gamibu

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sabato 30 luglio 2011

partenze e ritorni

valigie fatte-disfatte-rifatte.casa sottosopra, gatto che vaga perplesso tra bucati da stirare, da stendere, da lavare. niente asciugato in tempo per finire nella nuova valigia, pochi amici incontrati tra un biglietto, un appuntamento e una coda in autostrada. altri li ritroverò alla fine dell'estate, altri tra un anno e non sono quelli conosciuti in vacanza.
mi piace partire quando tutti sono ancora qui e tornare con la città vuota, appena prima di rimanere sola, salutare tutti e sapere che la città sarà mia per almeno una settimana. solo mia e di qualche impavdo turista giapponese a cui non hanno spiegato che agosto non è il momento migliore per visitarla.

mi piaceva ancora di più quando i negozi chiudevano sul serio, non sapevi dove trovare da mangiare, pochi locali aperti, quasi nessuno in giro fino a sera tarda.
ritorno e poi riparto e alla fine di questa estate odore di libri e quaderni nuovi e vestitini per la scuola e astucci e cartelle, e un kilt rosso e verde e le calze che pungono e le college e che fastidio rimettere le scarpe.
e alla fine di questa estate che non ho più 7 anni e l'estate non è il concentrato di vita e noia e gioia e tristezza che era allora.
e alla fine dell'estate saluto chi parte davvero, veramente. e sento già nostalgia per loro e sento già malinconia e sento già i piedi che vogliono muoversi e sento già prudere le mani per la voglia di fare, fare, fare. per la voglia di prendere anch'io un aereo -diverso. altra destinazione- e partire e andare di corsa a ri-prendermi la vita e a vivere vivere vivere.
è più facile per chi parte, diceva un'amica quando partivo io. non le avevo creduto. sciocca.

martedì 19 luglio 2011

impossibile

non posso chiedere a un gatto di farsi coccolare solo perchè so che non lo vedrò per molto tempo. è un animale selvatico, che vuole i suoi spazi. è lui che stabilisce i tempi, lui che fa battere il ritmo della nostra relazione.

non posso chiedere al tempo di cambiare velocità. a volte troppo lento, ora troppo veloce, e io ho ancora tate cose da fare. ma lui implacambile e indifferente come la natura matrigna di leopardi, continua a muoversi sui suoi binaru. e io posso solo assecondarlo.

non posso chiedere al cielo di schiarirsi anche se queste nubi plumbee e l'aria fredda mi immalinconiscono. lui segue logiche a me imperscrutabili. posso solo prendere l'ombrello e sognare soli lontani.

non posso chiedere a chi amo di pensarla come me, di soffrire quanto io penso sia giusto, di vivere come vivrei io, posso solo star loro vicino, cercare di dare loro un'altra prospettiva, ma alla fine la storia è la loro e non la mia.

certe volte il mio narcisimo onnipotente allarga le braccia e scuote la testa di fronte alle mille cose che non può proprio gestire, neppure con sforzi titanici. certe volte sono io che alzo le spalle, accarezzo il gatto, sono in ritardo, prendo l'ombrello, sorrido a chi amo e vado via.

lunedì 18 luglio 2011

sincerità e veleni


L’uccellino, la mucca e il lupo siberiano

Un uccellino nel freddo inverno della Siberia, si mise a saltellare sul ramo di un albero.
Provò a volare ma per il freddo le ali gli si erano gelate e cadde dall’albero nella neve.
L’uccellino stava già per morire quando un mucca, che rientrava nella stalla, lo vide.
Voleva salvarlo, ma non sapeva come…
La mucca si mise in posizione e…plaf:
l’uccellino si ritrovò nel calore che lo sterco della mucca aveva prodotto.
Quel calore lo salvò e gli fece recuperare le forze.
Quindi la mucca se ne andò.
Sembrava che tutto si fosse risolto per il meglio.
Ma….arrivò un lupo siberiano,
che per tutto il giorno aveva vagato nella neve alla ricerca di una preda, senza trovarla.
Vide quell’uccellino che si coccolava felice al caldo nello sterco della mucca.
Il lupo, affamato, allungò una zampa…schifato.
Afferrò l’uccellino…lo pulì, alla meglio, sbattendolo nella neve fresca…e poi lo inghiottì.

