gamibu

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giovedì 30 agosto 2012

echi

echi nei miei sogni, ricordi che si frammistano a pensieri, persone del passato e altre del futuro. e mi sveglio volendo ancora dormire, con la voglia di farmi cullare ancora un po' dalla musica silenziosa che ho in testa.

echi nei miei pensieri, memorie che riemergono e chissà perchè sono quasi sempre quelle meno luminose, quelle che offuscano a risalire in superficie, e allora annaspo perchè non vorrei laasciarle fluire ma sento che se non lo faccio, faranno più male, respinte sotto lo strato di coscienza dove posso annidarsi e incancrenirsi.

echi della voce della psico che riaffiorano, la voglia di sentirla, confrontarmi, ma senza dolore o bisogno.. anche solo la voglia di dirle che ci sono, ancora, qui, da qualche parte.

echi dentro di me, un grande silenzio che mi fa perdere il filo del mio racconto, mi sento una cassa di risonanza per sensazioni aliene. sento che tutto questo non mi appartiene, o forse, non mi appartiene ancora.

devo solo raggiungere il mio corpo e poi sarà di nuovo pienezza, ma credo di aver smarrito la via. non sono preoccupata, so che ci vuole un po' di tempo per ritrovarsi.

domenica 26 agosto 2012

della domenica, ovvero il lunedì sbagliato

in questa parte del mondo domenica è lunedì.. ed è vero che venerdì è sabato (o meglio domenica, visto che invece il sabato è sabato) ma il lunedì di domenica è proprio una di quelle cose a cui non so abituarmi. mi si confondono i giorni in testa, mi perdo per strada e mi innervosisce questa confusione.

sto già pensando al primo ritorno, ma è presto e un po' ho voglia e un po' no. perchè non ho voglia di reincastrarmi nel gioco di aspettative familiari, di attenzione a orari, incastri e facce più o meno scure.
che qui non ho certo trovato il paradiso, visto che continuano a mancarmi terribilmente le relazioni sociali e poi fa caldissimo e poi non è proprio il posto più bello del mondo. però è casa, in qualche modo, o lo sarà.
e perciò non ho voglia di musi lunghi e tristezze e nervosismo e scocciature e.
avrei voglia che tornare fosse una festa per chi mi vede, non un momento di tensioni e recriminazioni.
e so che, se non posso imporre agli altri di sentirsi propositivi, devo comunque cercare di esserlo io, di sorridere, di vedere il buono e prendere il buono con quel sano egoismo di conservazione che dice: se tu non riesci a godere del fatto che io sia qui, io però riesco a godere del fatto di esserci.

ecco così dovrebbe andare e così proverò a farlo andare.
però non è proprio facile, anzi, è abbastanza complicato. ancora una volta complicato, quantomeno. e vorrei fosse davvero lunedì, per poter chiamare le amiche e parlarne con loro. vorrei.
ma è solo domenica anche se qui è già lunedì. e allora aspetto domani perchè la settimana inizi davvero nella parte del mondo dov'è il mio cuore.

martedì 21 agosto 2012

sfogo

non è facile la vita qui, dall'altro lato del mare.. non è facile per me, che sono una solitaria, un'abitudinaria, che vorrei relazioni e amicizie ma sono troppo timida, troppo impacciata per andarmele a cercare.. che annaspo nella ricerca di qualcosa da fare fuori casa.

vorrei avere i modi spigliati che permettono di crearsi relazioni, tra l'altro facilitate dal contesto expat, che aiuta sempre a fare amicizie. invece sono bloccata. se non è il mio amore a creare contatti io me ne sto buona buona in casa. e si, ho delle cose da fare e tante, per la tesi, però sento che mi fa male questa solitudine, mi intorpidisce.

e poi ho un pensiero che mi rimbalza nella testa. una frase buttata lì da mia madre poco prima che partissi, una presunta "spiegazione" del mio presunto "blocco" rispetto ad avere figli.

