c'è una parte di me che non riesce a immaginarsi molto più grande di una cinquenne, zainetto dell'asilo e grembiulino a camminare all'ombra di una mamma altissima e bionda a cui cerca di prendere la mano mentre lei fa mille cose insieme.
una parte di me, lotta per imparare a far crescere quell'immagine, a smettere di cercare conferme dove non possono esserci, a farsi una ragione dei limiti di mia madre senza per questo doverla distruggere. è una parte di me che piange, si incazza, litiga con se stessa, a volte mette il muso e spesso trova compromessi.
è difficile, un lavoraccio, crescere, emanciparsi, andare avanti cercando un punto d'equilibrio. un amore che non soffochi ma avvolga, un'indipendenza serena e non urlata, una diversità positiva e non qualitativa. tutti obiettivi che messi a fuoco sembrano sempre troppo lontani. esiste uno zoom per vederli ma poi sfuggono i dettagli e il percorso per raggiungerli. so solo che è in salita.
poi vado a cena dai miei e mio padre mi spiazza con una notizia che lo preoccupa e che non sa come dire a mia madre. e io lo guardo e per la prima, primissima volta realizzo che presto sarò io a occuparmi di loro e non viceversa come succede da sempre.
e mi vengono le vertigini.. quante cinquenni sanno badare ai loro genitori?
tempo di crescere..e non è mai semplice come mi aspettavo. ma a volte una porta in faccia all'egocentrismo ci sta.
ma chi l'ha detto che le crisalidi non provino dolore nel trasformarsi in farfalle?
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