sono pronta. pronta per la settimana che mi aspetta, piena di impegni, prove, scoperte, momenti tosti e altri che mi auguro leggeri. pronta per mia madre e un intenso weekend di famiglia, pronta per volare a est e poi ritornare giusto in tempo per un welcome back a due persone specialissime della mia vita che ora vivono lontane - ma lontano è un concetto davvero troppo relativo ormai -, pronta per i regali di natale, i pranzi in famiglia e con amici, pronta per riprendere i libri per i prossimi esami.
sono pronta? tecnicamente e organizzativamente si. emotivamente non saprei, mi sa che lo scoprirò strada facendo. quando riceverò la telefonata che tanto aspetto e saprò qual'è la prossima meta. quando attererrò a est con un'info in più e molte certezze in meno. quando cercherò di relazionarmi a mia madre in un ambiente estraneo, quando finalmente riabbraccerò le persone specialissime di cui sopra.
per gli abbracci, sono più che pronta, per il resto chissà.. come si può essere pronti per qualcosa che non si conosce?
sono a metà. metà di me stessa. metà dei miei pensieri. metà delle mie certezze e delle mie paure.
ma non ci starò ancora per molto e allora eccomi.
sono pronta. perchè certe cose, nel bene e nel male, non cambieranno e me le porterò dietro ovunque andrò. con un pc, skipe, un blog, molte parole, pensieri e sensazioni.
sono pronta anche perchè non c'è alternativa all'esserlo.
e va bene così.
gamibu
martedì 29 novembre 2011
sabato 26 novembre 2011
tempesta da sud est
ci sono giorni difficili, giorni in cui devi affrontare quello che non vorresti, giorni per stare vicino a una famiglia acquisita, giorni intensi, dove dormi pochissimo e vivi troppo. arrivano dopo mesi di silenzio, di calma, quando lo sentivo che la tempesta era in agguato, ma ne attendevo un altro tipo.
una settimana dura e brutta e sporca e triste, di quelle dove combatti per restare a galla.
poi ieri sera suona un telefono, e mio marito prenota un volo per a.
ecco, la telefonata è il primo soffio della tempesta che aspettavo.
devo solo attendere qualche giorno per sapere quando e dove.
e mi sento come madonna quando in evita canta "another suitcase in another all".. ricomincia la girandola, ricominciamo a vivere a mille allora.
di nuovo posti da vedere, case da chiudere, case da trovare, lingue da imparare, panettieri da scoprire.
sono un po' triste, sono un po' stupita, sono un po' speranzosa.
le destinazioni possibili sono 7- a meno che non ci sia qualche sorpresa last minute. 3 di queste le conosco bene, una l'ho vista e 3 mi sono totalmente sconosciute.
non ho alcuna idea di cosa aspettarmi, cosa sperare, cosa volere. io qui stavo bene, o almeno mi sembra ora..
io forse sono precipitosa, forse non succederà nulla, ma ora sento nelle ossa che quella palla di neve che rotolava dolcemente sul pendio, sta diventando valanga, e se non sarò pronta mi travolgerà..
era quello che volevo? a mia madre ho detto: non è che possiamo sempre scegliere quando succedono le cose: possiamo dire si o no, quando avvengono.
ma è davvero così?
una settimana dura e brutta e sporca e triste, di quelle dove combatti per restare a galla.
poi ieri sera suona un telefono, e mio marito prenota un volo per a.
ecco, la telefonata è il primo soffio della tempesta che aspettavo.
devo solo attendere qualche giorno per sapere quando e dove.
e mi sento come madonna quando in evita canta "another suitcase in another all".. ricomincia la girandola, ricominciamo a vivere a mille allora.
di nuovo posti da vedere, case da chiudere, case da trovare, lingue da imparare, panettieri da scoprire.
sono un po' triste, sono un po' stupita, sono un po' speranzosa.
le destinazioni possibili sono 7- a meno che non ci sia qualche sorpresa last minute. 3 di queste le conosco bene, una l'ho vista e 3 mi sono totalmente sconosciute.
non ho alcuna idea di cosa aspettarmi, cosa sperare, cosa volere. io qui stavo bene, o almeno mi sembra ora..
io forse sono precipitosa, forse non succederà nulla, ma ora sento nelle ossa che quella palla di neve che rotolava dolcemente sul pendio, sta diventando valanga, e se non sarò pronta mi travolgerà..
