ho caldo. non ne posso più di studiare e come sempre sotto esame, mi ritrovo col vuoto cosmico in testa e l'ansia da ripasso dell'ultimo minuto, dello schema chiarificatore - come se quelle file di dati dovessero magicamente risolvere tutto.
sono stufa, ma anche arrabbiata. mi sento sola, ma voglio stare sola. litigo con tutto e tutti. odio la dieta dell'ultimo minuto per andare a un matrimonio che sarà noiossissimo - però amo la mia pancia piatta, perciò ho abolito nutella, spuntini e coca..la morte dell'umore-
ho voglia di parlare con un amico e lamentarmi della mia dolce metà, che in questi giorni più che dolce è abrasiva, che continuiamo a discutere su fatti di principio. che è vero che io faccio di quasi tutto un fatto di principio, ma il giorno in cui lui ammetterà di avere torto allora avranno avuto ragione i maya.
che discutere via skype non aiuta, con tutti quei fruscii di linea e fermo immagine e rumori in sottofondo che rendono ancora più irritante discutere.
che lui è permalosissimo e cocciuto. e io quando voglio di più. che mi sento in credito e mi sa che è proprio un problema solo mio.
che butterei via i libri dalla finestra, chiamerei un'amica per andare al mare e leggerei solo quello che mi piace, mangerei gelati, e la sera pesce e vino bianco frizzante. e mi dimenticherei degli impegni, della to do, del mio adorabile maritino e del cellulare almeno per qualche giorno.
e invece torno ai libri con l'unica consolazione di una mela e una sigaretta nella speranza che la mia testa assorba ancora qualcosa e lunedì arrivi e passi in fretta.
gamibu
venerdì 29 giugno 2012
giovedì 28 giugno 2012
lettera
e così aspetti un figlio.
non so perchè la notizia mi stupisca più della lunga serie di amiche, conoscenti, ex che aspettano o hanno avuto figli. non sei neppure il primo della classe, almeno non in questo. non eri neppure il ragazzo al liceo, o chissà che.
eppure saperlo, realizzare che tu avrai un figlio, mi ha lasciata senza parole.
non ti ho mai amato, eppure sentivo, appena dietro la diffidenz,a una grande affinità. negata, ogni momento, ma era lì. oltre le barricate di ideologie che non erano neppure nostre. dietro le tue frasi sibilline, dietro il tuo snobismo da contraddizione, da negazione di qualsiasi omogeneizzazione e uniformazione possibile.
io che ero tutta un clichè -non uno solo ma una bella somma. la secchia. la ribelle. la politicizzata. la zoccola -perchè stavo con uno più grande e a voi della classe non vi filavo-. la stronza. però quella a cui chiedere le versioni. quella che difendeva sempre i diritti degli altri. quella che si faceva avanti nell'interrogazione a sorpresa. quella che non era mai integrata, mai abbastanza per voi dell'ultima fila.
eravamo entrambi tra i migliori, ma forse questa era una delle cose che non potevi sopportare di noi.
eravamo leader, solo che tu hai deciso che era meglio estromettermi davanti agli altri. fino a quella notte, quel concerto e poi il mio stupore di trovarti addosso a me. e poi il silenzio. e il patto il giorno dopo, andando a scuola, che nulla era cambiato. -davvero, mi chiedo ora, come abbiamo potuto fingere che fosse tutto uguale? uguale a cosa? uguale non lo è stato mai.
e poi ritrovarti nella stessa università, rifare un corso insieme, compagni di banco come mai al liceo, ma senza capirti, un'altra volta.
e poi tu la tua vita e io la mia. non ho potuto far a meno di notare il parallelismo dei nostri matrimoni -compreso quello di quell'altra compagna. amica e nemica come te.-
e poi ti ho sognato molto in questo ultimo anno. penso sia un modo per far pace con la me stessa di quegli anni lì, ma non saprei.
ti ho sognato di nuovo addosso. uguale e diverso. in quella vita parallela in cui -non per sempre, ma per un po'- invece di farci la guerra, avremmo fatto l'amore.
non importa. non è un rimpianto. è per dirti che in un modo o nell'altro mi sento legata a te. un legame a senso unico, ma forte. diverso da quello che pensavo di ritrovare di quegli anni, eppure l'unico giusto.
così diventi padre. dovrei farti gli auguri?
auguri.
ma per me tu sarai sempre sospeso da qualche parte tra un applauso ironico che scatta dall'ultima fila per un 10 in italiano e uno sguardo che dice tutto, in una notte di quasi estate, ascoltando una ballata cantata dall'unico oasis che c'è stato per noi.
non so perchè la notizia mi stupisca più della lunga serie di amiche, conoscenti, ex che aspettano o hanno avuto figli. non sei neppure il primo della classe, almeno non in questo. non eri neppure il ragazzo al liceo, o chissà che.
eppure saperlo, realizzare che tu avrai un figlio, mi ha lasciata senza parole.
non ti ho mai amato, eppure sentivo, appena dietro la diffidenz,a una grande affinità. negata, ogni momento, ma era lì. oltre le barricate di ideologie che non erano neppure nostre. dietro le tue frasi sibilline, dietro il tuo snobismo da contraddizione, da negazione di qualsiasi omogeneizzazione e uniformazione possibile.
io che ero tutta un clichè -non uno solo ma una bella somma. la secchia. la ribelle. la politicizzata. la zoccola -perchè stavo con uno più grande e a voi della classe non vi filavo-. la stronza. però quella a cui chiedere le versioni. quella che difendeva sempre i diritti degli altri. quella che si faceva avanti nell'interrogazione a sorpresa. quella che non era mai integrata, mai abbastanza per voi dell'ultima fila.
eravamo entrambi tra i migliori, ma forse questa era una delle cose che non potevi sopportare di noi.
eravamo leader, solo che tu hai deciso che era meglio estromettermi davanti agli altri. fino a quella notte, quel concerto e poi il mio stupore di trovarti addosso a me. e poi il silenzio. e il patto il giorno dopo, andando a scuola, che nulla era cambiato. -davvero, mi chiedo ora, come abbiamo potuto fingere che fosse tutto uguale? uguale a cosa? uguale non lo è stato mai.
