gamibu

gamibu

martedì 27 marzo 2012

affinità elettive

Nessuno dimentichi, nulla sia dimenticato
Olga Bergholt

ci sono persone che quando se ne vanno, lo fanno in silenzio, un minuto prima di dare "fastidio". persone che hanno sorrisi che scaldano.
persone buffe, tenere, dolci ma un po' burbere.
persone che non vogliono mai disturbare, che si mettono sempre in secondo piano, che non si impongono mai, che fanno un passo indietro per lasciarti vivere la tua vita.
persone che amano senza clamore, ma con costanza, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
ci sono persone che non si può fare a meno di amare. persone che lo vedi dalla chiesa piena quanto erano amate.

ci sono dolori che non c'entrano nulla con le definizioni. legami che non si quantificano in "gradi di parentela" e "valore legale".
ci sono affetti che non si racchiudono in nessuna parola. lacrime che non hanno bisogno di nessun ruolo per sgorgare.

in questi giorni ho capito che non ho rimpianti, ma molti ricordi, seppure troppo pochi.
che ci sono figli di sangue e basta.
che ci sono figli che non sono di sangue ma di cuore, e ne ho visti molti.
che si può trovare conforto nelle parole di uno sconosciuto più che in quelle di chi conosce da sempre.
che, nonostante io non creda, finchè uno solo di quei figli di cuore ci sarà, allora non sarà dimenticato.

che ci sono affinità elettive che quando si spezzano, ti si spezzano dentro. e qualsiasi cosa io faccia, quel filo spezzato me lo porterò dentro sempre.

sono stati giorni brutti e sporchi e indelebili e pieni e vuoti e puri come solo il dolore sa essere.

ho visto la persona che amo di più devastata.
ho provato a pensare e poi a non pensare.
e ho capito che non cambia nulla.
gli sono stata più vicina che potevo.
e ho capito che ci sono dolori a cui puoi stare accanto, ma senza mai toccarli.
perchè sono troppo grandi per essere condivisibili.
ho pianto e poi ho riso tra le lacrime.
ho messo un vestito chiaro e non importa se non tutti capiranno.
ho trattenuto lacrime e le ho lasciate fluire.
ho accarezzato fotografie e sussultato di fronte a un'agenda.
ho ringraziato per aver avuto l'opportunità di conoscerlo e ho maledetto per averlo perso.
ho parlato e taciuto.
ho fumato troppo e preparato decine di caffè.
mi sono specchiata negli occhi più impensabili.
ho cercato abbracci che mi sorreggessero, mentre dovevo sorreggere.

ora vorrei solo un abbraccio di conforto. per me. solo per me.
qualcuno che non mi chieda il perchè di questo dolore ma che lo accolga per un po'.

invece fumerò l'ennesima sigaretta, abbraccerò il cuscino e farò forza a chi amo, quando di forza non ne ho.

ah, ho imparato anche che si può piangere fino all'esaurimento e poi alzare la testa e ricominciare a andare avanti. piangere non è un simbolo di debolezza. a volte è un simbolo di forza.

ecco forse questa è la cosa più importante che ho imparato da questa affinità elettiva. ma credo che lui non sarebbe stato d'accordo.

giovedì 22 marzo 2012

marce e macchine e folgorazioni

il problema è avere una folgorazione mentre canti stonata in macchina sulla via del ritorno e le uniche persone con cui vorresti parlare sono lontane. e allora ti tieni la folgorazione e speri che non sfugga via prima di arrivare al pc.
mi sono resa conto, tra no regrets e suprime, che io mi trasferisco senza avere uno scopo per farlo che non sia lui. non che non lo sapessi, ma mi ha colpito come una secchiata di acqua gelida la certezza che mentre lui ha uno scopo chiaro e definito che lo spinge là, io ho lui. che non è "solo lui" o "almeno lui".
il che significa che semplicemente vorrei avere altre ragioni, oppure che vorrei avere qualche certezza, o forse anche solo un amico che sia lì.
il che significa che ho paura. non abbastanza da tirarmi indietro. abbbastanza da pensarci.
il che significa che devo mettere ordine nelle priorità, superare la mia insana timidezza -che non è vera timidezza, ma paura di rifiuto, trovare una ragione mia e andare avanti.

da ragazzina mi piaceva un sacco quella frase di che guevara che dice più o meno così "indietro? neanche per prendere la rincorsa".
ecco io forse per prendere la rincorsa un po' indietro ci andrei pure. ma di sicuro non vivrei in retromarcia, anche se a volte mi piacerebbe un sacco mettere in folle. ma non si può..