Morale:
Non sempre chi ti mette nella merda lo fa per il tuo male.
Non sempre chi ti salva dalla merda lo fa per il tuo bene.

me la racconta spesso la mia psico, per spronarmi a sentirmi libera di manifestare i miei malesseri anche quando temo che possano mettere in dubbio persone che amo e penso che potrebbero soffrirne, quando mi dice di dire quello che penso anche se non sarà consolatorio, semplicistico e facile come quello che l'altra persona potrebbe voler sentire. so che ha ragione ma per ora non ci riesco, non ancora..rientro in modelli consolidati, mi arrabbio perchè sento ricatti morali che come lacci mi stringono la gola, do quello che penso faccia meno male su momento per non dover pagare conseguenze che non saprei gestire.. eppure so che sto dando veleno in gocce, invece che una medicina schifosa ma sana..avveleno piano chi amo per paura del confronto.. se lo scrivo, mi faccio paura da sola.. ma la vita è sempre un po' più complicata di come me l'aspettavo, le relazioni sono sempre un po' meno bianche o nere.. amare non sempre significa fare del bene all'altro. scuse? forse, ma la sincerità è un lusso che non so ancora permettermi.

martedì 12 luglio 2011

appena sotto la cenere..

..brucia un fuoco che non so spegnere.
mi sento al limite, ogni fibra del mio corpo vuole correre via, vuole scappare, liberare energia compressa troppo a lungo. sono stanca, stufa stufissima. voglia di essere altrove, lontanissima, voglia di poter dire che tengo tra le mani la mia vita. e so che è così, ma gli occhi non riescono a guardare le mani. è come se avessi corpo e cervello scollegati, gli impulsi neurotrasmettitori non precepiscono la sensazione delle mani piene, nè l'ordine agli occhi di guardarle, quelle mani e vedere che la mia vita è lì.
e allora mi sento sopraffatta, devo fermarmi, respirare per bene, costringermi a reagire, a non farmi incastrare, di nuovo, nuovamente negli schemi mille volte provati, mille volte conosciuti,  nel malessere di fondo che mi mi assale, e sale alla gola, e mi fa mancare il respiro e mi fa venire voglia dell'ennesima sigaretta.
devo respirare, ritrovare il senso, scartare e tagliare fette di ansia che non hanno ragione d'essere. sbucciarmi come una cipolla, spogliarmi di una pelle che non è mia, di dolori che non sono miei, impazienze insensate.
faccio quello che voglio, lo so, e mi piace. ma affrontarlo concretamente, litigare con la memoria distratta, costringere la mente a reimparare altre forme di immagini che non passino solo dagli occhi è maledettamente difficile. e allora a volte mi sento così, schiacciata dal peso del dover fare, dimenticando la gioia del poter fare.
e poi i dolori altrui continuano a ferirmi. il senso di responsabilità e impotenza mi annienta.. egoisticamente vorrei stesse bene per non dovermi occupare di lei. per potermi occupare di me.
cerco una via d'uscita, scrivo, razionalizzo, ma il magma dentro me continua a ribollire senza tregua.

sabato 9 luglio 2011

efecto mariposa

non posso mettere collane perchè soffro di cervicale, il peso sul collo mi causa dapprima fastidio che lentamente si tramuta in irrigidimento dei muscoli, sottoposti a un così lieve sforzo eppure così fragili, infiammazione e dolore. dolore sordo che sale a ondate, dolore acutissimo in qualche punto del cranio, un dolore accecante e intollerabile, che passerà solo con una dose massiccia di medicine: non basta sfilare la collana, un massaggio, dormirci su, solo composti chimici possono riportarmi alla ragione.
tutto questo per una banale collana.


eppure. oggi pensavo, sfilando a suddetta collana e maledicendomi per essermi fatta convicere a metterla, pensavo appunto a quanti gesti e parole che a prima vista appaiono insignificanti possano scatenare dolori che nessun composto chimico può sedare, cuori infranti, vuoto davanti a noi.
a volte basta un ciao. la parola più indolore e innocua del mondo.
dipende dal tono, immagino, da quanto appaia definitivo.

a volte il modo in cui per la millesima cosa fai una cosa così irritante fa scattare nell'altro qualcosa, e allora il modo in cui pieghi la tovaglia per riporla, il posto dove appoggi/butti i calzini sporchi fino all'indomani, la voce con cui parli al telefono con la tua amica, tutti questi innocui, e persino sciocchi, difetti possono essere l'ultimo gesto che condividerai.