era quello che volevo? a mia madre ho detto: non è che possiamo sempre scegliere quando succedono le cose: possiamo dire si o no, quando avvengono.
ma è davvero così?
lunedì 21 novembre 2011
delle famiglie e di altre stranezze
io e mio marito: due universi paralleli che neppure a sforzarsi si potrebbe immaginarli insieme.
veniamo da due famiglie opposte.
la mia. la definizione più gentile mai datale -da mio marito- è morbosa.
da noi non esiste privacy, non ci sono chiavi alle porte, si parla di tutto, o meglio, si deve parlare di tutto. si chiama la mamma almeno una volta al giorno, la si vede una alla settimana (tutte le generazioni, di generazione in generazione stesso discorso). e lei ovviamente si lamenta che non ci sei mai.
loro, la mia famiglia intendo, vivono tutti nel paese dove sono nati, al max quello accanto..
una famiglia in cui devi ricordare i compleanni di nonni, zii, cugini (di 1°,2° e a volte 3° grado) e prozii; dove qualsiasi festività -natale-pasqua-compleanni-battesimi-lauree-matrimoni-funerali-parti (eh si anche i parti)- è comunitaria. dove le scelte sono comunitarie: non puoi pensare di andare a vivere all'estero, sposarti, non fare o fare figli, scegliere l'università, accettare un lavoro, senza che tutti abbiano un consiglio, un ammonimento, un'informazione, un parere da darti. e guai a te se non li prendi in considerazione.
non puoi vivere la tua vita fuori da questo suq di voci e opinioni che si alternano, sovrastano e pretendono ascolto, spazio, da questa lotta infinita a chi assomigli di più, chi ti ha dato più gene, chi ti ha condizionato di più: dalla nonna che ti da i soldi per cambiare i dr martin con delle belle polacchine perchè "con tutto quello che abbiamo (?!) speso in scarpe ortopediche per raddrizzarti i piedi, ora te li stai rovinando", al "ora che ti abbiamo (again un pluralia maiestatis dei miei genitori, immagino) fatto studiare, non buttarti via per quel lavoro, minimo ti devo dare ...mila euro (cifra con tanti di quegli zeri che solo un'avola che conta ancora in lire può dirti)....
la cosa buona? non sei mai solo. la cosa negativa? non sei mai solo.
la famiglia di mio marito. nessuno sa i compleanni di nessuno- nemmeno di padri/figli; ci si vede quando ci si vede; ci si telefona quando capita. a volte, ma non tutti gli anni, ci si vede a natale. per il resto non esistono festività che richiedano la presenza dei familiari. ho dovuto insistere tantissimo per convincere mio marito che una lista di invitati al matrimonio con 34 miei parenti e 3 suoi era un tantinello sbilanciata.
ognuno fa la sua vita, nessuno sa cosa è meglio per te, nessuno ti prevarica che tu abbia 3 o 80 anni, nessuno giudica, tutti rispettano opinioni, libero arbitrio, scelte degli altri. se fai una scelta la comunichi, non apri un G20 qualche mese prima per inizare le trattative di resa purchè accettino la tua scelta. nella mia famiglia se sgarri, sei fuori (tranne poi riammetterti per somma bontà degli avi tra lacrime e scuse degne di maria de filippi), nella famiglai di mio marito non esiste un dentro e fuori, qualsiasi cosa fai ne sei responsabile e nessuno ti biasima.
parlando con mio suocero gli raccontavo una proposta di lavoro in un posto molto lontano. lui mi chiede che ne penso. gli dico, appunto, che è molto lontano. e lui mi risponde "lontano da cosa? dipende da dove guardi"..a casa mia una frase così neppure se piovessero fragole..
la cosa buona? sei solo nelle tue scelte. la cosa negativa? sei solo nelle tue scelte.
eppure, io quando li guardo ho la sensazione di amore, di rispetto, di cure e attenzioni discrete, non rumorose. non alzano mai il tono di voce, al massimo lo abbassano. tacciono e ascoltano, lasciano parlare anche i bambini. ogni settimana da 52 anni mio suocero porta a casa a mia suocera un mazzo di rose. ecco, io una cosa così, fatta con una leggerezza che non so descrivere, a casa mia non l'ho mai vista.
