gamibu

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giovedì 28 giugno 2012

lettera

e così aspetti un figlio.
non so perchè la notizia mi stupisca più della lunga serie di amiche, conoscenti, ex che aspettano o hanno avuto figli. non sei neppure il primo della classe, almeno non in questo. non eri neppure il ragazzo al liceo, o chissà che.

eppure saperlo, realizzare che tu avrai un figlio, mi ha lasciata senza parole.
non ti ho mai amato, eppure sentivo, appena dietro la diffidenz,a una grande affinità. negata, ogni momento, ma era lì. oltre le barricate di ideologie che non erano neppure nostre. dietro le tue frasi sibilline, dietro il tuo snobismo da contraddizione, da negazione di qualsiasi omogeneizzazione e uniformazione possibile.

io che ero tutta un clichè -non uno solo ma una bella somma. la secchia. la ribelle. la politicizzata. la zoccola -perchè stavo con uno più grande e a voi della classe non vi filavo-. la stronza. però quella a cui chiedere le versioni. quella che difendeva sempre i diritti degli altri. quella che si faceva avanti nell'interrogazione a sorpresa. quella che non era mai integrata, mai abbastanza per voi dell'ultima fila.

eravamo entrambi tra i migliori, ma forse questa era una delle cose che non potevi sopportare di noi.
eravamo leader, solo che tu hai deciso che era meglio estromettermi davanti agli altri. fino a quella notte, quel concerto e poi il mio stupore di trovarti addosso a me. e poi il silenzio. e il patto il giorno dopo, andando a scuola, che nulla era cambiato. -davvero, mi chiedo ora, come abbiamo potuto fingere che fosse tutto uguale? uguale a cosa? uguale non lo è stato mai.

e poi ritrovarti nella stessa università, rifare un corso insieme, compagni di banco come mai al liceo, ma senza capirti, un'altra volta.

e poi tu la tua vita e io la mia. non ho potuto far a meno di notare il parallelismo dei nostri matrimoni -compreso quello di quell'altra compagna. amica e nemica come te.-

e poi ti ho sognato molto in questo ultimo anno. penso sia un modo per far pace con la me stessa di quegli anni lì, ma non saprei.
ti ho sognato di nuovo addosso. uguale e diverso. in quella vita parallela in cui -non per sempre, ma per un po'- invece di farci la guerra, avremmo fatto l'amore.

non importa. non è un rimpianto. è per dirti che in un modo o nell'altro mi sento legata a te. un legame a senso unico, ma forte. diverso da quello che pensavo di ritrovare di quegli anni, eppure l'unico giusto.

così diventi padre. dovrei farti gli auguri?
auguri.

ma per me tu sarai sempre sospeso da qualche parte tra un applauso ironico che scatta dall'ultima fila per un 10 in italiano e uno sguardo che dice tutto, in una notte di quasi estate, ascoltando una ballata cantata dall'unico oasis che c'è stato per noi.

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