e poi ritrovarti nella stessa università, rifare un corso insieme, compagni di banco come mai al liceo, ma senza capirti, un'altra volta.
e poi tu la tua vita e io la mia. non ho potuto far a meno di notare il parallelismo dei nostri matrimoni -compreso quello di quell'altra compagna. amica e nemica come te.-
e poi ti ho sognato molto in questo ultimo anno. penso sia un modo per far pace con la me stessa di quegli anni lì, ma non saprei.
ti ho sognato di nuovo addosso. uguale e diverso. in quella vita parallela in cui -non per sempre, ma per un po'- invece di farci la guerra, avremmo fatto l'amore.
non importa. non è un rimpianto. è per dirti che in un modo o nell'altro mi sento legata a te. un legame a senso unico, ma forte. diverso da quello che pensavo di ritrovare di quegli anni, eppure l'unico giusto.
così diventi padre. dovrei farti gli auguri?
auguri.
ma per me tu sarai sempre sospeso da qualche parte tra un applauso ironico che scatta dall'ultima fila per un 10 in italiano e uno sguardo che dice tutto, in una notte di quasi estate, ascoltando una ballata cantata dall'unico oasis che c'è stato per noi.
mercoledì 27 giugno 2012
cenerentola e alice
non ho mai creduto che i sogni siano desideri di felicità come cantava cenerentola. credo che lo siano i sogni a occhi aperti. non quelli fatti dormendo.
i sogni sono frammenti del mio inconscio che esplodono in tutta la loro irrazionalità e follia.. i sogni sono alice nel paese delle meraviglie dove tutto quello che succede non segue la logica normale, ma impazzisce. forse è per questo che ho sempre odiato alice.. è l'antitesi del controllo, e per questo mi spaventa.
i sogni che faccio a volte mi spaventano. sono vite parallele non vissute che mi lasciano addosso il sottile filo d'angoscia di un rosario di se e ma. la psico diceva che i sogni rapprasentano altro, ma non mi ha mai spiegato cosa. allora cerco io di dargli un senso, ma è come cercare di modellare plastilina animata, ogni forma che cerco di dargli è in movimento e si altera appena smetto di plasmarla.
allora li lascio andare, quel che ho sognato, ho sognato. è solo un sogno, mi ripeto.
non si può controllare l'incontrollabile. e poi, avrebbe mai un senso?
però dopo giorni di quiete mi sveglio di nuovo con la paura del futuro, con la certezza di non avere certezze, con il mondo indeterminato che si stende di fronte a me e srotola un sentiero accidentato di perplessità.
ho troppi dubbi a cui non so dare forma, troppe paure ingigantite dal silenzio-quanto silenzio in questi miei giorni.
e ora anche sognare diventa un rischio. il rischio dell'ignoto che pervade la mia vita scivola nel mondo dei sogni trasformando il riposo in battaglia per il controllo.
è il mio inconscio che mi dice di lasciar andare, di lasciar vivere.. ma non sono ancora pronta. non ancora.
i sogni sono frammenti del mio inconscio che esplodono in tutta la loro irrazionalità e follia.. i sogni sono alice nel paese delle meraviglie dove tutto quello che succede non segue la logica normale, ma impazzisce. forse è per questo che ho sempre odiato alice.. è l'antitesi del controllo, e per questo mi spaventa.
i sogni che faccio a volte mi spaventano. sono vite parallele non vissute che mi lasciano addosso il sottile filo d'angoscia di un rosario di se e ma. la psico diceva che i sogni rapprasentano altro, ma non mi ha mai spiegato cosa. allora cerco io di dargli un senso, ma è come cercare di modellare plastilina animata, ogni forma che cerco di dargli è in movimento e si altera appena smetto di plasmarla.
allora li lascio andare, quel che ho sognato, ho sognato. è solo un sogno, mi ripeto.
non si può controllare l'incontrollabile. e poi, avrebbe mai un senso?
però dopo giorni di quiete mi sveglio di nuovo con la paura del futuro, con la certezza di non avere certezze, con il mondo indeterminato che si stende di fronte a me e srotola un sentiero accidentato di perplessità.
ho troppi dubbi a cui non so dare forma, troppe paure ingigantite dal silenzio-quanto silenzio in questi miei giorni.
e ora anche sognare diventa un rischio. il rischio dell'ignoto che pervade la mia vita scivola nel mondo dei sogni trasformando il riposo in battaglia per il controllo.
è il mio inconscio che mi dice di lasciar andare, di lasciar vivere.. ma non sono ancora pronta. non ancora.
venerdì 22 giugno 2012
giornata lenta
è una giornata lenta, di quelle che i minuti sembrano ore. e non perchè aspetti sera per chissà quale ragione..è solo una giornata ripiegata su se stessa, in cui anche il sole sembra metterci più del solito a cambiare posizione. il caldo è uguale da quando mi sono alzata, il gatto è così pigro che al massimo cambia impercettibilmente mattonella cercando un po' di fresco, io fisso vacua la stessa pagina da ore -minuti?-
è una di quelle giornate che sembra far parte delle estati del liceo, in cui mi rintanavo in casa con un libro, aspettando il tramonto per tornare alla vita, uscire, riprendere contatti. estati con le persiane socchiuse, a mangiare latte e biscotti perchè il nuovo pearcing alla lingua impediva nutrimenti più solidi, a chiacchierare con un'amica stese sul letto o sdraiate sul pavimento in cerca di un po' di fresco, oppure con un libro da leggere finchè le parole non si confondevano e allora era già quasi ora di uscire, di mettersi jeans e maglietta, prendere la vespa e raggiungere gli amici.
ecco è una giornata così, solo che io non sto leggendo svogliatamente aspettando sera per uscire, sto cercando di concentrarmi sulle pagine di un testo per impregnarmi di nozioni, senza aspettare nulla per la serata, sentendo un po' di malinconia per la vespa e il pearcing e gli amici e le estati del liceo, e un po' avendo voglia di amici e birra, cose semplici che però non sono qui, sono a km da qui, alcuni a portata di macchina altri solo di voli intercontinentali.
e allora resto qui, col gatto che è svenuto sul calorifero spento, il libro che mi guarda, la birra che resta in frigo, la voglia di amici e leggerezza in un angolo della mente a chiedermi come e quando sono cresciuta e ho finito il liceo, che io gli ultimi 10 anni me li sono persa da qualche parte, tra una giornata lenta e una vita veloce.
