la mia vita sta prendendo una piega strana. i giorni sfuggono via veloci, il tempo si liquefa tra le mani, le cose da fare troppe, le persone da vedere tante, tutte interessanti, lo studio latita un po' (ma ho spedito il primo capitolo della tesi, perciò giubilo).
ieri sera a cena si parlava di quanto si rimarrà qui. è un argomento che va per la maggiore tra gli expat, un po' perchè la nostra è vita precaria, un po' perchè questa destinazione non rientra esattamente nella top ten delle più ambite.
scenari differenti, ognuno coi suoi obiettivi, ma tutti accumunati dalla voglia di cambiamento.. io sono l'ultima arrivata. non so quanto rimarrò qui, ma di sicuro non ho prospettive a breve periodo di andarmene.
eppure intorno al tavolo, con una bottiglia di contrabbando in mezzo, si immaginano vite diverse, sapendo che ci vedranno tutti separati. e un momento di tristezza mi coglie.
non posso dire di essermi innamorata di questo posto, ma sono qui da poco e già ho un sacco di conoscenti, persone con cui condividere gioie e fatiche della vita da expat.
e mi chiedo: ci fermeremo mai? ci sarà un posto da chiamare casa, finalmente, alla fine?
saremo mai soddisfatti e vorremo fermarci?
tante domande insieme al senso di precarietà e alla voglia di sentire che ogni posto da' qualcosa, non è solo una tappa da consumare in fretta, ma un pezzo di me da preservare.
sono combattuta. vorrei stabilità, vorrei che queste giornate al parco continuassero per sempre, pigri giorni tra un caffè, una partita a tennis da guardare, un pranzo veloce, un po' di palestra e tante chiacchiere. che queste sere di parole, vino e pasta fossero un punto fermo nella mia vita. eppure sentendo gli altri scalpitare, immagino anch'io, pondero il domani.
e poi-in un attimo di epifania- mi chiedo: ma sarà mai migliore di così? di ora, che immaginiamo, tutti insieme, futuri più splendenti?
non è che il meglio in fondo sia nell'immaginare i domani, più che viverli?
ieri sera a cena si parlava di quanto si rimarrà qui. è un argomento che va per la maggiore tra gli expat, un po' perchè la nostra è vita precaria, un po' perchè questa destinazione non rientra esattamente nella top ten delle più ambite.
scenari differenti, ognuno coi suoi obiettivi, ma tutti accumunati dalla voglia di cambiamento.. io sono l'ultima arrivata. non so quanto rimarrò qui, ma di sicuro non ho prospettive a breve periodo di andarmene.
eppure intorno al tavolo, con una bottiglia di contrabbando in mezzo, si immaginano vite diverse, sapendo che ci vedranno tutti separati. e un momento di tristezza mi coglie.
non posso dire di essermi innamorata di questo posto, ma sono qui da poco e già ho un sacco di conoscenti, persone con cui condividere gioie e fatiche della vita da expat.
e mi chiedo: ci fermeremo mai? ci sarà un posto da chiamare casa, finalmente, alla fine?
saremo mai soddisfatti e vorremo fermarci?
tante domande insieme al senso di precarietà e alla voglia di sentire che ogni posto da' qualcosa, non è solo una tappa da consumare in fretta, ma un pezzo di me da preservare.
sono combattuta. vorrei stabilità, vorrei che queste giornate al parco continuassero per sempre, pigri giorni tra un caffè, una partita a tennis da guardare, un pranzo veloce, un po' di palestra e tante chiacchiere. che queste sere di parole, vino e pasta fossero un punto fermo nella mia vita. eppure sentendo gli altri scalpitare, immagino anch'io, pondero il domani.
e poi-in un attimo di epifania- mi chiedo: ma sarà mai migliore di così? di ora, che immaginiamo, tutti insieme, futuri più splendenti?
non è che il meglio in fondo sia nell'immaginare i domani, più che viverli?