e si, un po' il blocco ce l'ho. perchè mi sento giovane, perchè mi sembra sempre non sia il momento, perchè mi sembra un'impresa più grande di me, perchè mi inibisce il pensiero della gravidanza. ma non so quanto peso dare alla spiegazione di mia madre. che richiama alla mente anni difficili, anni in cui non sapevo gestire una situazione complessa, in cui ho sbagliato a gestirla.. secondo lei mi ha traumatizzato.

e un po' penso abbia ragione, e un po' mi sembra che semplifichi tutto e un po' mi farebbe rabbia se avesse ragione.
e allora non so che fare, se non rimuovere quel pensiero, i ricordi che si porta dietro, e vorrei tanto aver affrontato tutto questo con la psico, ma non l'ho fatto e ora è tardi e mi sembra che gli strumenti che mi ha lasciato non siano sufficienti per sciogliere la matassa. e non so se è mancanza di fiducia in me stessa o realismo, ma come al solito le parole di mia madre pesano su di me come una condanna. non so mai prenderle solo come un'opinione, non ne sono mai stata capace e nonostante tutto non mi sembra di esserlo adesso, nemmeno con un mare tra noi.

e questo mi spaventa e mi fa arrabbiare e vorrei davvero qualcuno con cui parlarne..ma ovviamente quetso non c'entra nulla con la prima parte del post..o forse si. in modi diversi, sto solo dicendo che ho bisogno di amicizie e relazioni. di due tipi diversi però: ho bisogno di chiacchiere superficiali e di parole profonde, analitiche, introspettive e anche di una guida..
non cose inconciliabili, ma entrambe difficili.

forse volevo solo fare il punto sulla complessità dei rapporti umani. o forse avevo solo bisogno di uno sfogo..

giovedì 16 agosto 2012

blocco dello scrittore

fin da piccola, sognavo di scrivere. da grande volevo fare lo scrittore.. però quando immaginavo il lavoro di scrittore, i miei sogni a occhi aperti erano sempre fantastici: una stanza affacciata su un bellissimo panorama, finestre ampie, un grande tavolo con moltissimi fogli e una tazza da caffè americano, una libreria piena e un sacco di premi incorniciati o ad abbellire le mensole.
io lì in mezzo con la classica aria da persona di successo, posata, felice, modesta ma consapevole. ho sempre immaginato il momento del successo, le premiazioni, i discorsi ad impatto che avrei fatto, i ringraziamenti sentiti e intimi.. insomma è ovvio che vedevo troppi film americani e pensavo che il successo fosse lì, in una risma piena e uno studio moderno.

però avevo sempre anche un po' di timore, della serie, ma a un certo punto avrò il blocco dello scrittore? scacciavo il pensiero molesto con l'immagine vittoriosa che avevo in testa e lo seppellivo in fondo alla mente..

ecco adesso che le ambizioni si sono un po' "ridimensionate" e che sono davanti ad un laptop, invece che a una macchina da scrivere, ora che devo "solo" scrivere una tesi e neppure quella, solo 6 misere pagine di introduzione da mandare al prof..eccomi alle prese col blocco dello scrittore.. insomma ho scritto la prima pagina e mezza..mica di getto, no.. limando e rileggendo, scrivendo ogni frase 5 volte, insoddisfatta dei termini, dei sinonimi e, a dir la verità, anche dei concetti..
il problema è che..ho finito!

voglio dire, per me l'introduzione è fatta..ho detto tutto quello che avevo da dire..
ok, posso allungare un po' reitarando i concetti, magari aumentando il corpo e i margini..ma mi sentirei una ladra. cioè, se non ho altro da dire, allora sto zitta..

e così mi torna in mente quel sogno di bambina, quelle risme altissime, piene di parole..parole fantastiche, concetti innovativi, sentimenti elegiaci ma non scontati.. e un po' mi fa tenerezza e un po' mi fa ridere.. l'illusione che solo perchè qualcosa immaginavo che mi sarebbe piaciuta, allora sarebbe stata anche facile..

ecco io non ci credo a chi dice di non aver lavorato un giorno in vita sua perchè quello che faceva gli piaceva. insomma non metto in dubbio che gli piacesse o venisse bene, è sull'idea che venisse naturale che ho da ridire.. anche l'attore o il cantante passa attraverso la frustrazione, la fatica, l'impegno, il fallimento prima di andare agli oscar o ai grammy e sollevare la statuetta della vittoria.