è una di quelle giornate che sembra far parte delle estati del liceo, in cui mi rintanavo in casa con un libro, aspettando il tramonto per tornare alla vita, uscire, riprendere contatti. estati con le persiane socchiuse, a mangiare latte e biscotti perchè il nuovo pearcing alla lingua impediva nutrimenti più solidi, a chiacchierare con un'amica stese sul letto o sdraiate sul pavimento in cerca di un po' di fresco, oppure con un libro da leggere finchè le parole non si confondevano e allora era già quasi ora di uscire, di mettersi jeans e maglietta, prendere la vespa e raggiungere gli amici.
ecco è una giornata così, solo che io non sto leggendo svogliatamente aspettando sera per uscire, sto cercando di concentrarmi sulle pagine di un testo per impregnarmi di nozioni, senza aspettare nulla per la serata, sentendo un po' di malinconia per la vespa e il pearcing e gli amici e le estati del liceo, e un po' avendo voglia di amici e birra, cose semplici che però non sono qui, sono a km da qui, alcuni a portata di macchina altri solo di voli intercontinentali.
e allora resto qui, col gatto che è svenuto sul calorifero spento, il libro che mi guarda, la birra che resta in frigo, la voglia di amici e leggerezza in un angolo della mente a chiedermi come e quando sono cresciuta e ho finito il liceo, che io gli ultimi 10 anni me li sono persa da qualche parte, tra una giornata lenta e una vita veloce.
martedì 19 giugno 2012
giornata no
spenta e sovraccarica.così mi sento. coi libri che mi guardano ottusi, il caldo che mi devasta, il gatto che miagola senza motivo.
avrei voglia di essere ovunque e non qui. non c'è nessun posto in cui vorrei essere. è uno di quei giorni in cui vorrei essere una sportiva, uscire da casa, andare a correre o a nuotare finchè i muscoli non brucino e il cervello si svuoti.
ma non lo sono, mi vien male solo a pensare alla fatica, al fiato corto, al dolore e alla stanchezza.
è solo giorno da jeans strappati e maglietta stropicciata. giorno di energie disperse, non catalizzate e in qualcosa di soddifacente.
è solo uno di quei giorni in cui mi irrita tutto, dalla tv ai miei capelli.
a volte mi sveglio la mattina con quella sensazione che nel sogno appena dissolto ci fosse una risposta che non so leggere a domande che non so farmi. e mi resta addosso quella inquietudine da dubbio non sopito, dilemma non risolto.
vorrei solo maggiori contatti con il mondo, sebbene il mondo mi sia così estraneo da potermi sentire quasi un alieno.
niente, non è successo niente. e forse è questo che mi rende così nervosa.
avrei voglia di essere ovunque e non qui. non c'è nessun posto in cui vorrei essere. è uno di quei giorni in cui vorrei essere una sportiva, uscire da casa, andare a correre o a nuotare finchè i muscoli non brucino e il cervello si svuoti.
ma non lo sono, mi vien male solo a pensare alla fatica, al fiato corto, al dolore e alla stanchezza.
è solo giorno da jeans strappati e maglietta stropicciata. giorno di energie disperse, non catalizzate e in qualcosa di soddifacente.
è solo uno di quei giorni in cui mi irrita tutto, dalla tv ai miei capelli.
a volte mi sveglio la mattina con quella sensazione che nel sogno appena dissolto ci fosse una risposta che non so leggere a domande che non so farmi. e mi resta addosso quella inquietudine da dubbio non sopito, dilemma non risolto.
vorrei solo maggiori contatti con il mondo, sebbene il mondo mi sia così estraneo da potermi sentire quasi un alieno.
niente, non è successo niente. e forse è questo che mi rende così nervosa.
sabato 16 giugno 2012
stronger
è ancora qui, giusto a una stanza da me, giusto a 18 h più o meno da un altro volo. ma lo sento scivolare via, di nuovo, mani troppo sudate per tenere la presa e mi si chiude la bocca dello stomaco. perchè questo weekend che doveva essere solo per noi due, non lo è stato, pieno di altri, altri anche piacevoli, ma sempre altri. e perciò non ho potuto stargli addosso quanto avrei voluto, avere i suoi occhi solo su di me. in più lui sta male, come ogni volta che viene qui. lui dice che è colpa del clima. io del gatto. ma alla fine passa 48 ore in apnea.
e io già vedo dipanarsi davanti a me le prossime tre settimane senza lui e una volta di più mi chiedo qual'è il centro di gravità della mia vita? dove l'origine della mia felicità? perchè è così difficile per me vivere invece che progettare la vita, gioire invece che frustrarmi per un domani migliore ma che non arriva mai?
mi manca già anche se è qui. mi manca già perchè lo amo e senza lui la mia vita vale un po' meno.
mi manca già, ma perchè ho sempre bisogno che mi manchi per ricordarmi davvero quanto vale?
e io già vedo dipanarsi davanti a me le prossime tre settimane senza lui e una volta di più mi chiedo qual'è il centro di gravità della mia vita? dove l'origine della mia felicità? perchè è così difficile per me vivere invece che progettare la vita, gioire invece che frustrarmi per un domani migliore ma che non arriva mai?
mi manca già anche se è qui. mi manca già perchè lo amo e senza lui la mia vita vale un po' meno.
mi manca già, ma perchè ho sempre bisogno che mi manchi per ricordarmi davvero quanto vale?
giovedì 14 giugno 2012
here comes the sun
perchè non può piovere per sempre come diceva il corvo - quanto mi piaceva da ragazzina quella figura di vendicatore triste solitario e finito disperato nel vero senso della parola.
a volte basta che molli un attimo, un attimo solo, tutto si riallinea, io la pianto di dibattermi come un pesce in una tonnara -grna brutta fine fa venir voglia di diventare vegetariani.
e le persone intorno a me non si comportano mai come mi aspetterei, e questo è bello. aiuta a uscire dai pregiudizi, io che di pregiudizi ne ho sempre troppi, di schemi e caselle per tutti e tutto. e mi paice quando mi spiazzano, è come il gusto del gelato in inverno, come il sogno di un camino in estate.