martedì 20 marzo 2012

fare la conta

quando ero bambina e non sapevo scegliere, che scegliere per me è problema antico, incapacità di prendere decisioni, paralizzata dalla paura di sbagliare, di perdere qualcosa, di imboccare la strada sbagliata, facevo la conta.
di solito finiva che prendevo, con un po' di senso di colpa, quello che non era uscito. era irresistibile per me, andare contro una banale regola autoimposta. usciva il gelato? e io prendevo pane e nutella. usciva la maglietta rossa? e io mettevo quella bianca.
niente, impossibile uscirne, era più forte di me. mi sembrava di aver finalmente capito cosa volevo, solo quando avrei dovuto perderlo. mi faceva tenerezza quella cosa "perdente", abbandonata. mentre non degnavo più di uno sguardo il vincitore. ormai aveva vinto, non gli bastava?
ora mi vien da pensare che non fosse comprensione di quello che davvero volevo, ma terrore di perdere qualcosa. sempre così per me.

adesso sono troppo grande per fare la conta, anche se i sogni mi riportano indietro. devo scegliere il prof della tesi. oggi riceve uno dei più papabili, anzi tra poche ore. e io ho fatto i compitini a casa. e sarei pronta. ma mi sale l'angoscia. e se mi dice no? e se invece mi dice si? e se poi trovo qualcosa che mi piace di più? e se mi sta super antipatico? e se la sua materia è bella solo sui libri?
mi sento in trappola. mi conosco abbastanza per sapere che se ci vado non trono indietro. e mi dico che forse devo pensarci ancora. che forse devo darmi tempo. non so perchè ma immagino che la psico direbbe così.
che faccio? non credo che la conta funzioni ancora. però magari ci provo lo stesso.. il potere di alcune magie infantili, resta uguale anche dopo. o no?

giovedì 15 marzo 2012

16 anni

oggi mi sento jeans stropicciati, maglietta slabbrata, felpa col cappuccio, gazelle ai piedi.
oggi mi sento eastpack in spalla, auricolari e muse o korn nelle orecchie.
oggi mi sento come al liceo, nervosa, incazzata col mondo, asociale.
oggi mi sento datemi una heineken, una stanza buia, musica fortissima, corpi che si muovono, magari pogano.
oggi vorrei dimenticare l'età che ho, le responsabilità, il dovere. vorrei poter avere di nuovo 16 anni, una vespa giallo limone, amici che si trovano al parcheggio del centro sportivo, un programma per sabato sera e compiti di matematica che non mi verranno mai.

oggi vorrei avere tutte le certezze che avevo allora.
vorei sapere con certezza quello che sarei stata da grande, non avere dubbi, sapere per certo cosa sia il giusto e lo sbagliato. soffrire per i compagni di classe stronzi, per il ragazzo che non mi voleva. vorrei pensare che la tragedia peggiore sia prendere 4 in fisica o non avere il permesso per andare a una festa.

posso anche solo per 10 minuti chiudere gli occhi, con la certezza che li riaprirò nella mia stanza di allora, coi poster e le frasi copiate dai libri attaccate alle pareti, con le cassette duplicate, i libri di scuola, i pupazzi e i miei vestiti nell'armadio?
oggi se apro l'armadio non troverò più quei jeans, la maglietta dei nofx e la felpa usata blu e rossa che adoravo. ne gazzelle e dr martin nella scarpiera. mia madre non mi urla più di riordinare, di comprare vestiti decenti, di non ascoltare quella robaccia. non mi guarda più preoccupata per l'eccentricità dei miei amici.
oggi mi guarda preocupata perchè ancora non ho un futuro chiaro in testa, per le scelte che faccio, per il paese in cui vivo e per quello in cui vivrò. sono quasi certa che preferirebbe poter tornare a preoccuparsi per le cose banali che la mettevano in ansia quando avevo 16 anni. e sinceramente per una volta, mi sento di darle ragione.

perchè oggi è quello che vorrei anch'io.

mercoledì 14 marzo 2012

someone like you -adele

mi fa male tutto: braccia, gambe, schiena. mi fanno male le mani piene di tagli, e le ginocchia a furia di starci appoggiata, e le spalle bruciano per lo sforzo. mi fanno male ossa, muscoli, nervi, articolazioni.
qualsiasi cosa possa far male.
sono maldestra, goffa. ho sempre sognato di compensare il fatto di sentirmi sgraziata con la forza, ma è una mia illusione. l'unica forza che davvero possiedo è la testardaggine di fare tutto da sola, anche se sono una pasticciona e allora mi carico pesi eccessivi, mi taglio con carta, graffette, coltelli del burro (!), soprammobili.
ho scoperto muscoli che non pensavo di avere. ho  coperto di saper scegliere senza troppi crucci cosa mi importa e cosa no. ho scoperto che posso abbandonare tutto senza una lacrima, che posso guardare le foto di una vita che non è la mia senza neppure un secondo di rimpianto per quello che c'era prima.

ora intorno a me molti vuoti, la voce sarebbe eco se avessi qualcuno con cui usarla, la musica suona strana.  mi guardo in giro e non riconosco quello che avevo creato.

com'è instabile, com'è passeggera ogni traccia che lasciamo di noi in ogni luogo, e -forse- su ogni persona. siamo solo una scia di profumo nell'aria, chiudi gli occhi per afferrarla ed è già sparita.