e gli scrittori non nascono "imparati" o almeno il risultato finale -il libro- non è lì sulla scrivania bello pronto e impacchettato a aspettarli nello studio di cui sopra, illuminato dalla luce mattutina come un regalo sotto l'albero.

e così, invece di aumentare la mia scarsa pagina e mezza con grandi concetti di valore innegabile, scrivo sul blog, dove non devo rileggere e limare nulla, tranne gli errori ortografici.. e mentre combatto con un'afasia mentale mi chiedo se il problema sia che non mi interessa abbastanza l'argomento della tesi o se in realtà l'unica cosa facile da scrivere sia il blog, non filtrato, senza pressioni di aspettative..solo pensieri.. e non uno stream of consciousness alla joyce, che ci scommetto che era filtrato eccome, e faticosissimo, ma proprio solo puri pensieri che fluiscono..

ora comunque torno alla mia premessa striminzita e stitica e cerco di spremermi per bene, che non posso avere attacchi di "blocco dello scrittore" prima ancora di iniziare a scrivere davvero..

martedì 14 agosto 2012

breathe normally

ok, ok. sono partita col piede sbagliato quasi in tutto.
ho sbagliato approccio a questa città vedendone solo i difetti - è sporca, è caotica, la gente mi guarda male, fa caldo, ci sono un sacco di black out, etc etc-
e questo è una sciocchezza.. non perchè queste cose non siano tutte abbastanza vere, ma perchè ci devo vivere, e per un pezzo. e l'approccio demonizzante-demolitivo non aiuta a entrare in sintonia coi ritmi e il modo di pensare locale.

perciò provo a fare refresh e ripartire da capo.
prima di tutto io odio il freddo. e la pioggia. e la nebbia. perciò ho poco da lamentarmi in un paese arido e soleggiato.
poi mi guardano"male" solo gli uomini, mentre le donne, soprattutto quelle in vestito tradizionale, mi sorridono.
e poi mica devo guidare io, chi se ne frega del traffico -tranne il sabato sera, ecco lì, 2 ore per 5 km mi stressano-
ci sono un sacco di black out, si è vero, ma amen, succede, posso vivere qualche ora al giorno senza pc e aria condizionata.

e poi posso scoprire un sacco di cose, assaggiare nuovi piatti, vedere posti diversi. insomma basta con questa negatività inutile.

ho sbagliato approccio con la tesi. mi sono buttata a capofitto nella ricerca-collezione-lettura di più testi possibili, che c'entrassero o meno, con l'idea che "più lunga è la bibliografia meglio è".
e poi scopro che in bibliografia vanno solo i testi che si citano nella tesi, non tutto quello che ho letto! bella roba...
risultato: ho perso giorni a tentare di leggere in inglese robe che non credo mi serviranno.

ok, calma. respiro. ancora. come dicono in aereo: breathe normally.
riparto da zero.
adesso mi ci metto con la testa, delimito il tema, il periodo, l'aera geografica. butto giù una traccia e rileggo la bibliografia cercando di focalizzarla.
non è successo nulla, una settimana non cambia niente e un'amica mi ha impedito di fare una figuraccia col prof.. ecco, vedi, tutto bene.

lezione del giorno: si può sempre ripartire. anche quando sembra di essere troppo oltre.
lezione 2 del giorno: la gatta frettolosa fa i gattini ciechi! maledetta mia ansia da prestazione, adesso ti mando in vacanza a fare il giro del mondo e ci si vede dopo la tesi..

ci riprovo, faccio tabula rasa, riparto da zero, sperando di fare nuovi errori e di ricordarmi di respirare normalmente.

sabato 11 agosto 2012

caldo e casa e tesi

apro gli occhi e fa caldo, molto caldo. così caldo che sono completamente sudata e faccio fatica a restare a letto tanto le lenzuola sono appiccicose e bollenti e arrotolate.
mi alzo e cerco refrigerio ma qui anche i pavimenti di mattonelle sono caldi. non c'è niente da fare, bisogna accendere un condizionatore e fare una doccia e sperare che sotto il getto di aria fredda la temperatura corporea scenda, almeno un po'.