e ho scelto..e si, mi sento egoista e piena di sensi di colpa e in debito. ma non fa niente. ho scelto. ho scelto bene? non lo so. ho scelto quello che l'istinto mi diceva. ho scelto di assecondarmi un po'.
ho sentito ottimi consigli, buone opinioni, letture trasversali e profonde. poi ho fatto quello che mi dice sempre kirsebaer. caffè, sigaretta, respiro. e ho deciso.
vorrei poter dire che ho fatto la scelta giusta, ma giusta non è la parola corretta...che ho fatto una scelta coerente..ma ancora non ci siamo..che ho fatto una scelta autentica. non lo so. vorrei poterlo dire ma ad essere sincera non lo so.
però mi risuona in testa here comes the sun, e secondo me è un buon segno..
a volte basta che molli un attimo, un attimo solo, tutto si riallinea, io la pianto di dibattermi come un pesce in una tonnara -grna brutta fine fa venir voglia di diventare vegetariani.
e le persone intorno a me non si comportano mai come mi aspetterei, e questo è bello. aiuta a uscire dai pregiudizi, io che di pregiudizi ne ho sempre troppi, di schemi e caselle per tutti e tutto. e mi paice quando mi spiazzano, è come il gusto del gelato in inverno, come il sogno di un camino in estate.
e ho scelto..e si, mi sento egoista e piena di sensi di colpa e in debito. ma non fa niente. ho scelto. ho scelto bene? non lo so. ho scelto quello che l'istinto mi diceva. ho scelto di assecondarmi un po'.
ho sentito ottimi consigli, buone opinioni, letture trasversali e profonde. poi ho fatto quello che mi dice sempre kirsebaer. caffè, sigaretta, respiro. e ho deciso.
vorrei poter dire che ho fatto la scelta giusta, ma giusta non è la parola corretta...che ho fatto una scelta coerente..ma ancora non ci siamo..che ho fatto una scelta autentica. non lo so. vorrei poterlo dire ma ad essere sincera non lo so.
però mi risuona in testa here comes the sun, e secondo me è un buon segno..
mercoledì 13 giugno 2012
tangled
la mia indecisione continua, e io chiedo suggerimenti a tutti -mia
madre, le amiche- forse perchè mi manca la psico, che sola sapeva
trovare le vere ragioni delle mie scelte.
eppure la confusione non si dissipa. mi rendo conto che vista da fuori è una scelta facile, banale e senza grandi conseguenze. è che dentro di me tutto si complica, assume contorni inaspettati, dietrologie incomprensibili.
forse la mia amica lontana è quella che hameglio centrato il problema. ha letto dietro i problemi oggettivi e ordinari di incastri, le mie resistenze a cambiare, la mia paura di non essere all'altezza, di deludere qualcuno.
i miei desideri dilaniati: stare con lui, subito, sempre. continuare la mia vita semplice finchè posso, nella mia casa tra le colline, io e il mio gatto, concentrata solo sui miei obiettivi a breve termine.
ho sempre saputo di non essere coraggiosa. spavalda forse, ma non coraggiosa davvero.
ma oggi più di altre volte mi chiedo quanto posso essere egoista prima che mi venga rinfacciato, quanto posso essere rigida e non evolutiva.
e mi risuona in testa l'ultima battuta della psico.." parta" ha detto, lei che non ha mai espresso un'opinione. quanto c'è di ribellione per il suo abbandono nel mio non partire? e quanto della sua spinta nel mio voler partire?
perchè non posso vedere il problema per quello che è, semplice e oggettivo invece di farne tutta questa terribile dietrologia? voglio solo dormire e non decidere nulla. chiudere gli occhi e attendere che un deus ex machina peschi la mia carta. ma quanto mi farebbe arrabbiare se andasse davvero così.
forse questa paralisi è l'estrema forma di rifiuto della fine della terapia.. una dimostrazione a me stessa che sola non ce la posso fare. peccato non ci sia più una psico con cui condividere questa idea.
eppure la confusione non si dissipa. mi rendo conto che vista da fuori è una scelta facile, banale e senza grandi conseguenze. è che dentro di me tutto si complica, assume contorni inaspettati, dietrologie incomprensibili.
forse la mia amica lontana è quella che hameglio centrato il problema. ha letto dietro i problemi oggettivi e ordinari di incastri, le mie resistenze a cambiare, la mia paura di non essere all'altezza, di deludere qualcuno.
i miei desideri dilaniati: stare con lui, subito, sempre. continuare la mia vita semplice finchè posso, nella mia casa tra le colline, io e il mio gatto, concentrata solo sui miei obiettivi a breve termine.
ho sempre saputo di non essere coraggiosa. spavalda forse, ma non coraggiosa davvero.
ma oggi più di altre volte mi chiedo quanto posso essere egoista prima che mi venga rinfacciato, quanto posso essere rigida e non evolutiva.
e mi risuona in testa l'ultima battuta della psico.." parta" ha detto, lei che non ha mai espresso un'opinione. quanto c'è di ribellione per il suo abbandono nel mio non partire? e quanto della sua spinta nel mio voler partire?
perchè non posso vedere il problema per quello che è, semplice e oggettivo invece di farne tutta questa terribile dietrologia? voglio solo dormire e non decidere nulla. chiudere gli occhi e attendere che un deus ex machina peschi la mia carta. ma quanto mi farebbe arrabbiare se andasse davvero così.
forse questa paralisi è l'estrema forma di rifiuto della fine della terapia.. una dimostrazione a me stessa che sola non ce la posso fare. peccato non ci sia più una psico con cui condividere questa idea.
lunedì 11 giugno 2012
questo paese
è più forte di me, ogni volta che torno a casa dei miei, nel paese dove ho vissuto 5/6 della mia vita, sento un malessere lontano che mi prende..
ho sempre detto di odiare questo posto. ma odiare è troppo forte.. mi spaventano i ricordi che evoca, la me stessa che ci ha vissuto, gli errori commessi, l'imbarazzo sottile che mi provoca sapere che pur non riconoscendomi più in lei, una parte di me sarà sempre lei.
il problema è che i ricordi che mi visitano sono solo di fragilità, fallimenti, rigidità. non che mentre li vivevo la pensassi così, o avessi uno sguardo abbastanza disincantato da vedere la pietà che muovevo.