quando è morto mio nonno, mia nonna si agitava, litigava con le infermiere, lo voleva a casa, poi non lo voleva più, poi lo rivoleva, e poi stava male a vederlo in ospedale e allora andava poco a trovarlo, però voleva che i figli e le nuore si prendessero permessi dal lavoro per andarci ogni giorno. mio nonno- che non era una persona buona e sinceramente non era molto amato, era molto temuto- è morto solo, in ospedale. mia nonna ha pianto disperata per qualche giorno poi ha detto che era meglio così, che non vederlo soffrire ancora (in effetti il nonno stava piuttosto male).
ieri è morta mia suocera, dopo un mese di ospedale. mio suocero ha passato tutti i giorni di questo mese, tutto il giorno in ospedale. le portava ogni giorno un dolcetto, un regalino. è uscito solo ieri sera per mangiare dalla cognata. ma io e mio marito eravamo lì, perchè sapevamo che si era aggravata, ed è morta con la mano nella mano di suo figlio. non è morta sola. mio suocero ci ha raggiunti, e ha pianto, solo accanto a sua moglie, composto e silenzioso.
ecco io non so, non me lo spiego, e forse non voglio neppure giudicare quale famiglia sia meglio. ma alla fine, il suq a cosa serve se moriamo soli? cioè, voglio dire..non era meglio insegnarci a camminare con le nostre gambe, lasciarci fare i nostri errori, le nostre scelte ed esserci accanto sempre silenziosi fino all'ultimo respiro invece che strepitare tutta la vita, imporre, sentenziare, decidere per gli altri e poi lasciarci soli proprio lì dove soli non vorremmo e non sapremmo mai essere?
detto questo, alla fine io il suq lo amo, e un natale senza la mia numerosa famiglia che ride, urla, litiga e fa pace, beh non sarebbe natale.
veniamo da due famiglie opposte.
la mia. la definizione più gentile mai datale -da mio marito- è morbosa.
da noi non esiste privacy, non ci sono chiavi alle porte, si parla di tutto, o meglio, si deve parlare di tutto. si chiama la mamma almeno una volta al giorno, la si vede una alla settimana (tutte le generazioni, di generazione in generazione stesso discorso). e lei ovviamente si lamenta che non ci sei mai.
loro, la mia famiglia intendo, vivono tutti nel paese dove sono nati, al max quello accanto..
una famiglia in cui devi ricordare i compleanni di nonni, zii, cugini (di 1°,2° e a volte 3° grado) e prozii; dove qualsiasi festività -natale-pasqua-compleanni-battesimi-lauree-matrimoni-funerali-parti (eh si anche i parti)- è comunitaria. dove le scelte sono comunitarie: non puoi pensare di andare a vivere all'estero, sposarti, non fare o fare figli, scegliere l'università, accettare un lavoro, senza che tutti abbiano un consiglio, un ammonimento, un'informazione, un parere da darti. e guai a te se non li prendi in considerazione.
non puoi vivere la tua vita fuori da questo suq di voci e opinioni che si alternano, sovrastano e pretendono ascolto, spazio, da questa lotta infinita a chi assomigli di più, chi ti ha dato più gene, chi ti ha condizionato di più: dalla nonna che ti da i soldi per cambiare i dr martin con delle belle polacchine perchè "con tutto quello che abbiamo (?!) speso in scarpe ortopediche per raddrizzarti i piedi, ora te li stai rovinando", al "ora che ti abbiamo (again un pluralia maiestatis dei miei genitori, immagino) fatto studiare, non buttarti via per quel lavoro, minimo ti devo dare ...mila euro (cifra con tanti di quegli zeri che solo un'avola che conta ancora in lire può dirti)....
la cosa buona? non sei mai solo. la cosa negativa? non sei mai solo.
la famiglia di mio marito. nessuno sa i compleanni di nessuno- nemmeno di padri/figli; ci si vede quando ci si vede; ci si telefona quando capita. a volte, ma non tutti gli anni, ci si vede a natale. per il resto non esistono festività che richiedano la presenza dei familiari. ho dovuto insistere tantissimo per convincere mio marito che una lista di invitati al matrimonio con 34 miei parenti e 3 suoi era un tantinello sbilanciata.
ognuno fa la sua vita, nessuno sa cosa è meglio per te, nessuno ti prevarica che tu abbia 3 o 80 anni, nessuno giudica, tutti rispettano opinioni, libero arbitrio, scelte degli altri. se fai una scelta la comunichi, non apri un G20 qualche mese prima per inizare le trattative di resa purchè accettino la tua scelta. nella mia famiglia se sgarri, sei fuori (tranne poi riammetterti per somma bontà degli avi tra lacrime e scuse degne di maria de filippi), nella famiglai di mio marito non esiste un dentro e fuori, qualsiasi cosa fai ne sei responsabile e nessuno ti biasima.
