo per chi volevo, ho corso, mi sono stressata, ho sofferto di una contrattura dolorosissima che ancora lascia strascichi, ho studiato pochissimo e ho mangiato troppo.

sono rientrata e ho fatto la turista con chi amo.
il capodanno è passato con una festa posticcia lontana dalle persone con cui avrei voluto festeggiare.
sto ancora facendo la turista che per una settimana ancora ho ospiti vari e non posso ricominciare i miei ritmi normali.
mi mancano le piccole cose. il mio bagno, prestato agli ospiti, il controllo della tv, curarmi di me, l'estetista, la possibilità di fare ciò che voglio quando voglio.
cose banali ma importanti.

ho voglia della mia vita, eppure so quanto sarà difficile riprendere il ritmo.
eppure sentirmi così, a metà di qualcosa, a metà tra due mondi sta diventando troppo pesante.
vacanze troppo lunghe quest'anno.

l'unica cosa che posso dire è che ho totale incertezza per il futuro e completo oblio del passato.
oggi mi sento così, in una terra di mezzo senza riti conosciuti o linguaggi comprensibili.
ho solo bisogno di tornare a me stessa.