ecco oggi pensavo a questo: i dolori più intollerabili e accecanti nascono da gesti e parole così innocue, il che sembra un paradosso.
D'altronde si dice che il battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo..

forse oggi ho solo scoperto l'efecto mariposa, non ci avevo mai pensato, ma la vita a volte è davvero assurda.


giovedì 7 luglio 2011

Chi muore 

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,

ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia, chi non rischia
e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Lentamente muore chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce
il nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme
di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica,

chi non trova la grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa
che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivi
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento di una splendida felicità.


Pablo Neruda

domenica 3 luglio 2011

scissa

"A volte mi dimentico di quanto sei bella, di come il tuo sorriso si apra al mattino come un sole, svegliandoci."

anche io me lo dimentico a volte.. in questo momento di rabbia repressa, di inconprensione, sono un calderone che borbotta non ancora pronta a esplodere, perchè non voglio fare il botto, voglio abbassare la temperatura, trovare le parole giuste che non siano condanna e rabbia e imposizione, ma miele che convince e vince dolcemente, perchè adesso sembreremmo dalle due parti della barricata, ma siamo soldati amici nella stessa trincea, e se non vinciamo insieme, perderemo entrambi..e lo so, ma ho tutti questi crediti, tantissimi, nelle tasche, tutti ma nessuno li vuole, nessuno sa che farsene, sono monete fuori corso..e io non voglio usarli contro di te..
ma mi accorgo che mi dimentico quanto sei bello, e quanto ti amo, e questo mi fa stare male.. perchè se non riesco ad accettare che tu non lo fai contro di me ma per difenderti è tutto vuoto a perdere.. è dolore inutile e tristezza e solitudine e ripicche di bambini arrabbiati..
e non è quello che voglio per noi.. io voglio che ci siano giorni splendenti, paperette e laghi calmi. voglio sorrisi, amore e gioco.. e voglio anche discutere se servirà, e raccontarti il mio mondo mille volte, cantartelo dentro finchè non risuonerà anche a te..
ma ora sono arrabbiata, non ci riesco..e mi dimentico quanto sei bello..e un giorno passa ed è sprecato per la rabbia che c'è dentro me. quando sei scissa, essere uno diventa davvero difficile.

venerdì 1 luglio 2011

la storia sembrava un'altra..e invece

toccava a te il ruolo di quello forte, quello sicuro, quello che sa sempre cosa pensa, quello che si mette in discussione per crescere, quello che dialoga, quello sereno, quello sa cosa vuole, quello senza ansie, dubbi, incertezze, fragilità..
no aspetta forse questo è il copione di un film americano e tu non sei bruce willis.. forse hai voluto crearti questo copione, e io all'inizio ho voluto crederci, perchè mi era molto funzionale..
poi qualcosa è cambiato. io ho imparato a fidarmi di me, ho capito almeno un po' chi sono e piano piano ho iniziato a vedere dietro quella tua aria serena e sempre positiva.. e ho visto le tue fragilità. e ti ho amato anche per questo. ma guai a dirtelo, diventi una bestia.. ego maschile in rivolta al sospetto di non essere superman.. orgoglio ferito, narcisismo in allarme rosso..
un po' mi fai incazzare e un po' mi fai sorridere.. ma ti sembro il tipo che potrebbe amare bruce willis??? ma dai.. io amo te, allegro e sorridente, te fragile e duro, te buffo e problematico..
qui non c'è nessuna famiglia mulino bianco, scordatela.. e per fortuna.. noi siamo veri, e questo ci rende bellissimi.
ma tu proprio non c'è la fai a sentirti mettere in discussione, nonostante le tue dichiarazioni.. delitto di lesa maestà..e allora mi ispirerò alla massima de "il mio grasso grosso matrimonio greco": gli uomini sono la testa, ma le donne il collo che la fa girare..
devo solo trovare il modo per metterti davanti alle tue fragilità, rassicurandoti e aiutandoti a risolverle, senza trovarmi contro il muro delle tue paure inespresse e del tuo ego ferito..
non sarà facile, ma se tu non sei superman, chi ha detto che io non sia wonder woman?