parlando con mio suocero gli raccontavo una proposta di lavoro in un posto molto lontano. lui mi chiede che ne penso. gli dico, appunto, che è molto lontano. e lui mi risponde "lontano da cosa? dipende da dove guardi"..a casa mia una frase così neppure se piovessero fragole..
la cosa buona? sei solo nelle tue scelte. la cosa negativa? sei solo nelle tue scelte.
eppure, io quando li guardo ho la sensazione di amore, di rispetto, di cure e attenzioni discrete, non rumorose. non alzano mai il tono di voce, al massimo lo abbassano. tacciono e ascoltano, lasciano parlare anche i bambini. ogni settimana da 52 anni mio suocero porta a casa a mia suocera un mazzo di rose. ecco, io una cosa così, fatta con una leggerezza che non so descrivere, a casa mia non l'ho mai vista.
quando è morto mio nonno, mia nonna si agitava, litigava con le infermiere, lo voleva a casa, poi non lo voleva più, poi lo rivoleva, e poi stava male a vederlo in ospedale e allora andava poco a trovarlo, però voleva che i figli e le nuore si prendessero permessi dal lavoro per andarci ogni giorno. mio nonno- che non era una persona buona e sinceramente non era molto amato, era molto temuto- è morto solo, in ospedale. mia nonna ha pianto disperata per qualche giorno poi ha detto che era meglio così, che non vederlo soffrire ancora (in effetti il nonno stava piuttosto male).
ieri è morta mia suocera, dopo un mese di ospedale. mio suocero ha passato tutti i giorni di questo mese, tutto il giorno in ospedale. le portava ogni giorno un dolcetto, un regalino. è uscito solo ieri sera per mangiare dalla cognata. ma io e mio marito eravamo lì, perchè sapevamo che si era aggravata, ed è morta con la mano nella mano di suo figlio. non è morta sola. mio suocero ci ha raggiunti, e ha pianto, solo accanto a sua moglie, composto e silenzioso.
ecco io non so, non me lo spiego, e forse non voglio neppure giudicare quale famiglia sia meglio. ma alla fine, il suq a cosa serve se moriamo soli? cioè, voglio dire..non era meglio insegnarci a camminare con le nostre gambe, lasciarci fare i nostri errori, le nostre scelte ed esserci accanto sempre silenziosi fino all'ultimo respiro invece che strepitare tutta la vita, imporre, sentenziare, decidere per gli altri e poi lasciarci soli proprio lì dove soli non vorremmo e non sapremmo mai essere?
detto questo, alla fine io il suq lo amo, e un natale senza la mia numerosa famiglia che ride, urla, litiga e fa pace, beh non sarebbe natale.
domenica 20 novembre 2011
sogni neutri, per favore.
"i sogni son desideri di felicità" cantava cenerentola quando ero bambina.
alle elementari una mia amica aveva inventato il verbo "incubare" per quando di notte faceva incubi.
i miei sogni assomigliano più a incubi, ma non fanno paura, non propriamente. uso la notte-da sempre- per far fluire angoscie e fantasticherie che mi lasciano una sensazione di peso sui polmoni. un sentimento strano, fluido, che non riesco a catalogare.
è raro che mi voglia appigliare a un sogno che sta svanendo. più facile che -in mezzo alla notte- io apra gli occhi un attimo per aver la certezza che, con la veglia, l'ansia sparisca, e per scacciare risolutamente quell'ultima immagine dalla testa prima di riaddormentarmi.
non che sogni cose particolari, spaventose o assurde. al contrario, il mio bisogno di ancorarmi alla realtà, figlio della mia ansia di controllo, mi porta a sognare situazioni banali, persone che conosco, momenti realistici, dialoghi normali. eppure in quei sogni sento sempre, che qualcosa non va, che sono preoccupata per qualcosa o in ansia per qualcuno. sogno fin troppo spesso di non riuscire a muovermi o di muovermi troppo lentamente, a fatica, un interminabile slow motion in cui le mie gambe sono di piombo, cammino sopra le cose, lentissima, invischiata e trattenuta da una forza inspiegabile.