ma oggi a ripensarli uno a uno, provo un brivido di vergogna. per quella che ero, per quello che facevo, per quello che pensavo.
non sono io quella bambina sucube delle amiche, ne quella ragazzina sgraziata -o beh anche oggi sono abbasanza sgraziata ma non quanto allora- ne quell'adolescente arrabbiata, ferma nelle sue non-idee, fragile nella sua rigidità, ne quella ragazza che si dibatevva tra quel che pensava di dover essere e quella che era.
ecco, non tollero questo di questo paes. i ricordi che mi assalgono appena varco il cartello, le ombre che si allungano, le vie che conosco a memoria e vorrei poter vedere da estranea, con altri occhi. questo detesto: la vicinza-lontananza, il senso di estraneità-appartenenza. l'incapacità di tenere a giusta distanza quella che ero, di non farmi travolgere, ancora, come un'onda lunga, e inghiottire, di nuovo.
odio questo paese, non per quello che è ma per quello che rappresenta per me: il fantasma di uno ieri che vorrei superare ma è troppo vicino per essere oggettivizzabile.
ho sempre detto di odiare questo posto. ma odiare è troppo forte.. mi spaventano i ricordi che evoca, la me stessa che ci ha vissuto, gli errori commessi, l'imbarazzo sottile che mi provoca sapere che pur non riconoscendomi più in lei, una parte di me sarà sempre lei.
il problema è che i ricordi che mi visitano sono solo di fragilità, fallimenti, rigidità. non che mentre li vivevo la pensassi così, o avessi uno sguardo abbastanza disincantato da vedere la pietà che muovevo.
ma oggi a ripensarli uno a uno, provo un brivido di vergogna. per quella che ero, per quello che facevo, per quello che pensavo.
non sono io quella bambina sucube delle amiche, ne quella ragazzina sgraziata -o beh anche oggi sono abbasanza sgraziata ma non quanto allora- ne quell'adolescente arrabbiata, ferma nelle sue non-idee, fragile nella sua rigidità, ne quella ragazza che si dibatevva tra quel che pensava di dover essere e quella che era.
ecco, non tollero questo di questo paes. i ricordi che mi assalgono appena varco il cartello, le ombre che si allungano, le vie che conosco a memoria e vorrei poter vedere da estranea, con altri occhi. questo detesto: la vicinza-lontananza, il senso di estraneità-appartenenza. l'incapacità di tenere a giusta distanza quella che ero, di non farmi travolgere, ancora, come un'onda lunga, e inghiottire, di nuovo.
odio questo paese, non per quello che è ma per quello che rappresenta per me: il fantasma di uno ieri che vorrei superare ma è troppo vicino per essere oggettivizzabile.
domenica 10 giugno 2012
quando ti sarai consolato
non è che voglio diventare monotematica, ma mi sento una specie di buco in mezzo al petto, una stretta alo stomaco.. è come la mia stupida malattia all'occhio..se mi distraggo abbastanza mi sembra di vedere bene, ma se devo concentrarmi vedo chiaramente quel punto nero al centro della mia visuale, come quando fissi il sole troppo a lungo.
ecco se mi distraggo abbastanza non sento la sua assenza, ma appena musica, film, libri vanno in off, allora riaffiora quel malessere.
senso di abbandono misto a doccia fredda appena sveglia -che io la odio-, battiti accelerati e ansia sottile.
nella mia testa svuotata ormai di ogni pensiero rimbomba la parola sola. sola ad affontare tutto, sola ad affrontare me.
respiro a fondo, mi dico che l'abbiamo scelto insieme, abbiamo stabilito la data, diradato le sedute.ma a me sembrava così lontano quel giorno che quando è arrivato, beh non ero pronta.
e ora quel giorno è passato e seppure da poco -pochi giorni, quasi ore-non riesco a volgermi indietro per tranquillizzarmi ma vedo solo davanti a me la distesa di giorni aridi e senza consigli.
chissà forse è così che si sente chi perde un maestro, un guru, un dio fattosi uomo..non saprei non mi è mai successo.
non ho mai voluto che qualcuno mi entrasse abbastanza dentro da dover lacerare per andarsene. eppure non è vero neppure questo. l'ho fatto e ho lacerato e sono stata lacerata.
è che è strano. in questi giorni continuano a tornarmi in mente frammenti di "scritto sul corpo" ma senza lei a interpretarlo, non riesco a dare un senso a questa assonanza.
è questo ch emi terrorizza..perdermi il senso di tutte le assonanza, di ogni reazione, vivere in un mondo a una sola dimensione, dove tutto è solo, di nuovo, bianco o nero, giusto o sbagliato. lei dice che la sentirò dentro me, e io la sento cantare in un angolo della mia testa le verità che non so dirmi da sola.
eppure quando ero molto giovane, ho perso un amico. all'inizio pensavo non lo avrei mai dimenticato.mai.. oggi non saprei più ricostruire il timbro della sua voce, l'esatta sfumatura dei suoi occhi, l'odore che aveva. oggi per me lui è la foto sulla sua lapide, uguale a lui eppure diversissima. immobile e monolitica e statica e falsa, si anche falsa. perchè lui era molto più di così..solo che io non so più ricordarlo.
ci sono lutti che non si possono condividere, lacrime che non si possono versare, perchè sono eccessive, insensate, fuori luogo. lutti che non sono lutti anche se li sento lutti.
e allora mi distrarrò abbastanza da far passare questo momento e razionalizzare le emozioni.
ecco se mi distraggo abbastanza non sento la sua assenza, ma appena musica, film, libri vanno in off, allora riaffiora quel malessere.
senso di abbandono misto a doccia fredda appena sveglia -che io la odio-, battiti accelerati e ansia sottile.
nella mia testa svuotata ormai di ogni pensiero rimbomba la parola sola. sola ad affontare tutto, sola ad affrontare me.
respiro a fondo, mi dico che l'abbiamo scelto insieme, abbiamo stabilito la data, diradato le sedute.ma a me sembrava così lontano quel giorno che quando è arrivato, beh non ero pronta.
e ora quel giorno è passato e seppure da poco -pochi giorni, quasi ore-non riesco a volgermi indietro per tranquillizzarmi ma vedo solo davanti a me la distesa di giorni aridi e senza consigli.
chissà forse è così che si sente chi perde un maestro, un guru, un dio fattosi uomo..non saprei non mi è mai successo.
non ho mai voluto che qualcuno mi entrasse abbastanza dentro da dover lacerare per andarsene. eppure non è vero neppure questo. l'ho fatto e ho lacerato e sono stata lacerata.
