gamibu

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giovedì 19 giugno 2014

the three of us

siamo di nuovo in 3. qui nella terra al di là del mare, il trio è tornato temporaneamente.
ed è tutto uguale e tutto diverso.
è uguale l'affiatamento, le parole in circolo, i ruoli e le emozioni.
è diverso tutto perché puzza di ultima volta.
facciamo quello che abbiamo sempre fatto. ci trasciniamo con 40 gradi per i mercati, compriamo cose che non ci serviranno, ci fermiamo sfinite in ristorantini mai visti, andiamo in palestra, parliamo per ore, quando non siamo insieme ci telefoniamo.
il programma è fitto: concerti, partite dell'italia, gite al mare, negozietti, centri benessere.
incastriamo tutto con la vita normale, che passa un po' in secondo piano. tutto congelato fino alla partenza. d'altronde avrò tempo per la vita di tutti i giorni poi, quando i giorni si distenderanno tutti uguali come grani di un rosario. uguali e solitari.
ma oggi, qui, tra un succo di melone e una lezione, siamo di nuovo noi, per l'ultima volta.
c'è qualcosa di magnifico in questa precarietà.
c'è qualcosa di angosciante.
creiamo ricordi. per quando ognuna sarà da un lato diverso di questo mare, a molte ore di aereo.
mi sento come alex e aidi nelle ultime pagine della loro storia.
cerco di rimandare il pensiero, ma è sempre lì, poderoso.
non mi chiedo che sarà di noi o di me.
in parte lo so.
qualcosa di noi 3 sarà sempre, qualcosa si perderà inevitabilmente.
per adesso cerco di vivere a duemila, e zero domande.
ma l'ineluttabilità della fine pesa.
pesa su ogni istante anche quando non ci penso coscientemente.
sporca questa gioia infinita di essere di nuovo, per un momento, noi tre.
dilato quel momento, scaccio il peso in fondo alla mente.
siamo noi. di nuovo. adesso. qui.
siamo.

venerdì 13 giugno 2014

aspettare

le cose finiscono.
vorrei essere capace di piangerle solo dopo, ma non posso impedirmi talvolta di sentire già ora il dolore per la fine. è come una canzone che conosco benissimo. inizio a voler schiacciare il tasto repeat qualche secondo prima che finisca, tanto so che sta finendo. è così che mi sento ora. so che sta finendo, perché aspettare ancora?

eppure non si può vestire il lutto prima del tempo, non si può evitare quest'ultimo stillicidio. bisogna viverlo fino in fondo. perché un giorno sarà anche questo ricordo.

non voglio essere ingrata. due anni di amicizia è molto più di quel che mi aspettassi. e molto più di quello che di solito ci è concesso. non sono ingrata. so che deve finire, l'ho sempre saputo. ma per caso questo fa meno male?

fa male uguale, guardare i giorni dietro di me e quelli davanti, vedere chiaramente la diga che li separa. non fa meno male essere pronti. fa male uguale.

cerco solo di vivere. ricaccio le lacrime. quando non posso stare insieme, leggo, guardo film, ascolto musica. vivo, più che altro. a volte la tensione sale troppo, le parole altrui non bastano più. allora uso le mie. scrivo, parlo ad alta voce, penso.

non sto esattamente male. ma fa male.
da fuori sembro felice. forse lo sono. non ne sono mai sicura se non a posteriori.
è questo il meglio? questo il giorno più splendente?

non saprei. non ho idea se conti qualcosa.

ci sono molte cose che contano ma non so se dar loro un nome, aiuti a renderle più vere o il bisogno di incasellarle in un certo senso offuschi il loro valore.

per ora aspetto e vivo. vivo perché non so fare altro. aspetto perché non posso fare altro.
finché il far male non diventerà star male e poi non passerà pure quello, come tutto, e resteranno i ricordi. anche di questi giorni ad aspettare e vivere.