un senso di impotenza, di assurdo e grottesco che mi attanaglia e che mi fa scattare in piedi al primo suono della sveglia, per quanto stanca sia, felice che finalmente le gambe si muovano al giusto ritmo senza neppure un attimo tra pensiero e azione: neuroni, ricettori, muscoli tutti coordinati. e il peso si dissolve, non appena inizio a vivere.
non temo l'interregno notturno, non ho problemi ad addormentarmi, spero sempre sogni neutri, se non belli, ma preferisco poter controllare le immagini che la mia mente crea piuttosto che subirle.
alle elementari una mia amica aveva inventato il verbo "incubare" per quando di notte faceva incubi.
i miei sogni assomigliano più a incubi, ma non fanno paura, non propriamente. uso la notte-da sempre- per far fluire angoscie e fantasticherie che mi lasciano una sensazione di peso sui polmoni. un sentimento strano, fluido, che non riesco a catalogare.
è raro che mi voglia appigliare a un sogno che sta svanendo. più facile che -in mezzo alla notte- io apra gli occhi un attimo per aver la certezza che, con la veglia, l'ansia sparisca, e per scacciare risolutamente quell'ultima immagine dalla testa prima di riaddormentarmi.
non che sogni cose particolari, spaventose o assurde. al contrario, il mio bisogno di ancorarmi alla realtà, figlio della mia ansia di controllo, mi porta a sognare situazioni banali, persone che conosco, momenti realistici, dialoghi normali. eppure in quei sogni sento sempre, che qualcosa non va, che sono preoccupata per qualcosa o in ansia per qualcuno. sogno fin troppo spesso di non riuscire a muovermi o di muovermi troppo lentamente, a fatica, un interminabile slow motion in cui le mie gambe sono di piombo, cammino sopra le cose, lentissima, invischiata e trattenuta da una forza inspiegabile.
un senso di impotenza, di assurdo e grottesco che mi attanaglia e che mi fa scattare in piedi al primo suono della sveglia, per quanto stanca sia, felice che finalmente le gambe si muovano al giusto ritmo senza neppure un attimo tra pensiero e azione: neuroni, ricettori, muscoli tutti coordinati. e il peso si dissolve, non appena inizio a vivere.
non temo l'interregno notturno, non ho problemi ad addormentarmi, spero sempre sogni neutri, se non belli, ma preferisco poter controllare le immagini che la mia mente crea piuttosto che subirle.
mercoledì 16 novembre 2011
statistiche
mi viene da ridere.. io che mi sento così disequilibrata, così oppressa e così aggrovigliata, guardo un po' per caso i vecchi post e cosa scopro? esattamente lo stesso numero di post ha le etichette opposte: quella che uso per i giorni buoni e quella che uso per quelli cattivi. al secondo posto dopo la parità viene l'etichetta del mood mediano.. ecco allora forse non sono poi così sbilanciata, anzi sto proprio nel mezzo, che se non è equilibrio un po' gli somiglia.. ok effettivamente l'equilibrio non è dato dagli opposti up and down, ma statisticamente regge.. e io oggi mi sentivo un po' in vena di statistiche.. sarà perchè c'è il sole, perchè mi va di fare una torta buonissima, sarà perchè ogni tanto serve sentirsi in equilibrio anche se precario, sarà perchè ho costruito una normalità fuori dalla normalità, sarà perchè se la smetto di cercare i difetti, alla fine sono felice di quello che vivo, magari non proprio di quello che sono, ma oggi mi sento indulgente.
e allora metto l'etichetta positiva al post, per spostare la bilancia e tirare su la statistica, che tanto i cattivi umori torneranno a rimetterla in perfetto equilibrio..
e allora metto l'etichetta positiva al post, per spostare la bilancia e tirare su la statistica, che tanto i cattivi umori torneranno a rimetterla in perfetto equilibrio..
domenica 13 novembre 2011
oppression
sveglia con un senso di oppressione. fuori il sole brilla e sembra pure possa scaldare. voglia di vedere un amico per un caffè, ma non posso, ci sono scadenze che aspettano che io mi metta al tavolo. e allora una volta di più il senso del dovere vince. niente uscita, niente domenica di sole nè caffè. io, il gatto e i libri passiamo insieme la domenica.
mi stupisco di come mi opprimano scadenze alla fine così insignificanti quando avrei ben altro di cui preoccuparmi e lo vedo sulle facce stupite, preoccupate dei miei..ma è una colpa non preoccuparsi per cosa sarà di me dopodomani concentrandomi su problemi futili e scadenze immediate?
