quand'ero al liceo mi vergognavo di quell'unico bisnonno ancora vivo che aveva visto la guerra, troppo vecchio per farla, ma mai schierato. nè partigiano, nè fascista. un qualunquista. uno che pensava solo al suo interesse. quel nonno piccolo borghese, io lo rifiutavo. sognavo rivoluzioni e il terzo mondo, avevo il poster di Che Guevara in camera e mi infiammavo per le ingiustizie di paesi più o meno lontani. pensavo che se avessi avuto l'occasione di vivere in un posto o in un periodo in cui si lottava per la libertà e la giustizia, sarei stata in piazza, senza paura, perchè nulla è più giusto di combattere per degli ideali e dei valori così alti.
oggi vivo in un paese che lotta per quegli ideali. o almeno sembra. diciamo che chi è piazza è guidato dagli ideali, ma ho forte le sensazione che dietro ci siano eminenze grigie e poteri oscuri più forti che guidano come burattini questi ragazzi carne da macello.
oggi potrei scendere in piazza (potrei? non saprei se mi accetterebbero in realtà) e invece sto rintanata nel mio quartiere da expat aspettando che l'ondata passi, controllando i rischi che corro, declinando inviti a cena che prevedono spostamenti e rinunciando persino al voto perchè l'unico posto dove è possibile qui, è nel cuore della zona rossa.
e un po' mi vergogno. nonostante abbia molte spiegazioni sagge e razionali, so che sto tradendo la me stessa terzomondista del liceo, quella della piazza, quella antifascista e radicale. lei mi guarderebbe schifata e si chiederebbe chi è quella piccoloborghese che esce a cena in ristoranti da stranieri mentre in piazza i ragazzi lottano. e forse neppure si chiederebbe perchè lo fa. ma io me lo chiedo. e la risposta è ancora più triste. perchè c'è paura. e c'è indifferenza.
io che bruciavo del fuoco sacro degli ideali, ora mi accontento di sperare per loro che vincano. e di sperare per me che non mi tocchi scappare dal paese.
e non so come giustificarmi. ma sento un distacco per la loro lotta che mi spaventa. e le parole di quella canzone che cantavamo contro tutte le guerre ingiuste sono solo un'eco spenta nella mia memoria.
oggi vivo in un paese che lotta per quegli ideali. o almeno sembra. diciamo che chi è piazza è guidato dagli ideali, ma ho forte le sensazione che dietro ci siano eminenze grigie e poteri oscuri più forti che guidano come burattini questi ragazzi carne da macello.
oggi potrei scendere in piazza (potrei? non saprei se mi accetterebbero in realtà) e invece sto rintanata nel mio quartiere da expat aspettando che l'ondata passi, controllando i rischi che corro, declinando inviti a cena che prevedono spostamenti e rinunciando persino al voto perchè l'unico posto dove è possibile qui, è nel cuore della zona rossa.
e un po' mi vergogno. nonostante abbia molte spiegazioni sagge e razionali, so che sto tradendo la me stessa terzomondista del liceo, quella della piazza, quella antifascista e radicale. lei mi guarderebbe schifata e si chiederebbe chi è quella piccoloborghese che esce a cena in ristoranti da stranieri mentre in piazza i ragazzi lottano. e forse neppure si chiederebbe perchè lo fa. ma io me lo chiedo. e la risposta è ancora più triste. perchè c'è paura. e c'è indifferenza.
io che bruciavo del fuoco sacro degli ideali, ora mi accontento di sperare per loro che vincano. e di sperare per me che non mi tocchi scappare dal paese.
e non so come giustificarmi. ma sento un distacco per la loro lotta che mi spaventa. e le parole di quella canzone che cantavamo contro tutte le guerre ingiuste sono solo un'eco spenta nella mia memoria.
Sólo le pido a Dios
que el dolor no me sea indiferente,
que la reseca muerte no me encuentre
vacío y solo sin haber hecho lo suficiente.
Sólo le pido a Dios
que lo injusto no me sea indiferente,
que no me abofeteen la otra mejilla
después que una garra me arañó esta suerte.
Sólo le pido a Dios
que la guerra no me sea indiferente,
es un monstruo grande y pisa fuerte
toda la pobre inocencia de la gente.
Sólo le pido a Dios
que el engaño no me sea indiferente
si un traidor puede más que unos cuantos,
que esos cuantos no lo olviden fácilmente.
Sólo le pido a Dios
que el futuro no me sea indiferente,
desahuciado está el que tiene que marchar
a vivir una cultura diferente.
que el dolor no me sea indiferente,
que la reseca muerte no me encuentre
vacío y solo sin haber hecho lo suficiente.
Sólo le pido a Dios
que lo injusto no me sea indiferente,
que no me abofeteen la otra mejilla
después que una garra me arañó esta suerte.
Sólo le pido a Dios
que la guerra no me sea indiferente,
es un monstruo grande y pisa fuerte
toda la pobre inocencia de la gente.
Sólo le pido a Dios
que el engaño no me sea indiferente
si un traidor puede más que unos cuantos,
que esos cuantos no lo olviden fácilmente.
Sólo le pido a Dios
que el futuro no me sea indiferente,
desahuciado está el que tiene que marchar
a vivir una cultura diferente.