è che è strano. in questi giorni continuano a tornarmi in mente frammenti di "scritto sul corpo" ma senza lei a interpretarlo, non riesco a dare un senso a questa assonanza.
è questo ch emi terrorizza..perdermi il senso di tutte le assonanza, di ogni reazione, vivere in un mondo a una sola dimensione, dove tutto è solo, di nuovo, bianco o nero, giusto o sbagliato. lei dice che la sentirò dentro me, e io la sento cantare in un angolo della mia testa le verità che non so dirmi da sola.
eppure quando ero molto giovane, ho perso un amico. all'inizio pensavo non lo avrei mai dimenticato.mai.. oggi non saprei più ricostruire il timbro della sua voce, l'esatta sfumatura dei suoi occhi, l'odore che aveva. oggi per me lui è la foto sulla sua lapide, uguale a lui eppure diversissima. immobile e monolitica e statica e falsa, si anche falsa. perchè lui era molto più di così..solo che io non so più ricordarlo.
ci sono lutti che non si possono condividere, lacrime che non si possono versare, perchè sono eccessive, insensate, fuori luogo. lutti che non sono lutti anche se li sento lutti.
e allora mi distrarrò abbastanza da far passare questo momento e razionalizzare le emozioni.
e quando ti sarai consolato (ci si consola sempre), sarai contento di avermi conosciuto.
antoine de saint-exupery
sabato 9 giugno 2012
lucciole e filosofia
se almeno smettesse di piovere. se almeno uscisse il sole e scaldasse l'esterno, sono certa che anche dentro mi sentirei meno umida.
ma piove, e il cielo è basso, oppressivo. leggo presagi nei fondi della birra, io che ai presagi non credo.
cerco risposte nel volo delle lucciole la notte. ma vedo solo movimenti schizofrenici, nessuna risposta. arabeschi insensati di minuscole lucine che pulsano. belle bellissime, ma mute.
e resto incantata a fissarle, a pensare a cosa dev'essere vivere il tempo di una stagione, scivolare nella vita inconsapevoli e inconsapevoli scivolarne fuori.
come cercare risposte in cose e animali che non hanno domande?
ritorno ai miei libri dove le risposte sono tutte lì, ben allineate in ordine cronologico, spiegate con chiarezza lampante. non sono le risposte che vorrei, ma almeno sono risposte ed è riposante trovarne.
lasciarsi cullare per un po', diventare muta e inconsapevole come una lucciola.
la vita è altro, lo so.
ho scoperto finalmente la differenza tra storia e filosofia: la storia da risposte, la filosofia fa domande.
per questo adoro la storia e odio la filosofia. perchè la filosofia è troppo simile alla vita, mentre la storia sono le vite di ieri. perciò la mia vita è filosofia e solo alla fine diverrà storia. forse è per questo che ho sempre corso tanto per diventare grande. volevo smettere di essere filosofia e iniziare ad essere storia.
ma purtroppo non è possibile.
è l'opposto che a scuola dove prima studi storia, più digeribile, chiara e lineare e solo dopo ti addentri nella filosofia involuta e complessa e aperta.
la vita invece parte dalla filosofia che ti canta dentro tutta la vita con il ronzio incessante delle sue domande, delle sue opzioni opposte eppure tutte valide, dei suoi dubbi. la storia arriva dopo e la scriverà qualcun'altro perchè qualcun'altro possa imparare dalla tua vita.
solo che la lezione non è mai quella giusta, o forse è la materia che non lo è.
forse è per questo che studio storia e non filosofia. se sono già io filosofia, come tollerare altre domande aperte, altri dubbi irriducibili?
ho già le mie domande a cui fondi di birra e voli di lucciole non danno senso. toccherà a me sola, con le mie forze trovarne uno qualsiasi.
ma piove, e il cielo è basso, oppressivo. leggo presagi nei fondi della birra, io che ai presagi non credo.
cerco risposte nel volo delle lucciole la notte. ma vedo solo movimenti schizofrenici, nessuna risposta. arabeschi insensati di minuscole lucine che pulsano. belle bellissime, ma mute.
e resto incantata a fissarle, a pensare a cosa dev'essere vivere il tempo di una stagione, scivolare nella vita inconsapevoli e inconsapevoli scivolarne fuori.
come cercare risposte in cose e animali che non hanno domande?
ritorno ai miei libri dove le risposte sono tutte lì, ben allineate in ordine cronologico, spiegate con chiarezza lampante. non sono le risposte che vorrei, ma almeno sono risposte ed è riposante trovarne.
lasciarsi cullare per un po', diventare muta e inconsapevole come una lucciola.
la vita è altro, lo so.
ho scoperto finalmente la differenza tra storia e filosofia: la storia da risposte, la filosofia fa domande.
per questo adoro la storia e odio la filosofia. perchè la filosofia è troppo simile alla vita, mentre la storia sono le vite di ieri. perciò la mia vita è filosofia e solo alla fine diverrà storia. forse è per questo che ho sempre corso tanto per diventare grande. volevo smettere di essere filosofia e iniziare ad essere storia.
ma purtroppo non è possibile.