ho troppe luoghi da chiamare casa, il che più o meno equivale a non averne nessuno -credo.
ho troppi ricordi che si confondono. ho troppi futuri e nessuno.
però il male passa, è il resto che rimane.

ascolto adele. non sono triste. solo stanca. ascolto e penso: ma come fa?
come fa chi trova le parole per esprimere quello che vede, che sente? io mi sento muta, peggio, sento le parole bloccate in gola. basterebbe scioglierle e finalmente saprei raccontare..

martedì 6 marzo 2012

sogni e bisogni

tutt'a un tratto mi trovo a un bivio. ho sempre represso i miei bisogni, è un lavoro antico per me, fingere di non avere bisogni, esserne infastidita, viverli come debolezze. è un lavoro recente e doloroso, scavarmi dentro, andarli a ripescare, sentirli miei e finalmente degni di essere ascoltati.

ci lavoro ancora tutti i giorni: bisogni banali e quelli più profondi, piramide di maslow rovesciata, accettando con fastidio quelli fisiologici, negando quelli di autorealizzazione. ma a un certo punto esplodono anche loro, vengono alla luce.

e ora il bivio tra i bisogni di appartenenza e quelli di autorealizzazione. che non posso e non devo soffocare ma che sono in netto contrasto con gli altri.
come trovare una quadra?
quello che sogno è qui, a pochi chilometri da dove vivo e credo potrebbe darmi la felicità. quello a cui appartengo è lontano ora e andrà ancor più lontano.
l'idea è raggiungerlo ma tutt'a un tratto stamattina ho realizzato che per farlo dovrò abbandonare i sogni e bisogni di autorealizzazione. o forse sono io che assolutizzo tutto e non vedo come far stare insieme le due cose.
è di questo che ho avuto paura nelle scorse settimane? questo il motivo delle mie fughe mentali? l'incapacità di accettare, semplicemente, che stavolta non c'è modo di tenere nascosti i bisogni, ne' di tenerli insieme?
devo per forza scegliere, rinunciando a uno dei due?
non esiste una via d'uscita?
e come potrò scegliere? come potrò evitare che sia una scelta tra lui e me?
forse semplicemente il mioc ervello è troppo sulla difensiva per immaginare un modo per tenere tutto insieme. o forse la distanza diluisce il bisogno di lui fino al punto da farmi credere che i miei bisogni di autorealizzazione siano più importanti dei miei bisogni di appartenenza?
ma è davvero una scelta tra me e lui? o è una scelta solo e solamente mia, all'interno della mia scala di bisogni, tra le mie priorità?

potrei essere felice se mi realizzasi al di là di lui? non voglio chiedermi se sarebbe giusto o come la prenderebbe lui..sarebbe solo un modo per nascondermi il problema.

il problema è di nuovo, una volta di più, scegliere. trovare una quadra. avere "tutto", essere me stessa.
ma i sogni non svaniscono al mattino, stavolta, anzi arrivano con la luce. e io non posso mettere semplicemente la testa sotto il cuscino..

sabato 3 marzo 2012

nessun pensiero in testa

tiepido sulla pelle, sole, retrogusto di caffè e nutella in bocca, voglia di muovermi, iperattività. mi formicola il corpo per la voglia di muovermi e per quella di staccare il cervello, svuotarlo dalle ansie e dai pensieri, dai progetti, dalle incertezze. vorrei essere come il mio gatto, acciambellarmi al sole, godere solo di sensazioni semplici, socchiudere gli occhi per difenderli da tanta luce e non avere neppure un pensiero.
iperattività latente, bisogno di difendermi da malumori, paure, ansie e negatività.

è brutto pensarlo ma so che se sto abbastanza lontana dall'amore soffocante e perennemente preoccupato di mia madre sto meglio. andare a trovarla domani è un modo per rendermi vulnerabile. alle sue paure, alle sue ansie, ai suoi pensieri negativi. teme che mi senta sola, mi vede indifesa, piccola, incapace. non che io faccia granchè per convincerla del contrario. abbozzo più che altro. se fossi più sanamente egoista non andrei.
la psico dice che non mi difendo dal loro bisogno di me, ma dal mio di loro. avrà anche ragione, ma non cambia molto nel mio modo di sentire. ho comunque bisogno di tenere una certa distanza, per mantenere l'equilibrio, la pace che a volte conquisto solo con sforzo. ma andrò lo stesso. che sia un bisogno suo o mio non ne ho idea. tanto basta sapere che è un bisogno.

ma oggi no, oggi me la godo. oggi il sole, il tiepido, il caffè, la nutella, il gatto, il silenzio, e un'intera libreria sono tutti miei.
oggi non devo rendere conto a nessuno, solo a me. e forse non sarà poi così difficile raggomitolarsi al sole e godermi questo tempo senza neppure un pensiero in testa.