e poi mi fumo una sigaretta e come in un'epifania realizzo che vivo qui. ora io vivo qui. e il suono di questa frase è incompleto e astratto e no, in realtà non lo realizzo. sembra una frase in lingua straniera di cui capisci le parole singolarmente ma ti sfugge il senso.

vivo qui. non è una vacanza, un periodo. è casa mia. casa? un'altra?

e i libri della tesi sul tavolo, la bibliografia lunghissima che significa che dovrei leggerli tutti, prima di iniziare a scrivere. e non mi va. ma è più di un semplice non mi va. è repulsione e angoscia e paura. e vorrei sapere cosa c'è dietro, perchè non può essere solo questo, no. non solo non-voglia. ma non c'è più la psico a cui chiedere. non posso più confrontarmi.

e non mi servono generiche parole di conforto o comprensione, mi serve una ragione profonda così che io possa aggiustarmi, capire, tenere insieme. ma non so come fare o con chi parlare. allora mi tengo dentro questo mondo, questo nodo di paura e disagio, lo tengo dentro e vado a farmi una doccia, accendo il condizionatore e vado avanti.

il nodo si scioglierà, a un certo punto e quella frase acquisterà un senso, immagino.

mercoledì 8 agosto 2012

aglio, carne arrosto, polvere e gas di scarico

here I am

prime impressioni di C.:

caldo, caldo soffocante. non si muove una foglia, e comunque le foglie sono ingiallite, rinsecchite, supplicano acqua, invece il sole è impietoso, ma non come in grecia dove brucia sotto un cielo limpidissimo e una brezza dolce. qui il sole è impietoso ma pallido a vedersi, tutto filtrato da una cappa di..smog? polvere? non saprei. è deserto e il deserto è arido, caldo, immobile.
il cielo è di un colore indefinibile, azzurro pallido-bianco sporco-grigio chiarissimo.

intorno invece è tutto color terra, diverse sfumature di color terra: sabbia, ocra, beige, fango secco, polvere. anche il fiume ha una sfumatura color terra e scorre placido, quasi immobile. e le case sono rosso mattone non intonacato, argilla, cemento, un-tempo-bianche.
e poi grigio, ma è l'asfalto soprattutto a essere grigio.

per ora non ho incontrato odori nuovi ma si vive coi condizionatori a manetta -io che li odio- perciò non ho percepito nulla, solo asettico condizionatore. ma i cumuli di spazzatura che fermentano ai lati delle strade non fanno ben sperare.
la casa sa di prodotti per pulire che ignoro, la cleaning lady si affaccenda in cucina mentre scrivo.
il gatto ansima come un cane cercando refrigerio e guardandomi con occhi accusatori del tipo perchè mi hai portato qui.

i rumori sono terribili. non di mattina presto che è una città che si sveglia tardi ma poi non dorme. la sera sono terribili. traffico costante, clacson, urla e risate dalla strada. io che vivevo sui miei colli silenziosi sono assordata da una cacofonia di suoni.
per  fortuna tutti biascicano un po' d'inglese, perchè la lingua locale è così difficile che faccio fatica a capire le parole inglesi pronunciate con il loro forte accento.

guardo i cumuli di scatoloni del trasloco e cerco la forza per iniziare, almeno iniziare, ma sono annientata. dal caldo. dal senso di alienazione. da questo mondo sconosciuto.

il mio amore dice di prendermi il mio tempo e forse oggi lo farò. familiarizzerò con le dimensioni della casa, e come il mio gatto camminerò rasente i muri per capire dove sono le stanze e gli interruttori e dove sta lo zucchero che non riesco a trovare e allora bevo caffè col miele che non mi piace per nulla, ma più del caffè amaro.

è difficile anche solo orientarsi ma lo so.. it takes time. e il tempo, per ora, è l'unica cosa che ho in abbondanza.