che ci posso fare se sposando un inguaribile ottimista mi sono lasciata contaminare dalla sua idea che alla fine bisogna prendere il buono delle situazioni e credere che un problema è sempre risolvibile, che il mutamento sia positivo e che alla fin fine l'ennesimo trasloco che rischiamo possa essere l'inizio di una magnifica nuova avventura anche se lontana da casa?
che poi sono stati giorni pesanti, da una parte nuvole all'orizzonte -anche se la svolta italiana a me da fiducia nel domani, che posso farci?- e dall'altra nuvole dentro me.. di nuovo a combattere con fantasmi e ansie e rigidità che pensavo aver risolto, riponendole ben in fondo all'armadio, nascoste dietro scheletri meno difficili da gestire.
e di nuovo persa nel tentativo di accettarmi di non odiarmi di rassegnarmi al fatto che sono cervello ma non solo, che ho un corpo che è mio -basta pensare a lui come un'entità diversa da me, anche se non lo sento mio-
sangue, ossa, muscoli, cellule e organi posso anche accettarli.. è l'insieme che non mi rappresenta.. sono un trasgender di me stessa.. non mi sento uomo, questo no. mi sento una donna completamente diversa e quando mi incanto a guardare donne che io definisco belle, è perchè riconosco in loro il mio corpo perso in qualche meandro, mentre quello che ho dev'essere di qualcun'altro che chissà con che fatica lo cerca per il mondo.
fantasticherie autolesioniste e negazioniste che non mi aiutano a trovare un equilibrio. eppure, eppure, nonostante gli sforzi, continuo a rifuggire gli specchi. come se la mia anima non potesse riconoscersi.
eppure rifiutare il corpo è rifiutare me. e rifiutandomi, come posso avere anche un briciolo di equilibrio?
esiste un modo per vedermi per quella che sono e basta?
vorrei che la mia testa smettesse di distorcere la mia immagine come nella camera degli specchi al lunapark.
esiste un modo per essere serenamente piena di difetti e per questo bella? se leggessi queste righe scritte da un'altra mi farebbero tenerezza e cercherei di consolarla, con razionalità e amore, insegnandole a accettarsi.. e sarei sincera dicendole che è bella dei e con i suoi difetti..
ma con me non può funzionare.. perchè non posso che distruggere la mia autostima a ogni passo? dove nasce l'incastaro? dove il senso di estraneità? e dove è la via d'uscita?
mi stupisco di come mi opprimano scadenze alla fine così insignificanti quando avrei ben altro di cui preoccuparmi e lo vedo sulle facce stupite, preoccupate dei miei..ma è una colpa non preoccuparsi per cosa sarà di me dopodomani concentrandomi su problemi futili e scadenze immediate?
che ci posso fare se sposando un inguaribile ottimista mi sono lasciata contaminare dalla sua idea che alla fine bisogna prendere il buono delle situazioni e credere che un problema è sempre risolvibile, che il mutamento sia positivo e che alla fin fine l'ennesimo trasloco che rischiamo possa essere l'inizio di una magnifica nuova avventura anche se lontana da casa?
che poi sono stati giorni pesanti, da una parte nuvole all'orizzonte -anche se la svolta italiana a me da fiducia nel domani, che posso farci?- e dall'altra nuvole dentro me.. di nuovo a combattere con fantasmi e ansie e rigidità che pensavo aver risolto, riponendole ben in fondo all'armadio, nascoste dietro scheletri meno difficili da gestire.
e di nuovo persa nel tentativo di accettarmi di non odiarmi di rassegnarmi al fatto che sono cervello ma non solo, che ho un corpo che è mio -basta pensare a lui come un'entità diversa da me, anche se non lo sento mio-
sangue, ossa, muscoli, cellule e organi posso anche accettarli.. è l'insieme che non mi rappresenta.. sono un trasgender di me stessa.. non mi sento uomo, questo no. mi sento una donna completamente diversa e quando mi incanto a guardare donne che io definisco belle, è perchè riconosco in loro il mio corpo perso in qualche meandro, mentre quello che ho dev'essere di qualcun'altro che chissà con che fatica lo cerca per il mondo.
fantasticherie autolesioniste e negazioniste che non mi aiutano a trovare un equilibrio. eppure, eppure, nonostante gli sforzi, continuo a rifuggire gli specchi. come se la mia anima non potesse riconoscersi.
