gamibu

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venerdì 10 ottobre 2014

umani e calzini

mi sono svegliata con l'immagine di certe giornate pigre condivise con amici che non ci sono piu', giornate che non torneranno mai. Ho lasciato che i ricordi mi guidassero in un mondo di nostalgia.
Ho lavorato tutto il giorno, sola, con l'unica compagnia di musica malinconica e un desiderio impellente di fare qualcosa per me, ma non l'ho fatto.
mi sono chiesta per l'ennesima volta nella mia vita, perche' non posso essere pulita come un calzino, perche' non posso avere sogni lineari e desideri realizzabili. mi sono chiesta se questo dipenda proprio dal fatto di non essere un calzino ma un umano. Mi sono commossa davanti a un film e a una canzone che mi ricordavano tutto e niente. Ho provato il desiderio struggente di qualcosa che non so definire. e questo mi ha fatto sentire ancora piu' umana.
vorrei saper creare anch'io una bellezza dolorosa e dolcissima, ma forse e' semplicemente il desiderio di ognuno di noi, quello di sentire che esistiamo davvero e non ci limitiamo a sopravvivere.
ho coccolato il mio gatto e l'ho invidiato perche' si accontenta semplicemente di vivere e non anela a nulla di piu'. poi l'ho coccolato ancora e mi e' dispiaciuto per lui perche' si limita a vivere.
ho lasciato che lacrime insensate rigassero il mio volto e mi sono permessa di essere fragile una volta tanto, senza nessun testimone, tranne un gatto che non parlera'- me l'ha promesso.
mi sono sentita ferita,senza aver idea di cosa mi ferisse: i ricordi, la musica, le mie stesse parole. Ho lasciato che tutte queste cose mi ferissero. perche' so che e' una ferita che si potra' curare. a suo modo e' anche una buona ferita. e se lascera' la cicatrice, non me ne dispiacero'. e' solo un altro dei modi con cui mi ricordero' di essere umana. con cui mi ricordero' che esisto e non mi limito a sopravvivere.

ah, ho anche desiderato essere a casa, e poi mi sono ricordata che ci sono, a casa. e allora non ho saputo piu' cosa desiderare. e ho smesso di piangere e sono tornata al lavoro. e ho curato la ferita. passera', dicono. io dico di no. ma non importa, davvero, non importa. e' bello essere umani a volte, quando non vorrei essere un calzino.

martedì 7 ottobre 2014

ferite e croste e felicita'

e insomma divento zia.
e sono felice. e scavo dentro di me cercando una punta di invida o frustrazione.
e se scavo bene bene la trovo, ovvio: il primo nipote, il piu' amato, sempre.
ma per il resto scavo scavo e non trovo altro.

e mi chiedo se sono onesta con me o scavo nei posti sbagliati per dimostrarmi che non sono invidiosa.
e poi mi chiedo se e' come quando da piccola le cedevo la bambola piu' bella, tipo un risarcimento, perche' mi sento sempre in difetto nei suoi confronti.

e poi mi chiedo se queste paranoie, questi pensieri contorti sono solo l'ennesimo tributo alla mentalita' perversa che imperversa nella mia famiglia.

non potrei essere solo felice? eppure, prima ancora che mia madre osasse ammetterlo, l'ho sentita nella voce di mia sorella, quell'incertezza di chi comunica una notizia e teme che possa ferire, possa grattare croste non ancora rimarginate. e mi chiedo, allora: dovrebbe esserci questa crosta? perche' io non la vedo, non la sento.

c'e' ed e' nascosta cosi' bene che non la trovo o semplicemente non c'e'?
e dovrebbe esserci? cioe' sono strana, non empatica, fredda, come credono loro o sono sana?

dovrei essere triste e frustrata? perche' sinceramente non lo sono.

e allora forse hanno ragione loro: io un figlio non lo voglio. o non lo voglio abbastanza o nel modo giusto, come mi accusano loro.

non so piu' dov'e' il vero e il falso.
a me sembra di star bene, di essere serena, di accettare quello che viene o non viene.
pero' loro riescono sempre a farmi sentire, non so', sbagliata. cose se non mi credessero davvero, come se fosse inconcepibile la mia serenita'. devono sempre mettere il tarlo, farmi dubitare di me, farmi sentire come una che mente a se stessa prima che agli altri.

e allora io mi trovo piena di domande sempre piu' involute. e mi chiedo se sto cercando di capirmi o solo mi sto immaginando piu' complicata di quello che sono.
perche', accidenti, qualche volta una mela e' solo una mela. e se anche scavando io trovo solo la mela, forse allora sono solo felice e basta.

pero' appena sotto la superficie c'e' una ferita,e chissa' se le farebbe felici saperlo, perche' la crosta non e' quella che si aspettano, non e' se sono felice o no per questo bambino, ma se saro' mai accettata nonostante sia serena e non involuta come loro. la ferita c'e', ma l'hanno appena riaperta per l'ennesima volta loro.