è l'opposto che a scuola dove prima studi storia, più digeribile, chiara e lineare e solo dopo ti addentri nella filosofia involuta e complessa e aperta.
la vita invece parte dalla filosofia che ti canta dentro tutta la vita con il ronzio incessante delle sue domande, delle sue opzioni opposte eppure tutte valide, dei suoi dubbi. la storia arriva dopo e la scriverà qualcun'altro perchè qualcun'altro possa imparare dalla tua vita.
solo che la lezione non è mai quella giusta, o forse è la materia che non lo è.
forse è per questo che studio storia e non filosofia. se sono già io filosofia, come tollerare altre domande aperte, altri dubbi irriducibili?
ho già le mie domande a cui fondi di birra e voli di lucciole non danno senso. toccherà a me sola, con le mie forze trovarne uno qualsiasi.
mercoledì 6 giugno 2012
ho perso le parole
la prima cosa sono gli occhiali da sole. è il primo pensiero. fuori daal portone, sole a picco. mannaggia a me che non li uso, che li tengo in macchina e ora sono in treno, che mi stanno scomodi e mi danno fastidio.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. fa niente se mi sta venendo di nuovo la tosse, e se non riesco più a contenere il numero. datemi una danata sigaretta. adesso. subito. ho bisogno di sentire la nicotina bruciare i pensieri in loop, il fumo segnare il ritmo del respiro, la brace bruciare seguendo il tempo che gli impongo io.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. la terza sono le cuffie. ho bisogno della mia musica subito. e quando parte "the drugs don't work" versione live di ben harper, sento ancora più bisogno degli occhiali e bisogno di cantare, far frusciare ogni singola nota, rigirarmela in bocca, soffiarla fuori, diventare io la canzone.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. la terza sono le cuffie. la quarta un libro. devo assolutamente arginare quest'onda, fermarla con un muro di parole, concentrare la testa su una diga che possa mettermi al riparo per un po'. se non lo faccio subito, sarà frana di ricordi, tornado di emozioni, tzunami di paure.
la prima cosa sono gli occhiali da sole.
la seconda è una sigaretta.
la terza sono le cuffie.
la quarta un libro.
la quinta.. le parole che non ho detto, l'abbraccio che non ho saputo dare, le lacrime non piante, il grazie smorzato simile a un bisbiglio, una stretta di mano in cui doveva esserci tutto.
ora però sono al rifugio in casa mia. posso piangere e dire tutte le parole che ho taciuto.
ho sprecato l'ultima ora, gli ultimi momenti in futili discorsi. le emozioni congelate dentro me.
ma lei avrà capito, capisce sempre. mi capisce più di me.
la prima cosa sono gli occhiali da sole.
la seconda è una sigaretta.
la terza sono le cuffie.
la quarta un libro.
la quinta.. le parole che non ho detto, l'abbraccio che non ho saputo dare, le lacrime non piante, il grazie smorzato più simile a un bisbiglio, una stretta di mano in cui doveva esserci tutto.
la sesta i ricordi. per sempre.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. fa niente se mi sta venendo di nuovo la tosse, e se non riesco più a contenere il numero. datemi una danata sigaretta. adesso. subito. ho bisogno di sentire la nicotina bruciare i pensieri in loop, il fumo segnare il ritmo del respiro, la brace bruciare seguendo il tempo che gli impongo io.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. la terza sono le cuffie. ho bisogno della mia musica subito. e quando parte "the drugs don't work" versione live di ben harper, sento ancora più bisogno degli occhiali e bisogno di cantare, far frusciare ogni singola nota, rigirarmela in bocca, soffiarla fuori, diventare io la canzone.
la prima cosa sono gli occhiali da sole. la seconda è una sigaretta. la terza sono le cuffie. la quarta un libro. devo assolutamente arginare quest'onda, fermarla con un muro di parole, concentrare la testa su una diga che possa mettermi al riparo per un po'. se non lo faccio subito, sarà frana di ricordi, tornado di emozioni, tzunami di paure.
la prima cosa sono gli occhiali da sole.
la seconda è una sigaretta.
la terza sono le cuffie.
la quarta un libro.
la quinta.. le parole che non ho detto, l'abbraccio che non ho saputo dare, le lacrime non piante, il grazie smorzato simile a un bisbiglio, una stretta di mano in cui doveva esserci tutto.
ora però sono al rifugio in casa mia. posso piangere e dire tutte le parole che ho taciuto.
ho sprecato l'ultima ora, gli ultimi momenti in futili discorsi. le emozioni congelate dentro me.
ma lei avrà capito, capisce sempre. mi capisce più di me.
la prima cosa sono gli occhiali da sole.
la seconda è una sigaretta.
la terza sono le cuffie.
la quarta un libro.
la quinta.. le parole che non ho detto, l'abbraccio che non ho saputo dare, le lacrime non piante, il grazie smorzato più simile a un bisbiglio, una stretta di mano in cui doveva esserci tutto.
la sesta i ricordi. per sempre.
non voltarti, nessun rimpianto per quello che è stato.
che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano.
mcr
martedì 5 giugno 2012
di pagine, medici e parolacce
che le pagine sono lì, mi guardano e io sono in quella fase in cui so che sarò felice di conoscerle "dopo" ma che ora proprio all'idea di mettermici mi viene lo schifo.
che se non vado dai medici, non è solo per rifiuto di poterne aver bisogno, per ipocondria latente che voglio controllare, ma anche perchè alla fine causano sempre qualche rottura, che nel caso specifico è un limbo prima di iniziare la mia vita.
che mia madre è difficile, troppo difficile a volte, ma che ogni tanto mi sento in grado di alzare le spalle con sufficienza e dirmi "affari suoi". che la vera ipocondriaca è lei e finchè non si affida al suo unico oracolo -wikipedia- siamo tutti moribondi, anche se passo mezz'ora al telefono a spiegarle che no, non è grave, è una sciocchezza, solo una rottura.. ma chi sarò mai io, figlia minore e scapestrata per aver una qualche autorevolezza?
che un giorno, neanche tanto tempo fa in una botta di onestà mio padre mi dice " vi avremmo amate anche se foste state più normali" (nda me e mia sorella) che io sul momento ho risposto "anche se fossimo state molto più sciroccate". mia madre ha detto subito si. mio padre ha aspettato un attimo e un sospiro prima di annuire.
che più ci penso e più la chiave di questa frase mi sembra sia che mio padre è così egoriferito che sembra sottointendere che siamo "strane" per elemosinare affetto da lui; e che per mia madre sia la devozione oltre ogni limite, che non vuol dire accettazione di noi, ma accettazione della croce che siamo.
che mi scappa una parolaccia se ci penso, perchè io sono quella che sono indipendentemente dall'egocentrismo di mio padre, dall'elemosina di qualsivoglia forma di amore, dalla devozione sacrificale di mia madre e da quello che è, è stata o sarà mia sorella.