eppure rifiutare il corpo è rifiutare me. e rifiutandomi, come posso avere anche un briciolo di equilibrio?
esiste un modo per vedermi per quella che sono e basta?
vorrei che la mia testa smettesse di distorcere la mia immagine come nella camera degli specchi al lunapark.
esiste un modo per essere serenamente piena di difetti e per questo bella? se leggessi queste righe scritte da un'altra mi farebbero tenerezza e cercherei di consolarla, con razionalità e amore, insegnandole a accettarsi.. e sarei sincera dicendole che è bella dei e con i suoi difetti..
ma con me non può funzionare.. perchè non posso che distruggere la mia autostima a ogni passo? dove nasce l'incastaro? dove il senso di estraneità? e dove è la via d'uscita?
martedì 8 novembre 2011
dubbi e insofferenze
brutti sogni e sveglia col cuore in gola. la mente fa strani scherzi e riesce a fregarmi, non dandomi pace neppure la notte. molte domande, troppe. molte variabili imponderabili, troppo immobilismo. subisco le inerzie di chi amo, la sua sequenzialità, il suo non saper andare oltre.
aspetto, ma sono stufa di farlo, anche un po' spaventata.
e poi una seduta in cui tutt'a un tratto torno indietro di anni di analisi, a atteggiamenti che non avevo più, risposte immediate, definitive che nascondono un nodo che non so e non voglio affrontare. un argomento in apparenza banale, perchè non mi curo se sono malata. ma io mi chiudo a riccio, nessuno può entrare, giudicare. io non mi curo perchè sto bene. inossidabili certezze che nascono da chissà quale timore, quale matassa che non so sciogliere.
non me lo spiego neppure io il perchè di un tale atteggiamento, ma adesso mi sento come se mi avessero punto mille zanzare..la pelle è satura di veleno che chiede un modo per venir fuori.
sono così, in bilico tra dubbi e insofferenze. oggi sono io che avrei bisogno di pantaloni stracciati, maglietta slavata e una birra. capita.
aspetto, ma sono stufa di farlo, anche un po' spaventata.
e poi una seduta in cui tutt'a un tratto torno indietro di anni di analisi, a atteggiamenti che non avevo più, risposte immediate, definitive che nascondono un nodo che non so e non voglio affrontare. un argomento in apparenza banale, perchè non mi curo se sono malata. ma io mi chiudo a riccio, nessuno può entrare, giudicare. io non mi curo perchè sto bene. inossidabili certezze che nascono da chissà quale timore, quale matassa che non so sciogliere.
non me lo spiego neppure io il perchè di un tale atteggiamento, ma adesso mi sento come se mi avessero punto mille zanzare..la pelle è satura di veleno che chiede un modo per venir fuori.
sono così, in bilico tra dubbi e insofferenze. oggi sono io che avrei bisogno di pantaloni stracciati, maglietta slavata e una birra. capita.
venerdì 4 novembre 2011
giornata off
penso che se solo riuscissi a dare un senso a questo giorno, il mondo da grigio diventerebbe a colori.
ma a volte non è che non voglio, è che proprio non ce lo trovo un senso in giorni così.
sospesi, inutili, dispersi e frammentati, quelli che lasciano la sensazione di non aver fatto nulla, quelli che lasciano addosso un senso di frustrazione distante e fastidio attutito, quelli che mi rendo conto che non ricorderò per nulla. giorni grigi tutti uguali senza una sola scintilla di luce.
lo so che dovrei essere io a dargliela, quella scintilla di luce, solo che a volte sono troppo stanca, svogliata o solo troppo off, per trovare la forza e la voglia di farlo.
sono solo spenta, nulla più, come questa giornata.
ma a volte non è che non voglio, è che proprio non ce lo trovo un senso in giorni così.
sospesi, inutili, dispersi e frammentati, quelli che lasciano la sensazione di non aver fatto nulla, quelli che lasciano addosso un senso di frustrazione distante e fastidio attutito, quelli che mi rendo conto che non ricorderò per nulla. giorni grigi tutti uguali senza una sola scintilla di luce.
lo so che dovrei essere io a dargliela, quella scintilla di luce, solo che a volte sono troppo stanca, svogliata o solo troppo off, per trovare la forza e la voglia di farlo.
sono solo spenta, nulla più, come questa giornata.
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