però non è una parolaccia arrabbiata..è stupita. stupità dell'immensità di quello che mio padre ha detto e del baratro di incomprensione che si porta dietro e dentro.
però una volta di più, mi stringo nelle spalle, alzo gli occhi al cielo e penso "affari loro". e forse è davvero il massimo che posso sperare dopo quasi 6 anni di terapia..che mi scivoli addosso, che metta abbastanza distanza da capire, davvero, veramente, che è un problema loro. e non mio.
che se non vado dai medici, non è solo per rifiuto di poterne aver bisogno, per ipocondria latente che voglio controllare, ma anche perchè alla fine causano sempre qualche rottura, che nel caso specifico è un limbo prima di iniziare la mia vita.
che mia madre è difficile, troppo difficile a volte, ma che ogni tanto mi sento in grado di alzare le spalle con sufficienza e dirmi "affari suoi". che la vera ipocondriaca è lei e finchè non si affida al suo unico oracolo -wikipedia- siamo tutti moribondi, anche se passo mezz'ora al telefono a spiegarle che no, non è grave, è una sciocchezza, solo una rottura.. ma chi sarò mai io, figlia minore e scapestrata per aver una qualche autorevolezza?
che un giorno, neanche tanto tempo fa in una botta di onestà mio padre mi dice " vi avremmo amate anche se foste state più normali" (nda me e mia sorella) che io sul momento ho risposto "anche se fossimo state molto più sciroccate". mia madre ha detto subito si. mio padre ha aspettato un attimo e un sospiro prima di annuire.
che più ci penso e più la chiave di questa frase mi sembra sia che mio padre è così egoriferito che sembra sottointendere che siamo "strane" per elemosinare affetto da lui; e che per mia madre sia la devozione oltre ogni limite, che non vuol dire accettazione di noi, ma accettazione della croce che siamo.
che mi scappa una parolaccia se ci penso, perchè io sono quella che sono indipendentemente dall'egocentrismo di mio padre, dall'elemosina di qualsivoglia forma di amore, dalla devozione sacrificale di mia madre e da quello che è, è stata o sarà mia sorella.
però non è una parolaccia arrabbiata..è stupita. stupità dell'immensità di quello che mio padre ha detto e del baratro di incomprensione che si porta dietro e dentro.
però una volta di più, mi stringo nelle spalle, alzo gli occhi al cielo e penso "affari loro". e forse è davvero il massimo che posso sperare dopo quasi 6 anni di terapia..che mi scivoli addosso, che metta abbastanza distanza da capire, davvero, veramente, che è un problema loro. e non mio.
sabato 2 giugno 2012
rinascita e radici
mi vengono in mente le cose da fare. ma anche ipotesi di progetti che non so se realizzerò mai. sogni che avevo, che avrei e che avrò. sogni che potrei non realizzare per scelta o per non scelta.
mi viene nostalgia delle vite non vissute, paura di quelle che vivrò, malinconia di quella che vivo..e in sottofondo, lieve, l'eccitazione per tutte e per nessuna.
sento il bisogno di rifarmi il look, e non parlo dei capelli o i vestiti. io bisogno di reinventarmi per essere pronta a ricominciare. e una parte di me vorrebbe sganciarsi da tutto, da quella che sono, da quello che faccio.. l'altra parte mi frena. non sto scappando, sto evolvendo. tagliare i ponti significherebbe negare la strada fatta, le scelte prese, i dubbi e le distanze e le vicinanze e le dipendenze.
e negare non è mai un buon modo per cominciare.. ci vuole un po' più di coraggio e di pazienza per portarsi dietro il bagaglio. ma è quello che sono, senza sarei persa. oh si, per un po' mi sentirei nuova, ma poi? senza radici siamo destinati a seccare come fiori recisi. e se a volte le radici sono pesanti, non per questo vanno tagliate.
che poi le radici sono molte, e diverse. e alcune sono incondizionatamente "buone", altre sono difficili, ecco, difficili da gestire. ma sono le mie. se le tagliassi che ne sarebbe di me?
devo farle evolvere, questo si, dargli un'altra direzione, sognare, progettare e provarci.. non importa nulla se fallirò o se prenderò strade inaspettate.
ho bisogno di slanci e di solidità.
la coerenza è così sopravvalutata. o meglio, l'idea di coerenza che ci vorrebbe monoliti immutabili.
grazie a dio, non sono dio. sono un essere in evoluzione.
e stavolta l'evoluzione sembra che passi da un aereo, bagagli pesanti di quella me che partirà con me, e un nuovo orizzonte..
mi viene nostalgia delle vite non vissute, paura di quelle che vivrò, malinconia di quella che vivo..e in sottofondo, lieve, l'eccitazione per tutte e per nessuna.
sento il bisogno di rifarmi il look, e non parlo dei capelli o i vestiti. io bisogno di reinventarmi per essere pronta a ricominciare. e una parte di me vorrebbe sganciarsi da tutto, da quella che sono, da quello che faccio.. l'altra parte mi frena. non sto scappando, sto evolvendo. tagliare i ponti significherebbe negare la strada fatta, le scelte prese, i dubbi e le distanze e le vicinanze e le dipendenze.
e negare non è mai un buon modo per cominciare.. ci vuole un po' più di coraggio e di pazienza per portarsi dietro il bagaglio. ma è quello che sono, senza sarei persa. oh si, per un po' mi sentirei nuova, ma poi? senza radici siamo destinati a seccare come fiori recisi. e se a volte le radici sono pesanti, non per questo vanno tagliate.
che poi le radici sono molte, e diverse. e alcune sono incondizionatamente "buone", altre sono difficili, ecco, difficili da gestire. ma sono le mie. se le tagliassi che ne sarebbe di me?
devo farle evolvere, questo si, dargli un'altra direzione, sognare, progettare e provarci.. non importa nulla se fallirò o se prenderò strade inaspettate.
ho bisogno di slanci e di solidità.
la coerenza è così sopravvalutata. o meglio, l'idea di coerenza che ci vorrebbe monoliti immutabili.
grazie a dio, non sono dio. sono un essere in evoluzione.
e stavolta l'evoluzione sembra che passi da un aereo, bagagli pesanti di quella me che partirà con me, e un nuovo orizzonte..
Siate pronti, poiché non sapete né il giorno né l'ora.
e. brizzi
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